«Chiediamo di poter parlare con gli stranieri che arrivano»

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MILANO. Judith Sunderland è la ricercatrice per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rigths Watch che ha curato il rapporto sui trasferimenti di migranti dall’Italia alla Grecia. Ha lavorato in mezzo mondo ma abita a Milano. Parla perfettamente l’italiano e vive nel nostro paese da dieci anni.

Che cosa ti ha colpito di questo rapporto?
Prima di questo ci siamo occupati della situazione disastrosa dei migranti in Grecia. Quello è lo studio che forse mi ha colpito di più. Proprio per questo mi ha scioccato scoprire che l’Italia rimanda anche ragazzini di 13 anni, ammanettati dentro un bagno, proprio in Grecia, dove rischiano abusi, detenzione in condizioni pessime e vivono in un clima di xenofobia spaventoso.
Durante il viaggio dalla Grecia all’Italia ci sono stati anche morti?
Si tratta di un viaggio molto pericoloso, gli stranieri per arrivare in Italia si nascondino dentro o sotto i tir, anche in celle frigorifere. Quest’estate, al porto di Ancona, uno è arrivato morto e due in coma.
Che rapporto avete avuto con le autorità  italiane mentre lavoravate al rapporto?
Io sono stata al porto di Bari. Devo dire che c’è stata collaborazione, ho parlato con funzionari e poliziotti. Poi oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto un incontro con le autorità  del ministero degli Interni e incontreremo anche i dirigenti della polizia di frontiera.
Cosa vi hanno detto al ministero?
Noi apprezziamo il fatto di aver aperto un dialogo, ma certo vorremmo vedere dei cambiamenti. Su alcuni punti restiamo in disaccordo. In particolare dicono che a loro risulta che tutto funziona e ribadiscono che la competenza degli accertamenti per chi arriva spetta solo alla polizia di frontiera.
Voi invece cosa chiedete?
In ogni porto già  ora è presente una ong ma adesso viene interpellata solo dopo l’identificazione per occuparsi di chi ha chiesto asilo ed è stato fatto entrare. Noi invece vorremo poterci occupare anche di chi rischia di essere trasferito di nuovo in Grecia. Soprattutto per garantire che ci sia comunicazione, in molti casi manca persino un interprete e queste persone non riescono a farsi capire. L’Italia non rispetta due procedure stabilite dal regolamento di Dublino. Non è concesso il beneficio del dubbio per chi dichiara di essere minorenne e non si fanno le procedure necessarie per accertarne l’età . E così si rimandano in viaggio dei ragazzini in condizioni pessime. Inoltre l’Italia non si accerta delle condizioni che offre il paese verso cui si fanno i respingimenti, nel caso specifico la Grecia.
Come si giustificano i poliziotti che avete interpellato?
Loro dicono, e in un certo senso è vero, che molti degli stranieri non vogliono il diritto di asilo in Italia perché vorrebbero andare dall’Italia in altri paesi. E allora dicono che l’asilo lo devono chiedere in Grecia come primo paese europeo di arrivo. Ma questo non giustifica questi trasferimenti indiscriminati, anche di minori.
Il vostro rapporto fotografa una situazione che dura da anni e che riguarda sia il governo Berlusconi che il governo Monti. Tra le due gestioni avete notato differenze?
Devo dire che più o meno le problematiche sono sempre le stesse. L’unica differenza è che qualche anno fa l’immigrazione era un tema cruciale della campagnia elettorale, agitato come uno spauracchio da partiti come la Lega per sfruttare la paura e raccogliere consenso. Adesso invece siamo all’opposto, semplicemente non se ne parla più. Ma intanto tutto continua come prima.


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