Chiuse le consultazioni «lampo» Favorito Amato, ma c’è anche Letta

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ROMA — Consultazioni lampo quelle di Giorgio Napolitano. Una giornata intensa, cominciata con gli incontri con i presidenti di Senato e Camera (Grasso e Boldrini), e conclusa alle 20.15 dopo avere ascoltato per oltre un’ora mezzo la delegazione del Pd, l’ultima a salire al Quirinale. Che i tempi indicati dal capo dello Stato fossero stringenti lo si era già  capito in mattinata quando è stato reso noto il calendario e l’appuntamento chiave, appunto con la delegazione dei «democrat» guidata dal vicesegretario Enrico Letta, rischiava di sovrapporsi alla riunione della Direzione del Pd fissata alle 17. Alla fine, però, il partito di Pier Luigi Bersani, probabilmente per non fare uno sgarbo al presidente, ha anticipato il proprio meeting.
Il quadro è abbastanza chiaro al punto che con tutta probabilità  il conferimento dell’incarico avverrà  in mattinata e a riceverlo da Napolitano potrebbe essere Giuliano Amato, personalità  sulla quale lo stesso capo dello Stato aveva puntato tempo addietro quando aveva fatto trapelare di considerarlo il suo naturale successore. Se sarà  lui (o Enrico Letta) lo capiremo stamani. Certo è che Amato — già  premier nel 1992 e nel 2000 — è candidato a guidare un esecutivo di grande coalizione. Che la formula sia quella — in verità  indicata da Napolitano nel suo discorso di insediamento — lo ripetono il Pdl, Scelta Civica e il Pd. «Aspettiamo che Napolitano conferisca l’incarico — argomenta Silvio Berlusconi — e a quel punto cercheremo di dare il maggior sostegno possibile al presidente incaricato». Il Cavaliere, che avrebbe suggerito proprio Amato, ribadisce che l’Italia ha bisogno di «un governo forte che possa prendere provvedimenti importanti e che non sia un governo di passaggio, ma duraturo e fondato su un accordo tra le forze democratiche in campo». Caratteristiche, queste, riproposte anche da Scelta civica. Il coordinatore Andrea Olivero vorrebbe «un’equilibrata presenza di genere e un grande cambiamento nella cooperazione tra le forze politiche» per consentire di «approvare le riforme indicate dai dieci saggi e dal capo dello Stato». Olivero non fa nomi, si rimette a Napolitano, cosa che fa anche il Pd. Enrico Letta afferma che il suo partito intende «concorrere alla nascita di un governo sulla scia delle indicazioni espresse dal Presidente alle Camere». Letta auspica che tra le priorità  ci siano alcuni punti essenziali: misure contro la crisi economica e sociale e cambio di linea dell’Unione europea e poi, sul terreno istituzionale, avvio della riforma della Costituzione che preveda la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle Province, la fine del bicameralismo perfetto e una nuova legge elettorale.
Che fosse il Dottor Sottile l’uomo sul quale si stava concentrando l’attenzione di Napolitano lo si era potuto capire dalle parole di Roberto Maroni: «Siamo all’opposizione, non siamo interessati a partecipare al governo, ma auspichiamo che nasca subito e sia un governo a guida politica, l’unico che può dare risposte alle emergenze». Eppure il Carroccio (assieme al Pdl, Scelta civica e al Pd) aveva votato lo stesso Napolitano, ponendo un veto sul nome del Dottor Sottile. E, infatti, tale opposizione Maroni la ripete: «Un governo a guida Amato o Monti avrebbe il no pregiudiziale della Lega». Il capo padano precisa che «abbiamo fatto presente che comunque sarebbe impossibile un nostro sostegno se l’incarico venisse dato a Giuliano Amato o a chi secondo noi rappresenta un governo tecnico come Monti».
All’opposizione del futuro esecutivo anche Sel e il M5S. Nichi Vendola esclude di partecipare al governissimo ma «è pronto a sostenere tutte le scelte che vanno nella direzione del cambiamento». Vito Crimi (M5S) annuncia che il movimento «avrà  un ruolo di opposizione seria e matura che non vota contro per partito preso, ma di volta in volta se il bene centrale e primario sarà  l’interesse dei cittadini». Intanto, però, Roberta Lombardi rivendica le commissioni di controllo (Copasir e Vigilanza Rai) «perché siamo l’unica forza di opposizione».
Lorenzo Fuccaro


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