Grillo sfida Bersani sui rimborsi «Rinunci come noi, basta una firma»

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MILANO — Acque sempre agitate. E una nuova saetta, ancora contro il Pd. Dopo il no alle alleanze ribadito anche domenica sera, Beppe Grillo torna a provocare il segretario dei democratici Pier Luigi Bersani. «Il Movimento 5 Stelle rinuncia ai contributi pubblici, previsti dalle leggi in vigore, per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici e non richiederà  né i rimborsi per le spese elettorali, né i contributi per l’attività  politica», conferma il leader, specificando che si tratta di oltre 42 milioni di euro. Poi punge: «Il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il pdmenoelle al quale spetta la quota più rilevante: oltre 48 milioni di euro (al pdl «solo» 38) — scrive Grillo —. Non è necessaria una legge, è sufficiente che Bersani dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà  di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma. Per facilitare il compito ho preparato il documento che Bersani può firmare per ufficializzare il rifiuto. Bersani, firma qui! Meno parole e più fatti». Per enfatizzare il messaggio, il capo politico del movimento lancia anche un nuovo hashtag (#BersaniFirmaQui), che impazza su Twitter. E trova anche la sponda del sindaco di Bari, Michele Emiliano, che commenta «#ScaccodiGrilloaBersani: chiede di firmare documento per rifiutare 48milioni euro rimborso spese elettorali. Se non firmiamo siamo finiti».
Sempre sul blog ieri Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, ha liquidato le proposte dei democratici: «Devo riconoscere che gli 8 punti del Pd sono acqua calda». E ancora: «Fa bene Grillo a non accettarli; sarebbe un suicidio». Ma il braccio politico dei Cinque Stelle ora passa dal web al Parlamento, dove ieri i neoeletti hanno fatto il loro ingresso. «Chi va fuori da quello che ha firmato è fuori», ha subito precisato Vito Crimi, capogruppo in pectore al Senato, conversando con i cronisti a Palazzo Madama a proposito della rinuncia volontaria a parte dello stipendio da parlamentare. Fuori discussione anche la fiducia dei Cinque Stelle al Pd: «Non ci sarà  assolutamente, lo escludo categoricamente», dichiara la capogruppo a Montecitorio Roberta Lombardi. E aggiunge: «Se qualcuno deciderà  di farlo sarà  fuori dal movimento». Sempre Crimi ha parlato di eventuali incarichi. La presidenza di una Camera? «Se vogliono darcela, noi diciamo grazie». E analizza: «Ci aspettiamo un questore e un vicepresidente alla Camera e un questore e un vicepresidente al Senato». Le eventuali scelte, annuncia, saranno vagliate insieme a tutti i parlamentari, ma senza consultazioni online: «Sono fasi delicate. Per adesso faremo una riunione interna».
Intanto, ancora polemiche per Lombardi. Vanity Fair ha pubblicato alcuni commenti — che risalgono a quattro anni fa — della capogruppo alla Camera. «Grillo è supponente», «il suo metodo mi fa schifo», «il Movimento nasce monco», affermava l’esponente Cinque Stelle. Che ora replica: «So benissimo quello che ho scritto, sono stata smentita nei fatti negli anni successivi da Grillo e Casaleggio». E un plauso al leader arriva anche da Marco Pannella. «Il voto per Beppe Grillo — dichiara il leader radicale — è stato l’unico voto libero, di dissenso che nelle scorse elezioni si poteva ragionevolmente esprimere a livello di massa, ed è un voto che non è stato determinato dall’online, come dicono tutti».
Emanuele Buzzi


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