Grillo ne piazza un’altra

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MILANO. Mai vista una piazza così. La cosa più semplice quando piazza del Duomo è piena per un evento di questo tipo, e non capitava da anni, è dire che c’erano centomila persone. Fine del discorso, e ognuno ne tragga le conseguenze che vuole, o faccia finta di niente. Allora facciamola facile, e diciamo che sono centomila – forse novanta? – oppure anche ottanta. Va bene. Ma sicuramente non è questo il dato più rilevante della giornata milanese di Beppe Grillo. Tanto meno se si tratta di fare il paragone tra due piazze che più distanti non si può, questa e quella di domenica scorsa che si è mezza riempita con la presenza di tutti, o quasi, i leader politici del centrosinistra. Notevole anche quella, ma non c’è partita. Questo derby un po’ stupido, a questo punto, è esercizio da bar sport. Troppo tardi.

Proviamo ad ignorare perfino Beppe Grillo, anche se per chi ha il cuore che batte a sinistra è quasi impossibile resistere per un’ora e passa e poi continuare a storcere il naso. Vedere piazza Duomo che applaude un pazzo che dice nazionalizziamo le banche, ascoltare lo stesso invasato che pretende il reddito minimo per non lasciare nessuno indietro, che strappa un boato quando parla di pace, e uno ancora più grosso quando spiega – si fa per dire – che la scuola pubblica viene prima di tutto: e infatti qualcuno si commuove. Uno con gli occhi gonfi, poi un altro, e facendosi largo, perché la massa è molto fitta, se ne vedono tanti con le lacrime agli occhi. Composti, da soli.
Lasciamolo gridare. Forse per comprendere cosa sta succedendo – e per ragionare sul perché non ce ne siamo accorti prima – è meglio concentrarsi sulle persone che alla spicciolata, in piccoli gruppi, o anche da sole, hanno preso il tram, sono uscite dal mezzanino della metropolitana, hanno mollato l’ufficio mezz’ora prima e si sono messe ordinatamente davanti al palco ad aspettare. Anche solo per curiosità . «Non so cosa voto…», oppure «Io Ingroia e Grillo», altri invece non dubitano, «nel secolo scorso ero di Dp, poi fino al 2009 ero militante del Pd». E lei? «Io… veramente sono candidata, a settembre mi sono iscritta al movimento ed eccomi qui». E prima? «Mi occupavo di quote rosa e questione femminile nelle associazioni…». Militanti che hanno già  visto la luce, pochi.
Il «comico», non fa ridere. Non c’era una faccia ieri in piazza Duomo disposta a spellarsi la mani per una sua battuta. Tutti in silenzio, ad ascoltare ogni parola. Con lo sguardo severo. Prima dell’intervento urbi et orbi – Grillo dava anche i numeri, e pare che quella di ieri sia stata la diretta streaming più seguita al mondo in quel momento – sul palco sono saliti i lavoratori dell’ospedale San Raffaele: applauditi, ma senza esagerare. Perché la piazza milanese di natura è un po’ schifiltosa, insomma se la tira. Da queste parti gli entusiasmi non sono mai travolgenti. C’è una bandiera, una sola. «Ho portato una bandiera rossa, ma con su i pesci», scherza l’unica persona che osa sventolare qualcosa. Ci sono tanti pesciolini piccoli in branco che inseguono un pesce più grosso – probabilmente ne faranno un solo boccone. Ecco, i cento o non centomila che hanno riempito piazza Duomo devono essersi sentiti così. Pesci piccoli, con qualcosa di molto grosso alla loro portata.
Sarà  vero? Lo dirà  il prossimo parlamento. Ma questo è il fatto di portata storica con cui tutti dovranno fare i conti e senza essere pregiudizialmente pro o contro. Un atteggiamento quasi miracoloso, perché fino ad ora il movimento di Grillo è stato vissuto con poca razionalità . Magari, restando anche un po’ freddini, per non rischiare di farsi travolgere dalla paura di perdersi e dagli eventi soprendenti. Come vedere quel tizio col colbacco calato in testa che a un certo punto ha osato strappare il microfono a Grillo per gridare alla piazza che lui una cosa così non la vedeva dal 1945: «Se noi non siamo riusciti a cambiare il mondo, fatelo voi, e non fermatevi». Forse le lacrimucce che un po’ ci riguardano hanno cominciato a scendere in questo momento. Quel tipo era Dario Fo.


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