Isole Cayman, il paradiso fiscale apre ai controlli
Alle Cayman hanno sede 9.438 fondi speculativi (hedge fund). Alle Bahamas (350 mila abitanti) 3 mila Tanto per avere un’idea di che cosa siano le Isole Cayman: 80 mila società fiscalmente domiciliate; 9.438 Fondi di investimento (hedge fund), vale a dire un numero pari a tre quarti del totale nel mondo; depositi per 1.900 miliardi di dollari, quattro volte più della somma custodita in tutte le banche di New York.
Un cittadino normale fatica a ritrovare quei tre puntini nel mare delle Antille, quasi nascosti dal profilo di Cuba: Grand Cayman, Little Cayman e Cayman Brac, 56 mila abitanti, uno dei quattordici Territori d’oltremare britannici. Ma per i manager e finanzieri di mezzo mondo, compresi gli amministratori dei 138 fondi della Bain guidata da Mitt Romney, le Isole sono un ambiente intimo, un bunker tra palme, sole, e qualche irriducibile pescatore. Insomma il perfetto paradiso fiscale: tasse irrisorie, zero controlli e segretezza totale su provenienza e movimenti dei capitali.
Ora, però, scrive il quotidiano inglese Financial Times, le «autorità locali» sarebbero pronte ad aprire una fessura. Nel concreto: sarà istituito un registro pubblico in cui trascrivere i nomi delle società e dei loro amministratori. I fiduciari delle finanziarie dovrebbero poi sottoporsi a una specie di esame per dimostrare di essere effettivamente al servizio degli investitori domiciliati alle Cayman. La richiesta di apertura è partita dagli stessi clienti del piccolo arcipelago. La crisi finanziaria mondiale ha lasciato sul campo un pervicace sentimento di diffidenza nei confronti dei gestori di fondi. Governi, risparmiatori, opinione pubblica chiedono più trasparenza. Ed ecco allora la mossa degli Hedge fund, accolta, a quanto pare, dalla Cima (Cayman Islands Monetary Authority) con la stessa sollecitudine con cui anche il biscazziere più consumato riserva un trattamento di favore al frequentatore abituale.
Le riforme allo studio, però, sono praticamente nulla per il Tesoro americano, che sta esercitando da mesi pressioni sull’intero sistema dei «paradisi fiscali» per ottenere informazioni sui conti intestati a cittadini americani. Ma è poco anche se consideriamo qual è il punto di partenza locale. La legge cardine del sistema risale al 1976, e fu varata proprio come risposta a un’indagine americana su un flusso clandestino di capitali. Il nome della norma è programmatico: Confidential Relationships Preservation Law, che si può tradurre, senza il timore di cedere alla volgarità in modo semplice, come racconta il giornalista Nicholas Shaxson nel fondamentale «Le Isole del Tesoro» (pubblicato in Italia nel 2011 da Feltrinelli). Signori e signore, se venite alle Cayman fatevi i fatti vostri, perché la legge punisce con il carcere chiunque riveli accordi finanziari o bancari conclusi qui. Sono previste sanzioni anche semplicemente per chi chiede informazioni. Nel 2009 la Confidential Law è stata un po’ addolcita, ma la sostanza non cambia.
È lecito, dunque, coltivare lo scetticismo di fronte agli annunci e ricordare che le Cayman sono inserite in una rete di protezione che, di fatto, riporta alla grande finanza di Londra. Anche se spesso il governo di Sua Maestà (e la Regina nomina direttamente il Governatore delle Cayman) mostra di non ricordarlo.
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