Sulla Collina del giorno del giudizio la colonia con cui Israele sfida il mondo

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COLLINA E 1 (CISGIORDANIA) — La “collina del giorno del giudizio” è uno sperone, arido e desolato, che sulla sinistra domina la strada che da Gerusalemme digrada verso Gerico, la Valle del Giordano e il Mar Morto. Il silenzio che regna qui attorno è l’immagine speculare dello scontro a livello internazionale nato intorno a quest’altura diventata simbolica. Ufficialmente ha solo un nome amministrativo E 1 (East One), il nome ufficiale di questo insediamento è già  deciso e sarà  Mevasseret Adumin, ma per tutto il movimento dei coloni e la destra israeliana che li sostiene, è adesso “The Doomsday Hill”, il luogo del destino che si deve compiere con la nascita di una nuova piccola città  con 3500 nuove case e un bel centro commerciale, ben oltre la “Linea Verde” del 1967 dove già  vive oltre mezzo milione di coloni. Una decisione che darà , come ha detto il segretario generale dell’Onu Ban ki-moon, «un colpo mortale alla possibilità  di una pace basata su “due Stati”», spingendo il processo di pace verso i pericolosi marosi di una tempesta perfetta che si sta addensando in Medio Oriente. Ma la “rappresaglia” del premier Benjamin Netanyahu per il voto all’Onu sulla Palestina, non si ferma qui: presto si discuterà  di altre 1700 nuove case a Ramat Shlomo e altre centinaia a Givat Hamatos e Gilo, tre grandi insediamenti che fanno da cintura alla Città  santa. Su terre che per i palestinesi devono far parte di quello Stato del quale hanno appena avuto il riconoscimento “de facto” alle Nazioni Unite. «Le costruzione di nuovi insediamenti sono illegali, e per questo Israele deve essere considerato responsabile di crimini di guerra contro il popolo palestinese», ha denunciato ieri al Consiglio di sicurezza l’ambasciatore palestinese all’Onu Ryad Mansour, «la politica colonialistica deve finire: oppure Israele dovrà  essere considerato responsabile per i crimini posti in essere».
La collina E 1 è uno dei pochi luoghi intorno a Gerusalemme che anche Cristo e i suoi apostoli potrebbero ancora riconoscere: una collina arida, sassosa e polverosa, riarsa dal sole e battuta dal vento caldo, talvolta percorsa dai pastori beduini che con le loro greggi ancora attraversano queste alture. Sono solo 12 chilometri quadrati ma in un punto strategico. Costruire qui significa creare un cuneo nel cuore della Cisgiordania, che isolerà  i Territori dell’Anp da Gerusalemme, compromettendo così la contiguità  territoriale di uno Stato palestinese: sarà  impossibile andare da Ramallah (nord) a Betlemme (sud). I progetti di espansione nella zona vennero avviati nel Duemila e ma poi sono sempre stati fermati per le pressioni americane. Un blocco mal digerito già  a quel tempo da Netanyahu che si esibì qui in un polemico show per denunciare il «cedimento» dell’allora premier Sharon. Ma intanto erano già  state spese somme enormi per le strutture, le basi erano state gettate e sono
rimaste.
Oggi è una specie di città  fantasma, strade — che sembrano non andare da nessuna parte — seguono i pendii rocciosi e l’ombra dei lampioni si stampa su marciapiedi vuoti. Ci sono le piazze, gli incroci, le rotatorie, i terreni edificabili sono stati livellati ma mancano gli edifici e le case private. Sembra il set di un film abbandonato a metà  da un regista rimasto senza soldi e senza idee. C’è solo una costruzione che sta proprio in cima alla collina. È un piccolo fortino e ci si arriva percorrendo una strada nel nulla. Ospita il distretto della Polizia israeliana per la Giudea e la Samaria, ed è senz’altro uno dei commissariati più strani del mondo perché è completamente staccato dalla popolazione che dovrebbe servire.
Incuranti della crisi internazionale che è nata attorno alla E1, i sostenitori del progetto resuscitato da Netanyahu lo difendono come la naturale estensione del vicino insediamento di Maale Adumim — la cittadina con le villette dai tetti rossi che si vede sulla collina di fronte — la reazione d’orgoglio nel diritto che Israele ritiene di avere nel costruire dove «necessario per la sua espansione». Dice Benny Kashriel, il sindaco di Maale Adumim: «Molti governi hanno promesso di costruire qui, ma come vede intorno a noi ci sono solo colline vuote. Adesso vedremo se Netanyahu avrà  il coraggio di andare fino in fondo».
L’avvocato Daniel Seidmann, che patrocina alcune cause dei proprietari palestinesi della zona, mostra una serie di mappe che raccontano la storia complessa che c’è dietro la zona E 1: un piano globale per circondare Gerusalemme con gli insediamenti colonici e separarla dalla Cisgiordania. La città  santa è al centro di due “cerchi”: quello interno è costituito dai piccoli insediamenti attorno alla Old City e alle sue Mura, il secondo è esterno e attraversa tutte le alture intorno a Gerusalemme, dove già  esistono le grandi colonie sponsorizzate dal governo. La “collina del giorno del giudizio” è l’ultima. Il pezzo mancante del puzzle per chiudere il cerchio esterno.


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