«Ora un tavolo ‘vasto’»

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A Montecitorio la mattinata inizia con Vendola e Di Pietro che intercettano Enrico Letta che camminando nel corridoio dove stanno assiepate le tv. L’incontro è un attimo. Ma i cellulari dei cronisti immortalano l’istante, al volo perché nel palazzo – vexata quaestio – non si possono scattare foto se non autorizzate dalle tribune. E così esce «la foto vasta», scherza Enrico Letta, affabile come sempre. Ma è buon viso a cattiva sorte: nel Pd Letta è il capofila degli ultra-montiani, contrarissimi alla famigerata «foto di Vasto», l’istantanea che nello scorso autunno sembrò siglare l’alleanza con Idv e Sel. Poi però è arrivato Monti e la maggioranza Abc. Letta, fan delle alleanze al centro ha sempre bocciato quella foto. A marzo, all’indomani delle primarie palermitane che avevano tributato la vittoria a Fabrizio Ferrandelli, aveva detto con soddisfazione: «I nostri elettori chiedono un accordo al centro. Tante volte si è detto che erano minoritari quelli che pensano che l’accordo di Vasto appartiene al passato, ma l’esito delle primarie dimostra che non è così». È andata com’è andata. L’esito del voto palermitano ha dimostrato l’esatto opposto: il Pd sconfitto ha eletto tre consiglieri all’opposizione di Orlando, il centro è asfaltatato. Non resta che ripartire dalla foto di Vasto. Anzi, dalla foto ‘vasta’ alla quale ieri mattina Letta si è rassegnato. Vendola si sente di aver vinto con il centrosinistra ma non di aver perso dove ha perso Bersani. Sel, spiega, ha incassato dieci sindaci. Non solo il genovese Doria, ma anche il reatino Petrangeli, e il bellunese Massaro, che ha strapazzato la candidata del Pd. A Comacchio i democratici hanno fatto l’alleanza con i centristi, e i vendoliani hanno appoggiato il candidato del Movimento 5 stelle: che è passato. Il presidente della Puglia non ha dubbi, la vittoria è del centrosinistra «ma ha tanti messaggini. Vince se si presenta con una risposta alla domanda di rinnovamento delle classi dirigenti e delle scelte politiche. Perde dove si presenta con i volti del vecchio sistema politico. C’è una gigantesca domanda di cambiamento. Purtroppo il centrosinistra è una alleanza regionale e fatica a rispondere a questa domanda». Crollato il centro, in picchiata le azioni del governo, nel Pd l’alleanza con Idv e Sel non ha quasi più avversari.Nel gruppo dirigente poi è stata firmata la pax bersaniana: un accordo di massima sulle liste elettorali. A legge invariata, visto che le riforme stanno per saltare anche ufficialmente: quelle istituzionali o sono incardinate entro fine mese o non hanno i tempi tecnici per essere approvate; su quella elettorale non c’è accordo sul doppio turno alla francese, al quale è tornato Bersani dopo mesi di lodi al proporzionale. L’unico ad opporsi all’alleanza di Vasto è Matteo Renzi, che si sgola a chiedere le primarie per il 2013. Ma intanto Renzi ha un problema da risolvere con l’ex tesoriere della Margherita Lusi, che lo ha tirato in ballo e che questo pomeriggio tornerà  ad essere ascoltato dalla giunta del senato. Quanto a Bersani, ha già  mandato a dire al ‘rottamatore’ che le primarie non stanno in cima ai suoi pensieri, dipenderà  da «quello che chiedono i nostri compagni di strada». E i compagno di strada Vendola in questo momento è più preoccupato di portare a casa l’alleanza con il Pd. E al compagno di strada Di Pietro le primarie non importano un gran ché. «Insieme a Vendola ho chiesto a Bersani cosa vuole fare e lui mi ha assicurato che subito dopo la direzione di martedì prossimo apriremo un tavolo di discussione per costruire un programma, nuove proposte e un percorso di governo». Quel tavolo che si era interrotto in autunno, quando l’era Monti sembrava che avrebbe cambiato tutto. Si torna invece al centrosinistra classico, l’unica certezza sopravvissuta dopo il voto. Il 29 Bersani deve trovare le parole per farlo approvare dai suoi. E poi ratificare dall’assemblea nazionale di giugno. Certo, la foto di Vasto «non basta», dicono i tre leader e serve una foto «vasta». Non quella con Letta, ma una con i listoni civici annunciati dagli ex girotondini del professor Ginsborg e dell’assessore napoletano Lucarelli (quelli di Alba). E soprattutto quelli del sindaco di Napoli De Magistris. Che però ha fiutato l’aria e già  chiede il dialogo con i grillini. Questione non da poco: l’argine al Movimento 5 stelle, al di là  delle parole diplomatiche di queste ore, è il nuovo cemento del centrosinistra. Capace di far archiviare anche i litigi sul governo Monti. Di cui però il Pd dovrà  fino all’ultimo votare i provvedimenti.


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