Bankia, salvata dallo Stato lascia in ginocchio gli azionisti

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BARCELLONA. Le azioni della banca più emblematica della crisi spagnola, Bankia, praticamente sono carta straccia. Ieri mattina valevano quasi la metà  del loro valore di venerdì alla chiusura della borsa: circa 15 centesimi. Un cifra che è comunque circa 15 volte superiore a quanto il Frob (Fondo de Reestructuracià³n Ordenada Bancaria, un fondo pubblico creato nel 2008 per gestire i processi di ristrutturazione del credito) aveva fissato proprio venerdì dopo la chiusura delle borse: circa un centesimo. La valutazione minima, imposta dall’Unione europea, cancellerà  gli investimenti di oltre 400mila spagnoli che hanno acquistato i titoli nel 2010-11.
Bankia, una entità  bancaria nata nel dicembre 2010, per volontà  del governo socialista di Zapatero, dalla fallimentare fusione degli istituti più colpiti dalla crisi, non è una banca qualunque. Tecnicamente, sarebbe in fallimento, ma grazie al doppio intervento dello stato, si mantiene in coma assistito. Per non staccare la spina, il governo spagnolo è intervenuto prima assieme a un fondo di riscatto europeo con circa 25 miliardi di euro e in un secondo momento facendo assorbire quasi altrettanti miliardi di euro di «passivi tossici» (cioè di crediti immobiliari, in sostanza appartamenti e terreni che valgono una frazione di quello che valevano durante la bolla immobiliare) dalla «banca cattiva»: il Sareb. Il Sareb è il coniglio del cappello di Mariano Rajoy e del suo ministro dell’economia De Guindos per socializzare le perdite dell’economia finanziaria. Premier e ministro sostengono di riuscire a ottenere un beneficio negli anni a venire. Ipotesi tutta da dimostrare con i prezzi delle case che cadono in picchiata. Sareb ha comprato a spese dei contribuenti tutti i «passivi tossici» delle banche per pulire i loro budget. In un paese in cui centinaia di famiglie al giorno vengono cacciate di casa e dove circa sei milioni di case vuote.
«Nel caso Bankia ci sono fattori strutturali e un importante fattore congiunturale», spiega l’economista galiziano Victor J. Montes Pià±eiro. «Il fattore strutturale più importante è che il suo azionista principale, e cioè lo stato attraverso il Frob, dice che sostanzialmente le sue azioni non valgono nulla. A questo si aggiunge che sempre venerdì è stato deciso che i titolari di partecipazioni preferenti (un prodotto finanziario complesso venduto fraudolentemente in maniera massiccia dalle banche a persone non in grado di intenderne i rischi, ndr) ricevono una doppia fregatura. Primo, perdono la metà  del valore dei loro risparmi. E secondo, che quello che resta si converte in azioni bancarie, che, per Bankia come per altri istituti salvati, sono azioni che non valgono più nulla. E poi c’è un fattore congiunturale: la folle gestione della crisi cipriota penalizza i mercati europei e soprattutto il settore finanziario. Di fatto sono due facce della stessa medaglia: penalizzare i risparmiatori per salvare le banche».
In Galizia il problema delle preferentes è particolarmente sentito: la popolazione è anziana e molto risparmiatrice, e la principale banca che le ha vendute, Novagalicia Bank (altro zombie finanziario riscattato dallo stato), occupa ancora oggi circa il 45% del mercato.


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