Al via (tra i timori) la lista centrista

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ROMA — Finalmente si parte, forse. Dopo giorni di tregenda, nei quali si stava materializzando l’incubo di un Mario Monti che si smarcava dalle forze centriste, restando a guardare la campagna elettorale, la conferenza stampa di ieri ha fatto tirare un primo sospirone di sollievo. Il peggio è passato, ma non sono pochi quelli che non sono affatto entusiasti del nuovo scenario. Perché la lunga attesa si spiega anche con la volontà  del premier di avere il maggior potere di interdizione possibile sulle liste. Chi si aspettava un federatore, si trova un leader, che farà  pesare le sue scelte. E così ora molti ex parlamentari vedono traballare la loro candidatura. E per i leader politici, a cominciare da Pier Ferdinando Casini, la questione liste non sarà  affatto indolore.
Ma ora è il momento di mostrare entusiasmo. «Discorso da grande leader», dice Casini. Che alla domanda se abbia intenzione di chiedere a Monti di candidarsi con le sue liste, risponde: «Chissà  che non glielo abbia già  chiesto». Luca Cordero di Montezemolo si dice «orgoglioso» del fatto che i punti dell’agenda Monti coincidano con quelli di Italia Futura. Andrea Riccardi ha colto nelle parole del premier «la cifra, lo stile e la lungimiranza dei grandi statisti» e si dice «confortato».
Comporre il quadro delle forze che chiederanno a Monti di mettersi alla guida dei centristi sarà  un compito difficile: rendere compatibili mondi così diversi è operazione delicata. Se Udc e «Verso la Terza Repubblica» (oltre a Montezemolo, Riccardi, Andrea Olivero, Lorenzo Dellai e Raffaele Bonanni) ci stanno di sicuro, altri arrivano e potrebbero arrivare. Tra i primi ad aderire c’è il movimento di Oscar Giannino, «Fare per Fermare il Declino», che si dice «molto interessato a contribuire» all’agenda.
Poi c’è il discorso su Gianfranco Fini, che dichiara subito alle agenzie: «L’agenda liberale e riformatrice di Monti va sostenuta senza riserve mentali». Su Fini, però, gravano le riserve cattoliche, che potrebbero riguardare solo la sua candidatura e non quella di altri esponenti di Futuro e Libertà . E poi ci sono le posizioni dei singoli. Ci si aspetta l’arrivo di transfughi dai due principali partiti. Poche ore dopo la conferenza stampa, ecco i primi nomi: da una parte Pietro Ichino (Pd), dall’altra Giuliano Cazzola. Ma anche il fioroniano Lucio D’Ubaldo, con Benedetto Adragna, Flavio Bertoldi e Giampaolo Fogliardi. Dal Pdl ci si aspetta non certo una transumanza, ma il lento distacco di qualche frammento, a cominciare da quelli vicini a Mario Mauro ma anche da Beppe Pisanu e Franco Frattini.
Sarà  decisiva l’architettura che si vorrà  dare all’offerta elettorale di centro. È probabile che l’irruzione di Monti acceleri la creazione di una lista unica sia alla Camera sia al Senato. Con un nome da decidere, che potrebbe essere «Lista per Monti presidente». La scelta unitaria avrebbe conseguenze non irrilevanti. Perché costringerebbe tutti a selezionare i candidati, escludendo quelli troppo compromessi con la vecchia politica. Monti avrebbe già  pronta una lista consistente (si parla del 30 per cento) di uomini scelti personalmente. Non sarà  certo come accadde con la «Lista Dini», piena di boiardi di Stato. Ma una sua quota di fedelissimi appare inevitabile e con il credito acquisito, e il brand concesso, nessuno potrà  opporre una vera resistenza. La richiesta dell’Udc di avere almeno il 50 per cento dei candidati ora appare difficilmente esaudibile. Anche perché il fiume delle adesioni dell’ultima ora rischia di ingrossarsi, creando problemi di superaffollamento. E molti resteranno sulla porta.
Casini reagisce con una certa irritazione alla questione veti: «La plastica facciale non me la posso fare. Sono in Parlamento da tanto e si sa cosa ho fatto. I personalismi non esistono, le piccole cose per una grande impresa non sono compatibili». Quanto a Montezemolo, ancora nessuna certezza sulla sua candidatura: «Parlerà  con Monti e farò ciò che serve», dice sibillino.


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