Liste pulite, il governo sfida il veto del Pdl

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ROMA — Il braccio di ferro dura da una settimana. Il decreto legislativo per garantire “liste pulite” a partire dalle prossime politiche, e in futuro per ogni organo elettivo, è oggetto di uno scontro durissimo tra il governo e il Pdl. Berlusconi non lo vuole, Monti lo vuole a tutti i costi. Lui ne fa una questione «di principio». L’ex premier la vive come «una sconfitta inaccettabile ». Bloccato venerdì scorso da un tempestoso altolà  del Cavaliere, il testo si riaffaccia oggi a palazzo Chigi. Diciotto articoli, una corposa relazione illustrativa. I tre ministri che lo portano in carico e lo firmeranno in calce — Anna Maria Cancellieri per l’Interno, Paola Severino per la Giustizia, Filippo Patroni Griffi per la Funzione pubblica — hanno fatto muro di fronte alle insistenti richieste del Pdl di ammorbidire un po’ tutto il decreto. Troppo drastiche le esclusioni, troppo lungo il periodo di congelamento politico, inaccettabile l’applicazione della nuova norma anche alle sentenze passate. Ancora ieri sera, sul testo, si fronteggiavano i due differenti punti di vista. Tant’è che fino all’ultimo non è affatto detto che il consiglio lo licenzi. Ma se davvero si andasse a un nuovo stop — chiosano nelle stanze del governo — questa sarebbe «una vera sconfitta ». Di più, sarebbe «la vittoria del partito degli inquisiti».
I tempi contano. Va detto subito. Perché il decreto deve passare per il parere obbligatorio, ma non vincolante nel merito, delle commissioni dei due rami del Parlamento. Anche a Camere sciolte, in ordinaria amministrazione, il decreto può essere discusso, ma va da sé, con le elezioni per il 10 marzo, che il varco è stretto. Primo obiettivo del Pdl, allora, è guadagnare giorni, ma Cancellieri, Severino e Patroni Griffi sono intenzionati a non cedere.
Bisogna entrare nel decreto per capire i contorni dello scontro. Le griglie dell’incandidabilità  stavolta non sono una barzelletta. Via «chi ha riportato condanne definitive a pene superiori a due anni» per delitti gravi e gravissimi, mafia, terrorismo, omicidi, rapine. C’era già  nella delega perché, merita ricordarlo, il decreto legislativo è “figlio” della legge sull’anticorruzione entrata in vigore il 28 novembre. Ugualmente nella delega era scritto che sarebbero rimasti fuori dalle competition «i condannati a oltre due anni» per tutti i reati contro la pubblica amministrazione. E anche qui il Pdl si è tristemente allineato. Ma sul terzo criterio è esplosa la querelle. Laddove il governo ha scelto di tagliare fuori «coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni». Dice Enrico Costa, il capogruppo Pdl in commissione Giustizia: «Eh no, non si può fare così. La delega imponeva due criteri tassativi, i primi due, e un terzo flessibile. Il governo ha reso tassativo anche quello. Doveva indicare una lista di reati, doveva scegliere, ma non lo ha fatto. È una forzatura che va cambiata».
Per sette giorni il martellamento è stato continuo. Via quel limite di quattro anni in cui ovviamente rientra anche la frode fiscale, il reato per cui Berlusconi, il 26 ottobre, è stato condannato in primo grado per il processo Mediaset giusto a quattro anni, con un’interdizione di cinque dai pubblici uffici. Il Pdl vuole una lista dei reati, in cui andare alla trattativa e mettere e togliere ciò che gli fa comodo. Tant’è che indica anche una via possibile, quell’articolo 381 del codice di procedura dove, al secondo comma, c’è per l’appunto una lista di quelli per cui è possibile l’arresto in flagranza. Non solo. Ritiene eccessivo e oltremodo punitivo imporre anche il raddoppio della pena prevista l’interdizione che, nel caso di Berlusconi, arriverebbe a dieci anni. Ma fino a ieri sera i tre ministri sono stati inflessibili. Conferme esplicite. Da Cancellieri, prima di partire per Bruxelles, da Severino alla volta di Napoli, da Patroni Griffi: «Il testo è quello e lo approveremo. Andrà  in vigore prima delle elezioni politiche ». Se i tre dovessero veramente farcela, il Pdl ha già  in mente di boicottare la vita del decreto Parlamento.


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