Le cinque chiamate misteriose dal telefonino del consigliere di Astana

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ROMA — Il 31 maggio scorso, quando Alma Shalabayeva e sua figlia Alua erano già a Ciampino per essere rimpatriate, i diplomatici kazaki dissero che avrebbe chiamato il capo di gabinetto del ministro. «Ci sono problemi relativi alla sicurezza, dobbiamo chiamare Procaccini», spiegarono ai poliziotti presenti. La circostanza apre nuovi e clamorosi interrogativi nella vicenda relativa all’espulsione della donna e della bambina. Perché finora è sempre stato negato che lo staff del ministro avesse seguito le ultime fasi dell’operazione. In realtà Procaccini lo smentisce categoricamente anche adesso: «Quel giorno non ho parlato con nessuno e non ho saputo nulla che riguardasse le due donne. Io ero soltanto stato informato del blitz». Sono cinque le telefonate partite dal telefonino del consigliere di ambasciata Nurlan Khassen, dunque bisognerà scoprire con chi parlò. Una circostanza che forse potrà essere accertata dalla procura di Roma che ha già deciso di acquisire la relazione del capo della polizia Alessandro Pansa e tutti i documenti allegati.
Il dettaglio emerge dalla ricostruzione effettuata incrociando le testimonianze di chi era presente quel giorno. Era stato proprio Khassen a proporre al dirigente dell’ufficio Immigrazione della questura di Roma Maurizio Improta l’utilizzo di un jet privato di una compagnia austriaca. La procedura decisa prevedeva l’imbarco delle due donne su un volo diretto a Mosca con la scorta di cinque poliziotti, come prevede la prassi, e il successivo imbarco sulla coincidenza per Astana. Improta lo ha spiegato nei dettagli anche nelle relazioni di servizio: «Khassen mi chiese quanto tempo occorreva e io gli spiegai che sarebbero occorsi almeno dieci giorni. A quel punto mi propose di utilizzare un loro velivolo e perché non c’era alcuna controindicazione, visto che la legge parla soltanto di “mezzo idoneo”, ritenemmo di poter procedere in questo modo».
E alle 13 il velivolo era già pronto in pista. La signora e la bambina arrivano scortate dai poliziotti. Ci sono numerose formalità da sbrigare, i tempi non sono brevi. All’interno dello scalo c’è anche il consigliere, accompagnato dal console Yerzhan Xessirrepov. I presenti dicono che «si mostrava spaventato, diceva che aveva paura di essere aggredito dagli uomini di Mukhtar Ablyazov che poteva arrivare armati per liberare la moglie e la figlia. Chiedeva di poter avere una saletta appartata all’interno dell’aeroporto. Ci disse anche che aveva perplessità sull’aereo: “Vogliamo essere sicuri perché i nostri servizi non l’hanno controllato”».
Proprio in quel momento, racconta chi c’era, «Khassen tirò fuori il biglietto da visita di Procaccini e disse che l’avrebbe chiamato». Il diplomatico fa quattro tentativi e mostra il cellulare. Al quinto si allontana per parlare. Ha davvero contattato qualcuno del gabinetto? È riuscito a parlare con qualcuno che si trovava in quell’ufficio del Viminale per manifestare i propri timori? O forse voleva fare pressione affinché ci fosse un’accelerazione nelle procedure?
Dopo il via libera al rimpatrio e la convalida del provvedimento di trattenimento nel Centro d’accoglienza di Ponte Galeria, era stata infatti interrotta la procedura, come chiarisce proprio Improta nella sua relazione di servizio. «Nel pomeriggio il dirigente della squadra mobile mi comunicava di bloccare le operazioni di rimpatrio delle straniere su disposizione della Procura della Repubblica di Roma in quanto, in seguito a un’istanza prodotta dai legali della signora, erano stati disposti ulteriori accertamenti». Verifiche che però non consentono evidentemente di scoprire che la donna fosse la moglie di un dissidente e dunque che non doveva in alcun modo lasciare l’Italia.
Scrive infatti Improta: «Alle 17 perveniva una nota della Procura firmata dal sostituto dottor Albamonte e vistata dal procuratore capo dottor Pignatone con la quale si confermava ufficialmente il nulla osta al rimpatrio della cittadina kazaka. Nonostante questo chiesi al dirigente della squadra mobile di rappresentare la situazione al tribunale per i minorenni, richiedendo una formale autorizzazione anche per il rimpatrio della bambina con riaffidamento alla madre. Ottenuta anche questa ulteriore autorizzazione al rimpatrio, le autorità diplomatiche della Repubblica del Kazakhstan, si è deciso di accompagnare sia la madre che la figlia presso l’aeroporto di Ciampino ove, espletate le formalità di frontiera, venivano affidate alle autorità consolari kazake».
Alle 17.30 il volo decolla. Alma Shalbayeva e la bimba vengono portate direttamente ad Astana. Alle 15 la donna avrebbe dovuto incontrare presso il Cie l’avvocato Riccardo Olivo. Al legale viene comunicato invece che è già in viaggio verso il suo Paese e a quel punto si decide di chiedere formalmente assistenza alla Farnesina. Una mail con la ricostruzione dell’accaduto viene inoltrata quella stessa notte direttamente allo staff del ministro Emma Bonino. Ma è già troppo tardi.


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