Hollande, marcia trionfale per le strade di Timbuctù

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PARIGI — «Ho appena vissuto la giornata più importante della mia vita politica», dice Hollande alla fine della visita. Dopo ore passate a stringere mani e benedire neonati chiamati «Franà§ois», tra improvvisati bagni di folla incubo degli agenti di sicurezza e regali più o meno trasportabili — il maggiore è un cammello, a Timbuctù — Franà§ois Hollande ha concluso in serata il suo viaggio trionfale nel Mali liberato per adesso dalla minaccia islamista con un discorso molto atteso a Bamako, la capitale.
«Vi parlo, amici maliani, qui nella piazza dell’Indipendenza, che celebra la vostra vittoria sul colonialismo. Che questo sia il momento di una seconda indipendenza, stavolta dal fanatismo, dall’intolleranza, dal terrorismo», ha proclamato il presidente francese in un discorso breve e solenne, in cui ha voluto allontanare dalla Francia i sospetti di neocolonialismo e chiarito che le truppe francesi resteranno in Mali lo stretto necessario, qualche settimana ancora per poi passare alle forze africane la responsabilità  della lotta allo jihadismo nel Nord del Paese. «Paghiamo oggi il nostro debito nei vostri confronti», ha aggiunto Hollande riferendosi al lungo periodo di dominazione francese, dal 1895 al 1960.
La visita lampo tra la folla esultante e riconoscente entra ormai nel rito dei recenti interventi rapidi occidentali: Il 15 settembre 2011 il predecessore di Hollande all’Eliseo, Nicolas Sarkozy, e il premier britannico David Cameron ricevettero un’accoglienza simile, da eroi, nella Bengasi sottratta sei mesi prima a un sicuro massacro grazie ai raid anglo-francesi. Poi la Libia è sprofondata nel caos finendo per diventare un santuario per le bande armate di jihadisti che hanno dilagato in seguito nel Nord del Mali. «La missione in Libia era giusta ma è stato gestito male il dopoguerra», diceva ancora qualche giorno fa Hollande all’Eliseo.
Le prossime settimane diranno se Bamako avrà  un destino diverso da Tripoli, intanto però ieri Hollande è andato in Mali per incassare i benefici dell’innegabile successo militare in questa prima fase.
Il 10 gennaio la Francia era intervenuta per evitare che anche il Sud del Mali cadesse nelle mani dei ribelli islamisti del Nord: quel primo obiettivo è stato raggiunto, e inoltre le truppe francesi e maliane hanno ripreso possesso delle tre città  strategiche del Nord, Gao, Kidal e Timbuctù, con un solo caduto francese, il pilota di elicottero Damien Boiteux morto il primo giorno della missione (il presidente maliano Dioncounda Traoré gli ha reso omaggio, nel discorso a Bamako). A Timbuctù, «la città  misteriosa», Hollande è stato accolto da liberatore, tra canti, tam tam e bandiere francesi. Per dieci mesi la città  è stata sottoposta a un’interpretazione particolarmente stretta della sharia, la legge islamica, dai miliziani jihadisti, con amputazioni, lapidazioni e punizioni corporali per donne vestite in modo giudicato indecente o uomini che osavano fumare.
Il rischio, però, è che adesso si scateni la vendetta dell’etnia nera, maggioritaria nel Sud, contro i tuareg autonomisti del Nord e chiunque abbia le pelle un po’ più chiara. Venerdì l’Onu ha lanciato un appello all’esercito del Mali affinché protegga «l’insieme della popolazione maliana», dopo le notizie di esecuzioni sommarie a danno di tuareg e arabi. Per questo Hollande ieri si è rivolto alle truppe: «Siate esemplari, dovete rispettare i diritti dell’uomo, non si ripara un’ingiustizia con un’altra ingiustizia». Tornato Hollande a Parigi, adesso comincia la seconda fase: rafforzare le conquiste mettendole al riparo dalla futura, probabile guerriglia jihadista.


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