Bill Clinton e il «Boss» tirano la volata a Obama

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CINCINNATI (Ohio) — Mentre Romney lascia Cleveland dopo l’ennesimo comizio, Barack Obama sta per arrivare a Cincinnati, l’altra capitale industriale dell’Ohio, dove a tirargli la volata trova Stevie Wonder, uno dei cantanti più amati d’America. Penultimo giorno di campagna elettorale per un presidente esausto che sfrutta tutti gli «apripista» possibili per colmare il gap di entusiasmo rispetto a quattro anni fa.
Mentre il candidato repubblicano deve cavarsela da solo col vice Ryan, a parte qualche apparizione di John McCain, Rudy Giuliani e Condoleezza Rice, Obama può contare, oltre che su Biden e su un’attivissima first lady, su un’intera schiera di grandi musicisti: dal «Boss» Bruce Springsteen al rapper Pitbull, da Jay-Z a Dave Matthews. Ma, soprattutto, c’è Bill Clinton, il vecchio leone democratico che sta dando l’anima per l’uomo che un tempo detestava. Due appuntamenti insieme al presidente, poi di nuovo da solo a cercare di galvanizzare gli elettori democratici in New Hampshire, North Carolina e Minnesota.
«Sentite, sto dando tutto, anche la voce per questo leader in cui credo», ha detto l’altra notte in Virginia, introducendo, roco, il presidente davanti a un pubblico di 25 mila persone. All’alba Obama l’ha trovato già  a bordo dell’Air Force One quando è partito per la sua ultima maratona di candidato: New Hampshire, Florida, stasera qui a Cincinnati, Ohio, e poi una puntata notturna fino ad Aurora, in Colorado, dove si esibisce per lui Matthews. Stamattina si riparte da Madison, in Wisconsin. Poi, raggiunto per strada da Springsteen e Jay-Z, di nuovo Ohio, a Columbus, e gran finale a Des Moines, in Iowa prima di tornare, nella notte tra lunedì e martedì, nella sua Chicago.
Gli ultimi sondaggi nazionali — quelli dell’Abc (49 Obama, 48 Romney) e di Politico (48 a 48) — replicano uno scenario di sostanziale equilibrio tra i due candidati (solo il Pew dà  il presidente avanti di 3 punti), mentre in Stati decisivi come l’Ohio resta il vantaggio di Obama ma con margini meno consistenti rispetto a due giorni fa. Serve un altro sprint e allora riecco il mattatore Bill. L’ex presidente ha cercato ieri di scaldare i 14 mila accorsi ad ascoltare lui e il suo successore nella piazza davanti al Campidoglio di Concord, la capitale del New Hampshire, in una gelida mattinata.
Non sono andati via delusi: hanno ascoltato un Clinton ancora una volta pirotecnico, che ha accusato Romney di opportunismo e disonestà , soprattutto sulla questione del salvataggio dell’industria dell’auto. Il leader repubblicano l’aveva bocciato, salvo poi dire, a recupero del settore avvenuto, che anche lui avrebbe battuto la strada della bancarotta controllata: «Questo — ha sibilato Clinton — non è un comandante in capo, è un contorsionista in capo, uno pronto per il “Cirque du Soleil”. Da ragazzino, quando mi sorprendevano con una mano nella marmellata, io la tiravo via e arrossivo. Romney non solo non arrossisce, ma, anche se lo becchi, infila la mano più in fondo cercando di prendere altra marmellata».
E il presidente? Superato senza guai lo scoglio dei dati sulla disoccupazione, sta cercando soprattutto di non inciampare all’ultimo momento sull’accusa di aver sottovalutato la gravità  dei danni e delle sofferenze provocati dall’uragano «Sandy». Tra un appuntamento elettorale e l’altro, Obama continua a tenere riunioni in videoconferenza col ministro dell’Interno, Janet Napolitano, e con i capi della Protezione civile Usa, mentre nelle piazze, più che attaccare Romney, parla delle cose da fare nel secondo mandato, della necessità  di cercare nuovo accordi «bipartisan» sull’economia: per i colpi d’ariete all’avversario c’è già  Bill.
Ma Obama tradisce anche un po’ di nervosismo per questa volata sul filo del rasoio, quando grida alla folla di non esser pronto a farsi da parte, di non voler lasciare il lavoro a metà . E se l’entusiasmo dei democratici non è più quello di quattro anni fa, ci pensa Bill a ricostruire l’immagine di un Obama meno profeta, ma leader maturo e affidabile: «Mi piaceva quattro anni fa, mi piace ancora di più adesso: è un leader concreto, che sa lavorare con gli altri, anche i repubblicani. Un cooperatore collaudato, come ha dimostrato in questi giorni con “Sandy”. E poi, anche se descrive realtà  difficili, io preferisco un leader che costruisce un bilancio basato sull’aritmetica rispetto a chi ne presenta uno fatto di illusioni».
La stoccata è per Romney, ovviamente, ma le parole di Bill potrebbero calzare bene anche rispetto alle promesse azzardate dell’Obama del 2008. È vero che allora, alla fine, Bill aiutò Barack, ma sei mesi prima, durante le primarie nelle quali Obama sfilò la nomination a Hillary Clinton, tra i due furono scintille. E gli attacchi più duri l’ex presidente li lanciò proprio in New Hampshire, dove in una lapide di granito non lontana dal Campidoglio è impresso il nome del vincitore delle primarie di quell’anno: Hillary Clinton. L’unico, vero momento di difficoltà  nella galoppata di Obama.


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