QUEGLI INTRIGHI DELLA CURIA

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La vita di una corte – nel Medioevo, nel Rinascimento o in età  moderna – fu sempre attraversata da intrighi e tradimenti di ogni genere, ed anche per un sovrano come il papa, assicurarsi la fedeltà  di un membro della sua corte corrispondeva a una necessità  inderogabile. Non a caso, già  nel Medioevo, per essere ammessi nella “famiglia” del papa – così veniva definito il gruppo di persone al servizio diretto del pontefice – si doveva pronunciare un giuramento di fedeltà . 
Guai a chi si rendeva colpevole di tradimento, soprattutto se al vertice della gerarchia. Ce lo ricordano le vicende di Camillo Astalli, che fu creato cardinale da Innocenzo X nel 1650. Un fratello dell’Astalli aveva sposato una nipote dell’onnipotente cognata di papa Pamphili, donna Olimpia. Camillo era quindi stato autorizzato a usare il nome e lo stemma della famiglia Pamphili. Quando però, nel 1654,proprio donna Olimpia escogitò il disegno di inviare un esercito contro il Regno di Napoli, l’Astalli, molto vicino agli Spagnoli, ne informò Filippo IV che fu così in grado di sventare il pericolo. Scoperto il tradimento, l’Astalli, pur portando allora il titolo di “Cardinale nipote”, fu espulso dalla corte e perse ogni sua carica e rendita. Alla morte di Innocenzo X, si vendicò presentandosi ai suoi funerali senza vestirsi da lutto come avrebbe dovuto…
Inimicizie e infedeltà  attraversano l’intero pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303), il più conflittuale di tutto il Medioevo. Le accuse rivoltegli dal re di Francia Filippo il Bello – di non credere all’eucarestia, alla verginità  di Maria o alla risurrezione dei corpi – non furono certo raccolte senza la complicità  di uomini di curia oltre che dagli ambienti vicini ai cardinali Colonna, acerrimi nemici del papa. Guglielmo di Plaisians, legista del re, autore di uno dei principali documenti accusatori, disse di essersi convinto dell’eresia di Bonifacio VIII «da ciò che vide e da ciò che sentì da persone degne di fede» durante un suo viaggio a Roma. Persino un cardinale, il francese Giovanni Lemoine, avrebbe asserito «sotto giuramento al re di Francia che Bonifacio era eretico e che questa era la pura verità ». Cardinali italiani – il senese Riccardo Petroni e il romano Napoleone Orsini – complottarono con gli abitanti di Anagni per permettere a Sciarra Colonna e a Guglielmo di Nogaret di penetrare ad Anagni per catturare il papa e condurlo a Parigi e lì farlo deporre da un concilio. Dodici persone bandite per la loro partecipazione all’attentato di Anagni (7 settembre 1303) avevano avuto legami stretti con Bonifacio VIII, come donzelli o domestici. Tanti erano i veleni che si erano accumulati durante il suo pontificato.
Conoscere i propri collaboratori fu da sempre una delle principali doti di un sovrano. Ed è proprio alla corte papale che si diffuse (nel Trecento) una nuova scienza, la fisiognomica, che doveva aiutare il sovrano a conoscere le qualità  delle persone e potersene fidare. Anche il “segreto dei segreti” – un testo che si credeva fosse stato scritto da Aristotele per Alessandro Magno – circolò dapprima nella corte dei papi oltre che in quella di Federico II (m. 1250). Vi si consigliava al sovrano di farsi curare non da un solo medico. Ed è vero che i papi avranno al loro servizio non un solo archiatra ma due. Lo stesso nepotismo, oggetto di critiche fin dall’inizio – Dante colloca il “cupido” papa Niccolò III Orsini nell’Inferno per aver fatto «avanzar li orsatti» (XIX, 71) – deve la sua espansione anche perché ritenuto strumento valido a garantire al papa sicure reti personali di fedeltà .


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