La Procura di Taranto chiede la revoca dei custodi giudiziari

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TARANTO. «È di tutta evidenza come la legge “salva Ilva” varata dal governo tecnico annienti completamente il diritto alla salute e a un ambiente salubre a favore di quello economico produttivo». È per questo che ieri, la Procura della Repubblica di Taranto, ha presentato un’eccezione di legittimità  costituzionale sulla legge 231/2012 approvata dal parlamento il 21 dicembre, promulgata dal presidente della Repubblica e infine pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 3 gennaio. La nuova iniziativa dei magistrati, è avvenuta nel corso dell’udienza del Tribunale dell’appello cautelare convocata per discutere del ricorso presentato dai legali dell’Ilva contro il dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati realizzati dal siderurgico dal 26 luglio scorso, giorno del sequestro degli impianti dell’area a caldo, fino al 3 dicembre, giorno del varo del decreto legge del Consiglio dei ministri, che autorizzava la produzione restituendo gli impianti all’azienda, oltre a consentire anche la commercializzazione e la movimentazione dei prodotti realizzati precedentemente il 3 dicembre.
Quella di ieri è la seconda richiesta di illegittimità  costituzionale sollevata dalla Procura. La prima è stata presentata nei giorni scorsi alla gip Patrizia Todisco nel parere fornito dai pm circa un’altra richiesta di dissequestro dei prodotti finiti avanzata dai legali dell’azienda direttamente al giudice.
Durante l’udienza di ieri, i magistrati hanno presentato una seconda istanza in cui chiedono di «revocare i 4 custodi-amministratori, concedendo la facoltà  di uso degli impianti di cui l’Ilva è già  venuta in possesso oppure sollevare la questione di legittimità  costituzionale delle norme contenute nel decreto legge 207 del 2012». Questo perché «l’attività  dei custodi-amministratori, volta a eliminare le emissioni nocive e a utilizzare gli impianti ai fini del risanamento con l’individuazione delle misure da loro ritenute necessarie allo scopo, si pone in chiara violazione del decreto di cui sopra che, invece, da un lato consente la piena attività  produttiva nonostante essa sia foriera di emissioni nocive incontrollate, dall’altro, esclude e addirittura vieta ai custodi-amministratori (e non solo a loro) di individuare ulteriori criticità  idonee a imporre misure aggiuntive e diverse rispetto a quelle previste nell’Aia e nel successivo provvedimento di riesame della stessa».
Durante l’udienza, il legali dell’Ilva Bruno De Luca e Egidio Albanese, hanno chiesto di interrompere l’udienza per poter presentare una memoria. La richiesta non è stata accolta ma i legali avranno comunque la possibilità  di presentare una memoria contro l’eccezione dei pm fino a giovedì mattina. La decisione del tribunale di sollevare alla Consulta la questione di legittimità  quindi, non arriverà  prima di domani.
Non si è fatta attendere la reazione del presidente Ilva Bruno Ferrante, che si è detto «perplesso» per quanto sta accadendo, tornando a parlare di «vero e proprio accanimento della Procura nei confronti di Ilva, che si ripercuote sui lavoratori e le loro famiglie». Ferrante, così come i legali dell’Ilva, giudica «infondata e senza ragionevoli motivi», la decisione della Procura di non dissequestrare il prodotto, che l’azienda ritiene «imprescindibile» per la vita futura del siderurgico. Tesi ribadita nell’incontro di ieri pomeriggio con i sindacati Fiom, Fim e Cisl, a cui però è stato assicurato il regolare pagamento degli stipendi del mese di dicembre.


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