Maratona a marcia indietro

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PARIGI. È iniziata ieri all’Assemblea la maratona della discussione parlamentare sulla finanziaria del 2013, la prima della presidenza Hollande, che impone al paese uno «sforzo storico». L’obiettivo del governo è riuscire a far quadrare il cerchio con il rientro dei deficit pubblici entro il 3%, impegno del Fiscal Compact già  approvato, senza usare il machete sulla spesa sociale. Un obiettivo giudicato «assurdo e insostenibile» persino dal presidente dell’Assemblea, il socialista Claude Bartolone. L’ipotesi governativa è di aumentare le tasse di 24 miliardi e tagliare 10 miliardi di costi. 620 emendamenti sono stati presentati e lo scontro è infuocato, con la destra che attacca la «bastonata fiscale». Ma il malumore cresce anche all’interno della maggioranza. Difatti, il governo Ayrault sembra pronto a cedere di fronte alle molte lobbies che si sono costruite in questi giorni. I deputati socialisti mordono il freno. Il governo sembra navigare a vista, cedendo alle pressioni e dando l’impressione che manchi una chiara linea direttiva.
I primi a sparare sono stati i “piccioni”, un movimento nato sul Web e formato da imprenditori di start up su Internet, che rifiutano la tassa sui proventi delle vendite di giovani società , equiparata ai livelli dell’imposta sul reddito. Il governo voleva colpire i business angels, che investono nelle start up per poi rivendere in fretta e incassare i guadagni. Ma i giovani imprenditori urlano allo scandalo, sostengono che così si uccide lo spirito imprenditoriale (l’operazione dei “piccioni” ha un retroterra molto politico: è stata avviata da un imprenditore francese residente in California e fratello del gestore del sito Internet di Sarkozy durante la campagna).
Di fronte a questa offensiva, ripresa dal Medef (la Confindustria francese), che si era sentita scavalcata dai giovani lupi, il governo ha ceduto: ci saranno «varie centinaia di milioni di euro» da trovare altrove, per evitare una tassa che secondo i suoi detrattori avrebbe colpito fino al 60% dei guadagni. Ayrault ha affermato che 9 famiglie su dieci non vedranno le tasse aumentare: ma l’annuncio è contraddetto dai fatti e gli aumenti di imposte rischiano di colpire non solo i più ricchi (imposta sul reddito più progressiva, tranche superiore alzata al 45% di pressione fiscale, 75% per redditi che superano il milione di euro l’anno) o le grandi imprese, ma anche la classe media, messa sotto il rullo compressore fiscale (a cominciare dal fatto che è stata congelata la base del calcolo delle imposte, che non terrà  conto dell’inflazione, aumentando così automaticamente il numero di coloro che pagano l’imposta sul reddito, finora versata solo dal 53% dei francesi).
I “piccioni” hanno fatto molti emuli: dai medici fino al mondo dell’arte. Il governo ha ceduto anche su questo fronte: l’ipotesi di introdurre le opere d’arte nel calcolo della Patrimoniale è stata ritirata. Ma una parte dei deputati socialisti vorrebbe approvare l’emendamento preparato da Christian Eckert, contro il quale c’è stata la levata di scudi dei direttori dei grandi musei, delle associazioni dei galleristi e anche di alcuni sindaci di sinistra (da Martine Aubry a Lille a Pierre Cohen a Tolosa). Secondo i detrattori, molto organizzati alla vigilia dell’apertura della Fiac (Fiera di arte contemporanea), calcolare il valore delle opere d’arte nella Patrimoniale equivarrebbe a «scoraggiare i collezionisti», a obbligare a vendere le collezioni, a far fuggire le opere d’arte dalla Francia, a bloccare il mecenatismo, a impedire di fare molte mostre perché i proprietari, per paura del fisco, non presterebbero più le opere (che, in realtà , nell’emendamento Eckert erano detassate se mostrate in pubblico). In altri termini, il mondo dell’arte teme una catastrofe. Per Eckert, invece, si tratterebbe di dare «un segnale forte di equità  fiscale, tanto più che alcuni investimenti obbediscono più a una logica patrimoniale di investimento che a un incoraggiamento alla creazione». Eckert spiega che l’obiettivo erano «i milionari chiusi in casa con le loro opere e che aspettano solo che le quotazioni crescano per vendere». Nella serie delle marce indietro, il governo ha anche rinunciato a far pagare il canone tv nelle seconde case.


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