Da Andreotti al federale di Anagni è il ritorno del “Ciociaria pride”

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E COMUNQUE, anche se non è esattamente una consolazione, è un grande, grandissimo ritorno della Ciociaria. Tipi formidabili, volti da commedia arcaica, corporature grandiose, soprannomi di feroce inventiva, inconfondibile aroma di potere ruspante e sanguigno.

Si pacifichino con loro stesse e con la storia due generazioni almeno di politici e giornalisti: da Franco Evangelisti, antico re di Alatri, a Francone Fiorito, signore di Anagni. E con il soccorso di una mezza omonimia, idealmente riecheggia tra il basso Aniene e la Valle del Sacco, i Monti Lepini e le ciclopiche mura di Ferentino, il grido antico e rinforzato dell’eterna vicenda arraffona: «A’ Fra che ve serve ».
Ciociaria pride, anche 2.0. Ieri purtroppo è stato fatto sparire da You-Tube (ma per fortuna c’è ancora sul sito del Fatto) un prezioso, fantastico video nel quale l’enorme Fiorito e un suo compare, in un ristorante di Cassino, dopo una robusta e accaldata cena elettorale intonano l’inno dei briganti, ma sul serio: «Omo se nasce e brigante se diventa».
Non si sarebbe scandalizzato, il pallido Evangelisti, con i suoi baffetti da barbiere d’altro secolo. E forse nemmeno avrebbero fatto troppe storie i fidi Fanelli e Cianfrocca che preparavano le visite e si appiccicavano ad Andreotti come a un francobollo, lieti di potere arare per conto suo quel rigoglioso campo di voti fatti crescere uno a uno. Qui il Divo Giulio negli anni cinquanta si poteva consentire il lusso di concludere i comizi tirando pagnottelle sulla folla, e incalzato dai comunisti che avevano organizzato un tour del coro dell’Armata rossa, quella volta li sbaragliò presentandosi sul palco con Silvana Pampanini, per l’occasione accompagnata da uno stuolo di «avvenenti ballerine».
Della fervida e astuta gens ciociara, d’altra parte, Andreotti era un oriundo, suo nonno Francesco essendo nato a Segni, dove faceva il cappellaio. Ad Anagni, si è raccontato in una favola, arrivava bambino a cavallo, trovando ospitalità  nel locale convento dei gesuiti. A Fiuggi, dove alla fine degli anni 80 Peppino Ciarrapico gli organizzava un ricco premio – «il Super Nobel di Ciociaria », appunto, che Pietro Ingrao, altro illustre ciociaro, rifiutò – ecco a Fiuggi Andreotti disponeva anche di un devoto collaboratore che gli organizzava la messa in ore antelucane. E qualche chilometro più in là , allo stabilimento dei materassi Permaflex, conobbe un certo Licio Gelli.
Certo Francone-Batman incarna una vertiginosa trasformazione, e non solo sul piano somatico. Lontano da ogni prudenza e vistoso fino all’eccesso, dai suoi seguaci sembra fosse ben accetta una specie di uniformità , un’immedesimazione che ne faceva degli imitatori arronzati e non di rado molesti, dei cloni paesani che tuttavia il
genius loci aveva immediatamente ribattezzato «li pecuri Dolly».
L’arguzia è rimasta, e anche l’energia primordiale di questa terra che prende il nome da calzature antichissime, addirittura pre-romane. «O guardo i crepuscoli, la mattina/ su Roma, nella Ciociaria, sul mondo» cantava Pier Paolo Pasolini. Patria di Nino Manfredi («Fusse che fusse la vorta bona », di De Sica e un po’ anche della Lollobrigida, oltre che di «Pane amore e fantasia». Terra un tempo di cardinali, balie, pugili, magnifici timballi e straordinarie salsicce. Il modernizzante Fiorito si vanta di avervi introdotto le ostriche: «In Ciociaria, prima di me, conoscevano solo il tonno in scatola».
Ancorché megalomaniaca, la battuta rimbalza a Veroli, Sgurgola, Castro dei Vosci, Amaseno, Ceprano e Isola Liri suscitando indecifrabili, ma sintomatiche continuità  con quel potere che forse non c’è più, o che forse invece vive sotto altre forme. E viene in mente che ad agosto, con destrezza quasi truffaldina, la regione ha concesso un finanziamento di non troppo precisabile entità  (le stime vanno da 120 a 180 mila euro) per completare un sacrario da dedicarsi al «Soldato», che poi si è scoperto essere il maresciallo Graziani, crudele sebbene leonino sterminatore di africani, nonché ministro della Difesa di Salò, «valoroso ciociaro» di Affile. Lo stesso che nel 1953 Andreotti volle omaggiare – anche se non ci fu alcun abbraccio – dopo un comizio ad Arcinazzo.
Gente sveglia e laboriosa come l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, che mai si è dimenticato del suo paesello, Alvito. Sia l’ex presidente della giunta laziale Storace che l’attuale presidente del Consiglio Abbruzzese, l’uomo che la scorsa settimana ha rivendicato il beneficio di 18 (diconsi diciotto) assistenti, provengono da Cassino. Poco più a nord c’è il grazioso paesino di Roccasecca dove fu girato l’episodio de «Gli onorevoli» in cui Totò, con un cappello da bersagliere
in testa e un antico megafono in mano, anticipa il più demenziale e preveggente modello di propaganda: «VotAntonio! VotAntonio!».
Andreotti portava qui strade, fabbriche e caserme. Una volta, per dire che non gli credeva, Craxi disse: «Questo la vada a dire ai pecorai della Ciociaria», e immediatamente Evangelisti fece intervenire l’associazione degli allevatori della provincia di Frosinone. Il senatore missino Misserville, che contro Scalfaro aveva battezzato «Oscar» il suo cane, allestiva in loco recite per vip in costume su Bonifacio VIII.
Ma per tornare all’oggi, e un po’ anche ai disastri di cui sono prodighe le cronache, va detto che un ciociaro di assoluto rilievo è l’avvocato Taormina. Il quale difende Fiorito, con gli effetti devastanti su quello che il suo assistito, indicando ai Pm due scatoloni ripieni di spaventose fatture, ha designato: «Il Sistema».
Reduce da alcune disavventure di salute e convinto di essere stato guarito da Giovanni Paolo II, ma per questo ancora più rimpipirinzito, specialmente contro il decreto «tagliacomuni », Taormina si è nominato principe reggente di Filettino e come tale, sul filo della spada, ha proceduto alla nomina di un governo indipendente alla cui presidenza è stato chiamato il regista ed ex senatore Pasquale Squitieri. L’iper-ciociaro esecutivo ha anche coniato una nuova moneta, anzi una banconota dandogli il nome – guarda tu gli scherzi della cronaca nera – di «Fiorito». Lì per lì era parsa una spiritosaggine, oggi fa anche un po’ pensare.


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