L’attacco filippino alla Malesia

Loading

Da qualche giorno una regione della Malesia orientale si trova in una situazione prima bizzarra che sta rapidamente diventando preoccupante e violenta. Nelle ultime ore il governo della Malesia ha lanciato un attacco aereo e alcuni colpi di mortaio contro circa 200 filippini che hanno occupato un piccolo villaggio costiero dell’isola del Borneo, che è divisa politicamente tra la Malesia e il Brunei: sono membri di un esercito privato provenienti dalla provincia di Sulu, nelle Filippine.

Sono sbarcati il 12 febbraio in un villaggio del distretto malese di Lahad Datu, guidati dal fratello del sultano di Sulu, Jamalul Kiran III. Il piccolo esercito è formato da musulmani del clan dei Kiran e si è definito “Esercito Reale di Sulu”. Una volta sbarcato in Malesia ha rivendicato la sovranità  dell’intera regione del Sabah, che durante il Diciannovesimo secolo, prima di essere protettorato britannico, era appartenuta per secoli al sultanato di Sulu.

La vicenda era stata considerata inizialmente come un’azione isolata e innocua di un piccolo gruppo di filippini: il governo malese aveva cercato di convincere gli “occupanti” ad abbandonare il villaggio promettendo che non ci sarebbero state serie conseguenze per la loro azione. Col passare dei giorni, però, e col rifiuto dei militari di ritirarsi, la situazione è diventata sempre più tesa e delicata. «Il governo deve rispondere con azioni appropriate per proteggere l’orgoglio e la sovranità  nazionali che la nostra popolazione ci richiede», ha detto oggi il primo ministro malese dopo l’inizio dell’attacco.

Durante le scorse settimane la tensione tra il governo centrale malese e il gruppo armato filippino era aumentata molto. Negli scontri a fuoco che avevano seguito il rifiuto dei filippini di ritirarsi erano morti 8 poliziotti malesi e 19 filippini.

Il 5 marzo, di fronte all’impossibilità  di trovare una soluzione all’intricata vicenda, il primo ministro malese ha ordinato un attacco aereo e uno di terra contro il villaggio dove si sospettava che i filippini fossero ancora rifugiati. Il capo della polizia malese, Ismail Omar, ha detto che l’attacco non ha causato feriti tra le forze di sicurezza malesi, ma non ha dato ulteriori dettagli sui danni inflitti ai filippini. L’esercito filippino armato di fucili e lanciagranate, tuttavia, si è rifiutato di abbandonare il distretto di Lahad Datu, e secondo il suo portavoce, Abraham Idjirani, il leader dei filippini si sarebbe salvato e avrebbe parlato al telefono con il fratello Jamalul Kiran. Sempre secondo Idjirani, il gruppo degli occupanti aveva già  abbandonato il villaggio una volta iniziati i bombardamenti.

L’occupazione del villaggio del Lahad Datu da parte dell’esercito privato filippino sta mettendo in forte imbarazzo il presidente delle Filippine, Benigno Aquino III. Il ministro degli Esteri filippino, Albert del Rosario, ha incontrato a Kuala Lumpur la sua controparte malese, dissociandosi dalle rivendicazioni del gruppo di Kiran. Nel frattempo, però, sembra che un numero non precisato di filippini armati abbia invaso altri distretti nel raggio di 300 chilometri dal distretto di Lahad Datu, complicando ancora di più una soluzione rapida dello scontro.

Le incursioni da parte di vari gruppi filippini in territorio malese non sono un evento nuovo. Sfruttando la facilità  di trasferimento da una costa all’altra, determinata soprattutto dalla vicinanza dei due paesi, in passato gruppi ribelli filippini erano entrati nello Stato di Sabah. La zona del distretto di Lahad Datu sulla costa malese è infatti considerata una base per l’azione di diversi gruppi di militanti islamisti che provengono dal sud delle Filippine. Alcuni di questi gruppi sfruttano la facilità  di trasferimento da una costa all’altra per portare a termine attività  criminali, tra cui il sequestro di turisti stranieri.

Nelle Filippine il conflitto tra governo e ribelli sulla questione dell’indipendenza della regione a maggioranza musulmana, il Mindanao, esiste da 40 anni e ha causato più di 120mila morti. Il 7 ottobre scorso il governo filippino e il Moro Islamic Liberation Front (MILF), il gruppo ribelle islamico più grande del paese, hanno firmato un accordo di pace per la creazione di una regione autonoma nell’arcipelago a sud delle Filippine entro il 2016. Questa regione, che coinciderà  con il territorio dell’attuale Mindanao, si chiamerà  Bangsamoro. Quello che sta succedendo in questi giorni potrebbe bloccare per l’ennesima volta l’attuazione dell’accordo, e potrebbe creare le condizioni per nuove violenze nel paese tra secessionisti musulmani e governo centrale filippino.

Un aumento delle violenze potrebbe avere conseguenze negative anche per la Malesia: le prossime elezioni nazionali si terranno a giugno, quando la coalizione di governo, il Fronte Nazionale, dovrà  riottenere i voti dello Stato di Sabah per non farsi superare dall’opposizione.

Foto: MOHD RASFAN/AFP/Getty Images)


Related Articles

Un tratto di penna al Cremlino E la Crimea cambia bandiera

Loading

A Mosca la firma del trattato per l’ingresso della Crimea nella Federazione Soldato ucraino ucciso a Sinferopoli. Kiev: crimine di guerra

Demir­tas entra a Cizre. Testimonianza di avvocata italiana: «È assedio e strage»

Loading

Il lea­der del Par­tito demo­cra­tico dei Popoli (Hdp) Sela­hat­tin Demir­tas è entrato a Cizre ieri mat­tina. Hanno avuto effetto gli appelli del Con­si­glio d’Europa alle auto­rità tur­che

Esecuzioni di massa in rete: parte la jihad dei video

Loading

Uomini deportati, a mani legate: la strategia del terrore nei filmati dei guerriglieri sunniti «E i soldati disertano per paura»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment