Il Csm: Ingroia va trasferito ad Aosta

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ROMA — Lo ammettono pure loro che mandare Ingroia ad Aosta come giudice, e per giunta in soprannumero, «suona come punitivo ». Ma al Csm si trincerano dietro la legge. Decisione «obbligata ». Presa assieme dai togati di sinistra Roberto Rossi, di centro Casella e i laici di centrodestra Marini e Romano. Un’alleanza singolare anti-Ingroia. L’ex procuratore aggiunto di Palermo, che non è riuscito a portare in Parlamento Rivoluzione civile, scaduta l’aspettativa elettorale con l’insediamento delle nuove Camere, viene indicato per l’unica città  dove non si era candidato.
Lui, Antonio Ingroia, reagisce al telefono con l’ironia di sempre: «Siccome non so sciare…, ma almeno in estate potrei fare delle belle passeggiate». Poi la reazione formale: «Quando il Csm mi comunicherà  ufficialmente la decisione, solo allora deciderò che fare ». Ancora: «Non posso fare una scelta del genere prima che sia presa». Chiude: «La decisione era prevedibile». Si coglie amarezza nella sua voce. Ma non vuole assolutamente anticipare se alla fine, con un’azione disciplinare addosso e la prospettiva di fare il giudice in soprannumero ad Aosta, l’opzione non sarà  quella di lasciare la magistratura per proseguire l’avventura di Rivoluzione civile.
Ma era effettivamente inevitabile la decisione del Csm? E come si spiegano le due astensioni di Alessandro Pepe (Magistratura indipendente) e Alberto Liguori (Unicost) con cui alla fine è passata la pratica? Dice Roberto Rossi, presidente della terza commissione per i trasferimenti: «Abbiamo rispettato la legge. La scelta era obbligata. Anche se l’avessimo chiamato le conclusioni non avrebbero potuto essere differenti». Le astensioni sono il segno di una polemica? La divergenza riguarda la possibilità  di mandare Ingroia almeno a fare il pm. Rossi lascia pochi spazi: «La legge dice che bisogna cambiare città  e la circolare del Csm che si deve anche mutare funzione. I precedenti vanno in questa direzione». Non è d’accordo Antonello Racanelli di Mi: «Ho perplessità  giuridiche sulla proposta di mandare Ingroia ad Aosta come giudice in soprannumero. Poteva essere ricollocato come pm». E su questa via più “morbida”, e che non butta alle ortiche l’esperienza d’inquirente di Ingroia, si può cogliere al Csm più di favorevole. La decisione del Csm fa registrare solo la nota del “nemico” Marcello dell’Utri: «Ha sbagliato. Non poteva, né doveva candidarsi. È un magistrato inquirente, con un potere enorme, che ha perseguitato dei politici. Alla fine ha tolto la maschera».
È improbabile che la decisione assunta in commissione possa cambiare nel plenum. Adesso se ne riparla a metà  aprile, quando sarà  pronta la motivazione della scelta. Ingroia vuole aspettare quel giorno per dare la sua risposta, senza anticipare quale sarà  la scelta della sua vita, se restare magistrato e andare ad Aosta, o se chiudere la carriera e darsi alla politica. In entrambi i casi la strada per Ingroia è in salita. Come magistrato gli si prospetta una carriera che non sarebbe paragonabile a quella che aveva a Palermo, e per giunta con i processi disciplinari addosso. Ma sul fronte politico resta la sconfitta di Rc, il suo sfaldamento (via De Magistris e Di Pietro, freddo Diliberto), anche se Ingroia ora punta tutto sulla società  civile e considera un errore aver imbarcato i partiti.


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