Il gioco delle coppie

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“Non vi è nulla di meno naturale della famiglia” scrive Chiara Saraceno in questo interessante ultimo suo libro sulla non-naturalità  delle coppie e delle famiglie (Coppie e famiglie che esce per Feltrinelli). Nonostante l’articolo 29 della nostra Costituzione, il quale afferma che “la famiglia è una società  naturale fondata sul matrimonio”, salvo poi complicare le cose nell’articolo 30, che equipara i diritti dei figli “naturali” a quelli dei figli “legittimi”, suggerendo non soltanto che gli obblighi genitoriali esistono a prescindere dal fatto di essere sposati, ma anche che si può essere sposati con una persona e allo stesso tempo avere obblighi verso figli nati da un rapporto con un’altra con cui non si è mai stati coniugati. «In questi casi, è la presenza di figli, non il matrimonio, che origina una famiglia, per quanto “solo naturale”».
La cultura e i diritti liberali hanno contribuito a rendere il matrimonio un abito sempre più stretto, adattandolo al mutamento della famiglia. Nel Seicento, John Locke aveva proposto di considerare la famiglia come un’associazione funzionale al bisogno di cura e di educazione dei nuovi nati, destinata a esaurire il suo scopo con l’avvenuta maturità  dei figli. Quando il bisogno si è estinto, suggeriva il padre della filosofia liberale, allora si può pensare alla coppia come a un’associazione davvero volontaria. Così, aggiungiamo noi oggi, la coppia segue la scelta degli individui, tanto nella struttura quanto nella sua composizione. Se la legge interviene lo dovrà  fare in modo tale da non contrapporsi alla volontà , alla libertà  di scelta, e alla reciprocità , principi che i diritti difendono e affermano. Da questa premessa nascono i problemi con le tradizioni e le religioni che tormentano le nostre società .
Chiara Saraceno mette a nudo questi problemi andando alla radice delle relazioni famigliari, mettendosi cioè dal punto di vista dei bambini (oggetto di bisogno) e da quello della coppia (oggetto di scelta). In entrambi i casi le soluzioni seguono strade che portano fuori dell’alveo della tradizione e di una normativa troppo rigida. La cultura liberale ha agevolato lo slittamento di accento dalla famiglia alla coppia, rendendo la scelta di convivenza il perno delle relazioni famigliari che per questo cambiano seguendo il percorso delle esigenze e delle scelte delle persone, che si uniscono (a chi vogliono loro) e si separano (quando vogliono loro) con relativa facilità . Non soltanto per l’introduzione della legislazione sul divorzio ma anche perché una volta messo l’accento sulla volontarietà  della scelta, la dissociazione tra coppia e forma eterosessuale di convivenza è già  nelle cose.
L’evoluzione è stata favorita dalle nuove generazioni che propendono sempre più spesso per soluzioni meno formalizzate del matrimonio, forme di convivenza magari riconosciute dalla legge ma più leggere e anche più permeabili al mutamento (soprattutto meno onerose per chi vuole sciogliere il vincolo). Questa leggerezza giuridica che le coppie eterosessuali ricercano apre la strada al riconoscimento delle coppie omosessuali e lesbiche. Infine porta a compimento la dissociazione tra famiglia e matrimonio e poi anche tra famiglia e coppia eterosessuale.
Del resto se è vero che la base della famiglia è la cura e l’educazione, questo bisogno può essere soddisfatto altrettanto bene anche da chi non è genitore biologico. Famiglie cosiddette allargate, esito di più matrimoni, di forme diverse di coppia, di adozioni e di affidi, ma anche di vie artificiali al concepimento (in alcuni paesi, come gli Stati Uniti, è accettato il contratto di maternità  surrogata) sono un esempio molto eloquente della labilità  dell’argomento della natura, anche qualora ci si concentri sul più naturale dei rapporti, quello tra madre e figli.
Le resistenze delle culture e dei codici giuridici, già  vanificate di fronte alla richiesta di divorzio e di riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, probabilmente verranno sconfitte anche in questo caso (come sta già  avvenendo negli Stati Uniti e in Canada). Sembra che il modello di famiglia al quale ci siamo per alcune generazioni riferiti sia giunto al capolinea. Anche perché ai problemi classici su che cosa sia natura e cultura, le società  moderne aggiungono altre complessità , legate non soltanto all’evoluzione delle tecnologie riproduttive ma anche alla celerità  e intensità  degli spostamenti. Le migrazioni facilitano contaminazioni di culture, di abitudini e di valori.
E’ questa ampia gamma di trasformazioni e discontinuità  della visione e della pratica della coppia, come famiglia e come legame giuridico, che Saraceno fotografa con efficacia lasciando il lettore nell’impressione che a forza di dissociare e complicare, ciò che resta è la persona singola con le sue preferenze e la sua libertà  di scelta, e (ciò che si tende a sottostimare), con la sua responsabilità  sempre più grande, una responsabilità  che cresce in misura proporzionale al declino delle famiglie tradizionali e, insieme ad esse, dello stato sociale. Responsabilità  nella solitudine che il peso della libertà  genera: una riflessione che fa crescere un certo sconforto. Proprio perché il welfare si fa più leggero e la famiglia si allarga, sarebbe opportuno conclude giustamente Saraceno che si estenda il raggio di riconoscimento dei rapporti di coppia e famigliari, che si riveda criticamente l’insieme dei diritti e dei doveri che si attribuiscono alla famiglia e alla coppia coniugata. Affinché la libertà  non sia un peso troppo oneroso.


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