Ires-Cgil, lavoratori stranieri nella crisi: in 5 anni più precarietà  e disoccupazione

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Nel corso del quinquennio appena trascorso il mercato del lavoro italiano ha pesantemente subito gli effetti della profonda crisi economica e finanziaria. In particolare l’andamento del tasso di occupazione e di disoccupazione hanno delle traiettorie sensibilmente negative per le fasce piu’ deboli e precarie del mercato del lavoro. Per quanto riguarda i lavoratori immigrati, in particolare, e’ possibile affermare che nel corso dell’ultimo anno siano entrati nell’occhio di un ciclone”.

Nel particolare, “al I semestre 2012 la quota del lavoro immigrato sul totale e’ pari al 10% circa e si concentra soprattutto in alcuni settori: Servizi collettivi e alla persona (37%), Costruzioni (19,2%), Agricoltura (13%), Turismo (15,8%) e Trasporto (11,7%). Appare, inoltre, interessante notare come le quote siano cresciute nell’ultimo quinquennio specialmente in Agricoltura e nei Trasporti dove il dato e’ quasi raddoppiato e nei Servizi alla persona (in cui c’e’ la crescita maggiore in termini di valore assoluto). Oltre un terzo degli occupati immigrati svolge una professione non qualificata e circa il 60% e’ impiegato in una microimpresa (contro il 34% degli italiani), con tutto cio’ che questo comporta in termini di nati-mortalita’ delle imprese, di rischio licenziamento, di accesso agli ammortizzatori sociali e di possibilita’ di sindacalizzazione. Per quanto concerne le modalita’ di accesso al lavoro il 64% lo fa attraverso la rete informale di parenti o amici (contro il 31% degli italiani)”. I lavoratori stranieri “sono occupati, nella maggior parte dei casi come dipendenti (87%) e parzialmente come autonomi (11,8%). La componente dei collaboratori e’ assolutamente marginale (1,3%) anche se nel corso del quinquennio e’ cresciuta di oltre 50 punti percentuali. Anche il dato relativo ai lavoratori dipendenti va, pero’, letto alla luce di alcune specifiche considerazioni: se e’ vero, infatti, che nel periodo compreso tra il primo semestre del 2008 e quello del 2012 la variazione percentuale del numero di dipendenti e’ pari a +46,3%, va segnalato come gli occupati a tempo determinato siano cresciuti di circa il 67% e quelli con contratti a tempo parziale di circa 78 punti percentuali. Per quanto riguarda gli autonomi, poi, e’ interessante notare come oltre il 20% non abbia alcuna autonomia di orario”. A questi dati va aggiunto, peraltro, “che una stima sulla stipula di accordi verbali o informali (circa il 7,5% del totale dei dipendenti, con un’incidenza pari ad oltre il doppio della componente italiana) evidenzia una crescita di 24,6 punti percentuali dei rapporti di lavoro non formali”.

Complessivamente “dal I semestre 2008 a giugno 2012 il tasso di occupazione e’ calato di circa 2 punti percentuali passando dal 58,7% al 56,8% con una perdita di oltre 460 mila occupati. In particolare scomponendo il dato sulla base della cittadinanza possiamo verificare che la quota immigrata non comunitaria ha perso oltre 6,7 punti percentuali. Inoltre e’ interessante notare nel corso degli ultimi quattro anni anche gli immigrati comunitari stiano pagando un conto salato a causa della crisi economica (-3,8 %)”. Anche rispetto al tasso di disoccupazione “si assiste ad una forte sofferenza per la componente di lavoro immigrato. Se per gli italiani, infatti, il tasso di disoccupazione e’ passato dal 6,7% del I semestre 2008 al 10,3% del I semestre 2012 (+3,6%), per i lavoratori comunitari e’ cresciuto di 6,1% e per i non comunitari di 5,1%. Peraltro e’ interessante notare come ad un parziale ridimensionamento dei tassi nel corso del 2011, sia seguito un anno in cui i tassi sono letteralmente schizzati verso l’alto facendo segnalare le peggiori performance del quinquennio di crisi”.

Secondo il rapporto “tale dinamica dei tassi e’ dovuta, peraltro, alla diminuzione della popolazione italiana in eta’ da lavoro ed al corrispondente aumento della popolazione straniera. Nell’ultimo quinquennio, in particolare, gli immigrati in eta’ da lavoro sono cresciuti di oltre un milione e trecentomila unita’ con una variazione percentuale che ha visto aumentare gli occupati del 41,6% (667 mila in valore assoluto) e i disoccupati addirittura del 138,2% (227 mila in valore assoluto). Anche i dati relativi alla Cassa Integrazione evidenziano questo tipo di dinamica: nel corso del quinquennio di crisi il numero dei lavoratori immigrati che sono dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali e’ cresciuto in maniera esponenziale decuplicando il dato iniziale a fronte di un incremento per i lavoratori italiani di circa quattro volte”. A seguito di cio’ il peso della componente immigrata sul totale dei lavoratori in Cig “e’ passata dal 4,3% del I semestre 2008 all’11,4% del I semestre 2012”. Infine uno sguardo sulle retribuzioni: “nel I semestre 2012 la differenza tra i guadagni di un italiano e quelli di un immigrato (entrambi a tempo pieno) sono complessivamente di 328 euro pari ad un differenziale retributivo del 23%. Inoltre va segnalato come dal I semestre 2009 questo dato sia in crescita di oltre 2,5% allargando ulteriormente la forbice di disuguaglianza tra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati”.

Quanto emerso dall’analisi “fa, pertanto, affermare che l’occupazione degli immigrati stia subendo gli effetti della crisi in maniera estremamente negativa. I dati, infatti, configurano una maggiore precarizzazione dei rapporti di lavoro e una riduzione notevole delle ore lavorate che in vari casi nasconde – come da noi verificato in settori chiave come ad esempio quello edile – falsi contratti part-time, false partite iva e aumento del lavoro sommerso. Contemporaneamente aumenta il divario tra le retribuzioni degli stranieri rispetto a quelle degli italiani”. Il tutto concentrato in particolare “in questi ultimi mesi, che appunto ci segnalano l’intensificarsi della crisi economica proprio in quei settori che vedono una maggiore incidenza del lavoro straniero (l’industria – in particolare il settore delle costruzioni – specialmente nel mondo delle piccole imprese, e l’attivita’ di cura in ambito domestico che sconta la complessiva riduzione dei redditi e la maggiore difficolta’ economica delle famiglie)”. (DIRE)

 

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