ECONOMIA TRASLOCATA

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Ieri il presidente della Banca centrale europea ha annunciato che l’Europa sarà  in recessione per i primi sei mesi di quest’anno, che la crisi morde anche il centro del continente e che la sua politica non cambierà : moneta (relativamente) facile – soprattutto per le banche pericolanti – e austerità  senza tregua: spesa pubblica da tagliare, liberalizzazioni da fare, salari da abbassare. È qui – non a Bruxelles, non a Roma – il centro della politica, e non solo economica: è stato Draghi a avvertire ieri gli speculatori a non sottostimare il «capitale politico» investito in Europa sull’euro.
Se a Roma si ha la sensazione che la politica sia evaporata, l’International Consortium of Investigative Journalists ci ha ufficialmente informato che l’economia ha traslocato. Non è più nella Milano «capitale morale», nel triangolo industriale, nella Terza Italia dei distretti, nei palazzi romani delle grandi imprese ex pubbliche. Si è trasferita lontano dai lavoratori e dal fisco, nientemeno che nel «paradiso»del capitalismo.
Ci sono qui 100 mila persone, i ricchi di 170 paesi, 120 mila imprese, il cuore dell’economia mondiale. Per i poveri mortali della Ue, vuol dire 1000 miliardi di euro di minori entrate fiscali e molti milioni di posti di lavoro in meno. Per i super-ricchi vuol dire ripulire capitali illegali, profitti esentasse, scatole cinesi delle proprietà  aziendali, sfuggire a ogni regola della pur sregolata finanza.
In quest’élite del capitalismo da pescecani sono 200 i nomi (e i prestanome) italiani, che potremo leggere presto – ma la maggior parte li conosciamo già , senza dover aspettare le rivelazioni di «Offshoreleaks». Come sappiamo già  che quest’élite ha in mano gran parte del paese: i dieci italiani più ricchi – ce lo dicono i dati Banca d’Italia – posseggono una ricchezza pari a quella dei tre milioni di italiani più poveri.
Una geografia messa sottosopra, una politica spaesata, un potere impermeabile alla democrazia, l’aristocrazia che concentra le ricchezze, i ricchi al di sopra della legge: la «terza repubblica» ci sta riportando all’ancien régime.
Contro questo vuoto, questa cancellazione di ogni democrazia, una proposta concreta l’ha avanzata Giulio Marcon sul manifesto di venerdi scorso: una grande piazza, o cento piazze, per raccogliere e rendere visibile l’Italia che vuole cambiare rotta, che non si arrende a questa deriva feudale. La data giusta potrebbe essere il 25 aprile.


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I politici sono liberi? Non solo «liberi di», ma anche «liberi da»? Vien da chiederselo, a proposito del sistema-Sesto di «sfruttamento della funzione pubblica a fini di arricchimento privato e di illecito finanziamento alla politica», sia nel caso non abbiano torto i pm a ritenere gli imprenditori sotto scacco dei politici (concussione), sia se invece faccia bene il gip a propendere per tangenti chieste e date su un piano di parità  (corruzione), sia se abbia ragione il pd Penati a sfrondare qualunque profilo corruttivo dai suoi rapporti con gli imprenditori che ora lo accusano.

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