Minetti e il caso dimissioni Faccia a faccia con il Cavaliere

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MILANO — La cena delle trattative è iniziata intorno alle 21. Da un parte del tavolo di villa San Martino Silvio Berlusconi, dall’altra Nicole Minetti. Il primo faccia a faccia dopo tanto tempo, ma a sole 48 ore dal diktat, poi disatteso, impartito da Angelino Alfano. «Lascerà  lunedì», aveva sentenziato il segretario. E invece la tanto attesa lettera di dimissioni non è arrivata all’ufficio di presidenza della Regione neppure ieri. Perché a lasciare la sua poltrona del Pirellone l’ex igienista dentale non ci pensa proprio. Non senza contropartite, almeno.
Prova ulteriore è stata l’«apparizione», ieri mattina, in Consiglio regionale. In pochi scommettevano sulla presenza di Nicole in aula. È stato invece un cameo da consumata star. Fresca di vacanza a Porto Cervo, abbronzata, capelli sciolti, maglia bianca su completo scuro. Tacchi altissimi. Giusto il tempo di scatenare la bagarre di cameramen e fotografi e di spiegare che però «per il bene di tutti» non avrebbe risposto «a domande né a provocazioni». Un paio d’ore è durata la comparsata al Pirellone di Nicole. Poi ha salutato tutti e se n’è andata. Senza nemmeno prendere parte al voto sugli ordini del giorno. Si parlava di Expo, per la cronaca.
Nel pomeriggio, prima di prendere la strada per la Brianza, Nicole è stata invece avvistata dalle parti di Corso Como, presa a litigare con un fotografo un po’ troppo invadente. La consigliera regionale ha dovuto chiamare la polizia e il paparazzo ora potrebbe pure beccarsi una denuncia.
Ma la svolta s’è avuta in serata, Nicole e Silvio che tornano a parlarsi. Senza filtri, senza mediatori. Segno evidente che la trattativa per le dimissioni è ormai molto più d’una trattativa.
«Manca solo la firma», azzardava già  ieri sera qualcuno nel Pdl, richiamando un gergo da calciomercato. E il senso della negoziazione lo restituisce un’altra voce presa a circolare con insistenza a tarda sera, a cena ancora in corso: per accettare la richiesta di dimissioni che il Cavaliere le avrebbe nuovamente formulato Nicole Minetti starebbe alzando la posta sempre di più.
E pensare che solo poche ore prima, nel pomeriggio del Pirellone, vista anche l’ostinata intenzione a non desistere della ragazza, qualcuno aveva cominciato a disegnare scenari alternativi. Il più accreditato era quello di una dimissione dell’ex valletta di Colorado Café se non dal Pirellone almeno dal gruppo regionale del Pdl. Una soluzione intermedia, del tutto analoga a quella scelta da Filippo Penati un anno fa. Rimanere in Consiglio, e insieme togliere da ogni imbarazzo il partito. Un piano B che gli stessi luogotenenti del Pdl si erano però subito preoccupati di smentire. A cominciare dal coordinatore regionale, Mario Mantovani: «Non è un’ipotesi in campo. Aveva manifestato lei l’intenzione di lasciare, poi c’è stato qualche ripensamento. Ma non c’è urgenza».
La permanenza della Minetti al Pirellone, però, rischia di farsi ingombrante un po’ per tutti. Il presidente dell’aula, il leghista Fabrizio Cecchetti, ieri lo ha confessato ai cronisti più o meno apertamente: «La sua presenza in aula, non per colpa sua, rischia purtroppo di offuscare il lavoro di tutti».
Angelino Alfano, infine. Ospite di «Quinta Colonna» su Canale 5, il segretario del Pdl ieri è tornato sulla vicenda delle (mancate) dimissioni, nell’evidente tentativo di ridimensionarne la portata. «Ho detto la mia, e per quel monosillabo si è scatenato un putiferio. Il resto attiene alla sua libertà  personale e ai suoi diritti costituzionali».


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