Fiat-Chrysler sbarca in Cina Produrrà  la Jeep a Canton

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Il gruppo Fiat-Chrysler sta per siglare un nuovo accordo con Guangzhou Automobile Group (Gac) per produrre, nello stabilimento di Canton (sede storica di Gac), dei modelli fuoristrada, con lo storico marchio americano Jeep, progettati specificamente per il più grande mercato del mondo. L’ufficializzazione potrebbe avvenire durante il Salone di Detroit, a dimostrazione che il gruppo italo-americano ha ripreso in mano, completamente, la situazione in quest’area, ormai fondamentale per ogni costruttore ed ha riacceso i motori dopo il divorzio da Nanjing Automotive Corporation.
Sergio Marchionne aveva dichiarato lo scorso ottobre che «la produzione della Jeep non sarà  trasferita dagli Stati Uniti alla Cina». Questo era stata la reazione dell’amministratore delegato di Fiat-Chrysler a commento delle insinuazioni che aveva fatto il candidato repubblicano Mitt Romney, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti. Romney, candidato repubblicano, aveva accusato Barack Obama di favorire l’azienda piemontese che aveva rilevato la Chrysler. «I nuovi proprietari italiani stanno pensando di costruire le Jeep in Cina», aveva detto Romney: dichiarazione che secondo alcuni avrebbe contribuito alla sua sconfitta, tanto che lo stato dello Ohio, fondamentale per il sistema elettorale americano, ha votato con una netta maggioranza per Obama.
Le Jeep costruite in Cina (i modelli sono in fase di definizione) non verranno esportate ma saranno commercializzate solo nel mercato interno. Il contratto che sta per essere firmato, con Gac, non prevede nessun spostamento di posti di lavoro dalla fabbrica di Toledo (Ohio), campo-base delle Jeep. Si tratta piuttosto di un inedito progetto di sviluppo industriale per realizzare vetture solo per il Paese asiatico.
Con Gac, Fiat ha già  attiva una joint venture, paritetica, che riguarda l’assemblaggio della Viaggio, la berlina classica, di classe media, clone della Dodge Dart, venduta in Usa; entrambi i modelli si avvalgono dell’architettura italiana della Giulietta dell’Alfa Romeo, opportunamente modificata secondo le esigenze delle singole nazioni. La Viaggio nasce nel nuovo stabilimento di Changsa, reso operativo in meno di un anno e mezzo, dove sono stati investiti circa 650 milioni di euro. Questo modello destinato al mercato cinese raccoglie, da settembre, contratti ad un ritmo di 6 mila al mese.
Attualmente Fiat dispone di una rete di circa 150 concessionari nella Repubblica popolare che si avvalgono del logo torinese, sono in continua crescita, offrono una gamma di servizi estremamente moderna garantita dall’Elite Service, con un call center operativo 24 ore su 24 e pronto per far intervenire immediatamente il soccorso su strada. Le iniziative commerciali sono ormai considerate qualificanti e fidelizzanti.
La Viaggio viene offerta con una garanzia di tre anni o di 100 mila chilometri, mentre Elite diventerà  presto un club esclusivo, un’associazione dei proprietari di Fiat in Cina. Oltre alla Viaggio, i dealers hanno a listino la 500, la Bravo e la Freemont, tutte importate. E proprio la Cina si conferma, nel 2012, il primo mercato mondiale con 19,31 milioni di immatricolazioni, contro una produzione di 19,27 milioni di vetture, pur registrando una crescita ad una sola cifra, del 4,3%. Ma il tasso di crescita relativamente basso non deve apparire come una defaillance: è una conseguenza della guerra politica in corso con il Giappone, che ha molto frenato la vendita di modelli nipponici nella Repubblica popolare.
Negli ultimi cinque anni il Paese della Grande Muraglia ha rappresentato un terzo delle vendite di veicoli nel mondo e continua ad offrire un altissimo potenziale grazie alla poca densità  di auto nelle zone rurali ed al rapido sviluppo della classe media. Nel 2013, secondo il Financial Times, la Cina potrebbe superare l’Europa nella produzione di automobili, dato che si prevede che Pechino possa lanciare sul mercato 19,6 milioni di unità , contro i 18,3 del Vecchio Continente. Lo scorso anno sono stati costruiti nelle fabbriche cinesi 17,8 milioni di pezzi, contro i 18,9 milioni di quelle europee. Nel 2020 nel grande Paese asiatico è previsto il raggiungimento di 22 milioni di esemplari. Tutti i costruttori continuano ad investire massicciamente in Cina, che per Volkswagen è il primo mercato, al punto che il gruppo tedesco sta costruendo altre due fabbriche per raggiungere una produzione di 3 milioni di veicoli entro il 2014.
Bianca Carretto


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