Bersani a Bruxelles: manterrò i patti E Juncker lo elogia

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BRUXELLES — Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, è volato a rassicurare i vertici delle istituzioni Ue sul rispetto degli impegni finanziari con l’Europa in caso di vittoria del suo partito alle prossime elezioni, specificando che il suo governo sarebbe «europeista» e chiederebbe solo più attenzione a «crescita, occupazione, economia reale e solidarietà ». Ma ha usato la giornata a Bruxelles anche per intervenire sulle ultime evoluzioni della politica interna, polemizzando per il «traccheggiamento» del leader del Pdl, Silvio Berlusconi, sulla legge di Stabilità . E lanciando aperture al dialogo al premier Mario Monti.
Bersani, che a Bruxelles ha incontrato tre presidenti, il belga Herman Van Rompuy (Consiglio europeo), il portoghese José Manuel Barroso (Commissione europea) e il lussemburghese Jean-Claude Juncker (Eurogruppo), tutti di centrodestra e aderenti al Partito popolare europeo (Ppe), si è detto pronto a governare. Ha dichiarato che la legge di Stabilità  deve essere approvata «al più presto» per consentire di andare al voto perché sarebbe «intollerabile» uno slittamento «per esigenze non dell’Italia, ma di forze politiche in ritardo». Il leader del Pd, riferendosi alle recenti preoccupazioni del Ppe su una eventuale vittoria di Berlusconi (che hanno portato vari leader europopolari a manifestare grande apprezzamento per Monti), ha affermato di aver chiesto a Juncker: «Di’ al mondo che Berlusconi non vincerà ». Il numero uno dell’Eurogruppo avrebbe accolto l’invito con «un sorrisino alla lussemburghese». Juncker ha confermato che, nello «scambio di vedute completo sull’Italia e sulla situazione dell’eurozona», gli è «piaciuto» Bersani in quanto «intelligente e onesto» e il suo orientamento a proseguire sulla linea di Monti «magari con qualche sfumatura».
Il leader del Pd ha affermato che la decisione del premier sul futuro politico «non cambia nulla» perché «siamo interessati in ogni caso ad avere un rapporto interlocutorio con Monti». Ha precisato che «i progressisti devono vincere queste elezioni e avere uno sguardo molto aperto verso tutte le forze europeiste e moderate che contrastano le derive populiste». Una discesa in campo del premier, però, in fondo non lo entusiasma perché «cambia il paesaggio, cambiano le dinamiche e a quel punto non è tutto nelle mie mani, in ogni caso non litigheremo con nessuno». Ha ricordato «la lealtà » al governo tecnico, anche quando sono state approvate «misure che non ci sono piaciute del tutto» ed «ero io che parlavo con i pensionati, nelle fabbriche…».
Bersani non intende «smontare le riforme» di Monti, ma attuare «correzioni». In linea con gli eurosocialisti, ha chiesto ai tre presidenti del Ppe, Van Rompuy, Barroso e Juncker, una Europa che dia «segnali inequivocabili sulla crescita», in aggiunta alle «risposte parziali» date finora sulla «stabilità » dell’euro. Ma non intende replicare in Italia la supertassazione del governo socialista francese sui ricchi. Preferisce la caccia ai grandi evasori attuando una maggiore «leggibilità  dei redditi e tracciabilità  dei movimenti bancari e finanziari». Ha definito «demagogico» Berlusconi che promette la fine dell’imposta sulla casa Imu. Il suo Pd propone un «alleggerimento» solo per i redditi bassi.


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IL POPOLO COME PLEBE

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Renata Polverini vinse le elezioni regionali nel Lazio grazie al voto di quelle province che hanno spedito in Consiglio regionale i vari Fiorito, Battistoni, Abruzzese, De Romanis. Gli stessi che, ingrata e dimentica, lei oggi definisce «indegni», «malfattori», «personaggi da operetta». Gli stessi che per tutto questo tempo hanno garantito quella maggioranza che le ha permesso di governare e spadroneggiare. Certo, tutto ciò aveva un costo: un costo in senso proprio, le cospicue prebende elargite attraverso la progressiva distribuzione di finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari.

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