Il Nobel divide l’Unione europea è duello su chi ritirerà  il premio

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LA PROPOSTA più originale è arrivata da Cecilia Malmstrom. «Perché non inviare a Oslo 27 bambini?» ha scritto su Twitter il Commissario agli Affari interni, immaginando un coro infantile a rappresentare i 27 paesi membri. Sembra una battuta e invece già  pochi minuti dopo l’assegnazione del Nobel per la Pace è iniziata una battaglia sotterranea per capire quale debba essere il volto simbolico a rappresentare l’Ue.
Chi ha vinto, o meglio chi sarà  il laureato che parteciperà  ufficialmente alla cerimonia di consegna prevista in Norvegia il 10 dicembre. Secondo il trattato di Lisbona sono il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e l’Alto rappresentante per la politica estera, attualmente Catherine Ashton, a rappresentare l’Unione. Ma sembra difficile escludere José Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue, così come Martin Schulz, presidente dell’europarlamento, unica istituzione che gode della legittimità  democratica, ovvero del voto dei cittadini. Allargando ancora, si potrebbe aggiungere anche il leader cipriota Demetris Cristofias, presidente di turno dell’Ue, con il paradosso di portare sul podio l’unico paese d’Europa ancora diviso in due da muri e filo spinato. In rete, ci sono altre candidature: qualcuno propone di chiamare alcuni leader del passato, come Jacques Delors o Helmut Kohl, altri pensano persino agli ultimi dirigenti ancora in vita tra coloro che parteciparono alla firma del Trattato di Roma nel 1957. Da Oslo si limitano a precisare che la cerimonia non prevede più di due persone per ritirare il premio, una pergamena e l’assegno di oltre 900mila euro. Di sicuro, il Nobel dimostra ancora una volta quanto sia complessa la governance europea. Nessuna decisione è stata ancora presa a Bruxelles, tanto che forse saranno chiamati gli stessi leader dei 27 a dire la loro al vertice Ue di giovedì e venerdì. Ma non è l’unica polemica di queste ore dopo l’inaspettato premio a un’Europa in crisi di popolarità . Anche in Norvegia ci sono critiche. Il presidente del comitato, Thobjorn Jagland, è accusato di conflitto di interessi: è anche segretario generale del Consiglio d’Europa. Alcuni quotidiani sottolineano che la scelta è stata possibile solo grazie all’assenza di uno dei cinque membri del comitato, Agot Valle. L’ex deputata del partito socialista, già  vice-presidente dell’associazione “No all’Europa”, è gravemente malata. Secondo i sondaggi, la maggioranza dei norvegesi, che per ben due volte hanno votato contro l’ingresso in Europa, disapprova la scelta del Nobel.
C’è chi ha scelto di tacere, come David Cameron. Il premier britannico ha preferito non fare dichiarazioni sul Nobel per la Pace assegnato all’Ue. Un ostentato e prevedibile silenzio, mentre ieri si sono congratulati il premier spagnolo Mariano Rajoy («Un sostegno a una maggiore integrazione »), e il presidente della Bce Mario Draghi («L’Europa è più di ogni altra cosa un progetto di pace »). «Premio Nobel per l’idiozia» ha titolato il Daily Mail.
Sul tabloid, una foto di manifestanti vestiti da nazi in Grecia durante la visita di Angela Merkel. Un’altra immagine di scontri in piazza ad Atene è apparsa sull’Independent per contraddire la citazione del comitato norvegese a proposito dell’Ue: «Un progetto unico che ha sostituito la guerra con la pace». L’unica eccezione nella stampa britannica è il Financial Times che sottolinea come il lungo cammino dell’unione tra stati europei sia tuttora «un prodigio storico».
Libération ironizza in prima pagina: «L’Europa manca il premio Nobel per l’economia». «Un incoraggiamento all’Europa» è il prudente Figaro, mentre Le Monde
commenta: «Premio ampiamente meritato». Sono stati i giornali tedeschi a dare maggiore risalto al Nobel, senza risparmiare critiche. Sarcastico Die Welt.
«E’ un incitamento a credere nei miracoli ». “Buona idea, cattivo laureato » titola Der Spiegel.
Neanche in un momento di effimera gloria, è facile mettere d’accordo un condominio di 500 milioni di cittadini.


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