Conturbanti zombi in arrivo dal mare tra miti antichi ed echi di dolente attualità 

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C’è anche una (quasi) manzoniana madre di Cecilia in versione zombie nel primo romanzo di Giacomo Papi, I primi tornarono a nuoto, uscito per Einaudi Stile Libero (pp. 213, euro 17), con cui l’ex direttore editoriale di Isbn, e consulente editoriale per la stessa Stile Libero, esordisce nella narrativa dopo le «altre scritture» – per prendere in prestito la definizione delle classifiche di qualità  di Pordenonelegge – di È facile ricominciare a fumare (Stile Libero 2010). I primi tornarono a nuoto percorre, in una ambientazione apparentemente quotidiana, le rotte (nel complesso poco battute dalla narrativa italiana contemporanea) del romanzo fantastico – o, per dirla con l’autore in un’intervista del luglio 2010 ad Antonio Prudenzano su «Affari Italiani» – «post-ballardiano», disseminato qui e lì di citazioni colte («Il vento si era alzato, bisognava tentare di vivere», quasi in chiusura, dal Cimitero marino di Paul Valéry). Ma prima che implacabili e cinematografici zombie, i revenants di Papi, che tornano in vita alla stessa età  a cui sono morti, in una mescolanza di vecchi e di giovani, di centenari e di infanti, sono, almeno all’inizio, apparentemente innocui «rinati», sorta di neonati giganteschi che riappaiono, vitalissimi, affamati e per qualche giorno sdentati, nei luoghi che li hanno visti vivi e non necessariamente felici. Sono uguali in tutto e per tutto ai vivi, se non fosse perché non possono riprodursi e non hanno nessun interesse a farlo: l’istinto materno e paterno è annullato negli oltremorti, lasciando unico e libero corso a una volontà  di sopravvivenza (e di potenza) che non tarderà  a rivelarsi spietata, nel nome terribile di un’umanità  «a numero chiuso».
L’eterno topos del «ritorno dei morti» (e di come eventualmente impedirlo) materia di riflessione e di terrore sin dall’alba dell’umanità , sin dai primi culti dei cacciatori-raccoglitori iperdettagliatamente descritti da Joseph Campbell nel monumentale The Way of the Animal Powers – Historic Atlas of World Mythology (1983-1989) trova così una nuova incarnazione nella prospettiva sghemba e per così dire local che il romanzo adotta, «dal basso», seguendo, nell’assenza e nell’incapacità  di tutte le istituzioni, nazionali e sovranazionali, a misurarsi con quella che si rivela presto una sconvolgente minaccia, il progressivo instaurarsi del caos nella vita quotidiana dei protagonisti: il giovane e ambizioso, ma ippocraticamente umano, medico Adriano Karajanni – che ha scoperto il primo rinato, il superstite della Grande Guerra Serafino Currò – e la sua compagna incinta, Maria. Ed è su una misura di provvisoria salvezza per questa coppia precipitata in uno stato incertamente neoadamitico che il romanzo si chiude, o meglio si sospende, come non possono chiudersi né sospendersi la cronaca e la storia.
Infatti, le inquietanti ondate di malthusiana potenza con cui i migranti invadono presto, e fisicamente, ogni angolo del mondo dei vivi non tardano a svelare come I primi tornarono a nuoto attinga, oltre che ai terrori ancestrali che popolano da sempre le notti dell’umanità , all’attualità  più contemporanea e diurna. I morti rinati di Papi sono in qualche modo migranti, sono il rovesciamento dei migranti di oggi in filigrana, in negativo fotografico: «Fiorivano storie e leggende ridicole. L’ultima era un vecchietto nudo che si era presentato alle guardie svizzere in piazza San Pietro, sostenendo di essere papa Sisto V. Ma l’orrore era il mare. I pescatori segnalavano avvistamento di carcasse galleggianti. Uomini, donne, bambini piccoli. Nessuno avrebbe saputo dire con certezza chi erano. Se fossero naufraghi o rinati. Un peschereccio aveva salvato un ragazzino aggrappato a una rete per tonni. Non ricordava nulla. Si era ritrovato nell’acqua gelida e buia, aveva visto la luna e si era messo a nuotare. Il mare restituiva gli affogati che tornavano a galla, risputati dall’acqua nell’aria e obbligati a lottare fino a che avevano forze per non morire di nuovo». 
Esodi di vivi e di morti presenti, in sotterranea lotta senza quartiere, anche se (inatteso?) il controesodo potrebbe prenderci tutti di sorpresa, come ha scritto lo stesso Papi nella sua rubrica «Cose che non vanno più di moda» su «D di Repubblica»: «Niente sta fermo. Ai soldi piace passare di mano. E quando i soldi si spostano, le persone li seguono. La forza di gravità  si sospende e la terra sembra scorrere sotto i piedi degli uomini. Il paesaggio sta cambiando di nuovo. In silenzio. Ma inesorabilmente. Non solo in Italia. In tutta Europa. È iniziato il controesodo…. Per Jeffrey Williamson, storico dell’immigrazione di Harvard, entro il 2050 il flusso verso Stati Uniti e Occidente si sarà  interrotto del tutto. In Italia la tendenza è la stessa. Nel 2010, i nuovi immigrati sono stati 70mila contro i 500mila registrati l’anno precedente». 
Siamo diventati un paese dove emigrano solo i morti, questo vorrà  dire, con i mezzi della narrativa, Giacomo Papi?


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