Ragazza kamikaze al volante in burqa fa strage di stranieri
«Shohna ba shohna», il motto in lingua pashtu che campeggia all’entrata della base Isaf nel cuore di Kabul, è da cambiare. «Spalla a spalla», soldati afghani e stranieri insieme, suona ormai ironico e scaduto. Separati e diffidenti: ieri i comandi Nato hanno ufficializzato la «riduzione» (di fatto il blocco) delle operazioni militari congiunte, che sono la ragion d’essere della declinante missione internazionale in Afghanistan. Una misura «temporanea» assicurano i generali, in attesa che si plachino i furori scatenati dal film anti-Islam. Se non spiega i 15 soldati Isaf uccisi ad agosto da afghani in uniforme (51 dall’inizio dell’anno), il film è servito a giustificare l’attentato suicida che ieri mattina ha provocato almeno 14 vittime a Kabul.
Un’autobomba guidata da kamikaze è esplosa contro un pullmino sulla strada per l’aeroporto. A bordo c’erano cittadini sudafricani, dipendenti di una compagnia privata che fornisce servizi a Usaid (l’agenzia americana per lo sviluppo) e ad altre organizzazioni internazionali. Lo scoppio ha scagliato il minibus a oltre 50 metri di distanza, nei pressi di un distributore di carburante, in una zona dove sorgono quattro grandi ristoranti specializzati in matrimoni. Otto sudafricani, piloti e personale di bordo che lavoravano per una compagnia aerea charter, sono rimasti uccisi (tra loro una donna), insieme a un filippino e ad alcuni passanti afghani. L’attacco è stato rivendicato da Hezb-i-Islami, gruppo rivale dei talebani la cui ala più moderata ha esponenti che siedono addirittura nel governo. «E’ una risposta al film che insulta il profeta Maometto e l’Islam» ha detto il portavoce Zubir Siddiqi, precisando che al volante dell’autobomba c’era una ragazza diciottenne di Kabul di nome Fatima. L’attacco porta a 28 il totale delle persone uccise in sei Paesi nel corso delle proteste causate dal video «L’innocenza dei musulmani».
In Afghanistan la guerra non ha bisogno di video californiani e motivazioni esterne per divampare. Sempre ieri nella provincia orientale di Kunar i talebani hanno rivendicato un attentato suicida in cui «un vecchio mujahid» ha provocato il ferimento di tre soldati americani, mentre a Herat (nel settore occidentale dove opera il contingente italiano) quattro soldati afghani sono rimasti uccisi da un ordigno rudimentale sulla strada. La decisione di ridurre (di fatto fermare) fino a nuovo ordine le operazioni militari congiunte (Isaf/forze di sicurezza afghane) costituisce un passo (una rottura) comunque importante (allarmante) ancorché «temporanea». La strategia Nato ruota tutta intorno alle parole d’ordine «addestramento» e «affiancamento». L’estate appena finita è stata l’ultima stagione di guerra «vera» per le truppe Isaf rimaste sul terreno (circa 100mila soldati) secondo l’agenda del ritiro (più o meno) graduale anticipata dalla Casa Bianca e ufficializzata dai comandi Nato a Bruxelles. Già l’anno prossimo il motto ufficiale non sarà più «spalla a spalla» ma «andate avanti voi», in vista della smobilitazione del 2014. Quello che è successo ieri mattina sulla strada per l’aeroporto di Kabul alimenterà piani di «fuga» anticipata presso ong e gruppi privati. Di «azione codarda» parla il presidente Hamid Karzai. La polizia non ha confermato che alla guida della Toyota Corolla esplosa contro il minibus ci fosse una ragazza kamikaze. Sarebbe la prima volta, in un Paese di 15 milioni di abitanti dove le donne al volante sono una rarità . Nel 2011 a Kabul le nuove patenti femminili hanno toccato la cifra record di 312. Ma Shakila Naderi, 45 anni, unica insegnante di scuola guida, ammette che persino le sue figlie non guidano: i mariti non vogliono.
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