Non c’è più tempo per la psicoanalisi

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PARCELLE «Anche chi è motivato spesso non riesce più a pagare le sedute» ANTIDEPRESSIVI Ogni anno + 5,4% nel 2011 ci sono costati 493,3 milioni di euro 20 per cento In tre anni gli psicanalisti italiani hanno perso un quinto delle ore dedicate ai pazienti MILANO Un tempo, questo era il periodo preferito dagli psicologi. Quello del brusco ritorno alla realtà , dopo le vacanze estive. I giorni in cui vengono a galla desideri insoddisfatti e ansie da prestazione. Il periodo in cui alcuni passavano dal lettino in spiaggia a quello nello studio dell’analista. Ma la crisi, che ha ridisegnato tempi e forme delle vacanze degli italiani, oggi inizia a farsi sentire anche tra i seguaci di Freud e Jung. Il calo delle ore di psicoanalisi (non esistono statistiche ufficiali, ma tutti confermano) è intorno al 20 per cento. Una seduta su cinque è stata cancellata dalle agende degli specialisti italiani. «Non è una stima esagerata – conferma Stefano Bolognini, presidente della Spi, la Società  Psicoanalitica Italiana – c’è una fascia di persone, anche motivate ad andare a fondo dei loro problemi, che ora faticano a fare le tre o quattro sedute settimanali tipiche dell’analisi tradizionale. Sempre più spesso lo psicologo deve concordare l’onorario e rivedere la terapia per venire incontro alle esigenze del paziente». È la spending review applicata allo spirito. L’ennesimo taglio dato ai consumi meno strettamente necessari. «C’è chi sta provando approcci più mirati – spiega ancora Bolognini – ma la verità  è che si fa quel che si può: si cerca di sopperire al meglio alla diminuzione del tempo a disposizione. E si prova anche a porre un freno all’uso indiscriminato di farmaci per controllare l’umore». Eccolo, l’altro grande nemico degli psicologi d’Italia: la pillola che risolve tutto, almeno in apparenza. L’antidepressivo prescritto da sempre più medici di famiglia. I numeri, da soli, spiegano le dimensioni del fenomeno: nel 2011 gli italiani hanno speso in antidepressivi la bellezza di 493,3 milioni. Dal 2003 a oggi, in media le prescrizioni sono aumentate del 5,4% l’anno. «A volte c’è anche un problema di terminologia dice ancora Bolognini – tendiamo a chiamare depressione anche la comune tristezza, la malinconia che è anche giusto provare in alcune fasi della vita. Ad esempio, è sbagliatissimo ricorrere agli antidepressivi nei casi di lutti, per provare a “curare” una perdita che va elaborata e che solo così si può superare». Ecco che allora che in diverse città  si sta diffondendo lo «Psicologo in farmacia», un servizio gratuito che vede professionisti e enti locali collaborare in una sorta di pronto soccorso per l’animo. Di solito, è previsto un appuntamento settimanale e un massimo di tre sedute per ogni paziente. A Milano s’iniziò nel 2009, ma il servizio s’è poi esteso anche a Roma: a Torino un’iniziativa analoga dovrebbe partire in autunno, con 86 farmacie e 250 psicologi che hanno già  dato la disponibilità  a partecipare. Spiega Roberta Fuga, che coordina il progetto romano: «In tre sedute non è difficile capire se un problema è un malessere normale o se siamo di fronte a un quadro di tipo psichiatrico da affidare a uno specialista. Non è una vera analisi, ma un percorso come questo permette comunque un primo approccio al problema». E così, secondo qualcuno, la crisi applicata ai lettini non è solo un male. «Può essere l’occasione per un ritorno alle origini sostiene Giuseppe Pellizzari, che dirige il Centro Milanese di Psicoanalisi – non dimentichiamo Freud diede origine alla nostra scienza nella Berlino degli Anni 20, in un momento e in un contesto di grandi difficoltà . L’obiettivo era quello: andare incontro ai bisogni della gente. Si può fare anche oggi. A Milano abbiamo diversi consultori gratuiti o a prezzi ridotti, ai quali si può rivolgere chiunque».


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