Mose, fondi neri e appalti truccati Quattordici arresti

Loading

VENEZIA — Puntuale come un balzello, il malaffare affiora anche dalla grande opera che dovrebbe salvare Venezia: il Mose, cioè quel sistema di paratoie mobili progettato per difendere la città lagunare dalle acque alte. E hanno iniziato proprio dalla prima pietra, cioè da quei sassi «da annegamento» che vengono posati sul fondo come basamento della struttura. Centinaia di fatture false, fondi neri, società estere e ora anche appalti pilotati che però riguardano altri interventi di salvaguardia, come lo scavo dei canali portuali di grande navigazione. Risultato: un centinaio di indagati, 7 arresti e 7 obblighi di dimora. 
Al centro dell’indagine della procura lagunare, il Consorzio Venezia Nuova, un colosso industriale costituito da una cinquantina di grandi imprese di costruzione e cooperative nonché concessionario unico del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, nato per mettere in sicurezza il capoluogo veneto. E con il Consorzio il suo presidente storico, Giovanni Mazzacurati, ingegnere ottantunenne padre del regista Carlo. Mazzacurati, che si è dimesso dall’incarico lo scorso 28 giugno dopo vent’anni di timone, è finito ai «domiciliari» con i suoi uomini più fidati: il consigliere Pio Savioli e il collaboratore personale Federico Sutto. Tutti accusati di turbativa d’asta per la vicenda degli appalti dell’Autorità portuale: tre gare per un totale di circa 15 milioni di euro (denaro pubblico), vinte l’anno scorso da un’associazione temporanea di imprese (Ati) «a seguito di un accordo spartitorio tra il legale rappresentante della capogruppo Lmd spa (Roberto Boscolo Anzoletti, ai domiciliari anche lui, ndr) e Mazzacurati», scrive il gip Alberto Scaramuzza nelle 59 pagine di ordinanza che hanno portato ieri a 140 perquisizioni. Secondo il giudice il potente ingegnere ha usato «metodi collusi, minatori e fraudolenti per influire sulle scelte economico gestionali delle imprese al fine di alterare il gioco della libera concorrenza». Insomma, un deus ex machina temuto e rispettato. Anche il suo difensore, l’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli, riconosce che «le imprese che gravitano nel veneziano sono abituate a fare riferimento al mio cliente». La Guardia di Finanza l’ha intercettato per mesi. Da una delle tante telefonate con Savioli emerge il suo interventismo sulle gare: «Pio, il Coveco ha fatto l’offerta su quella gara… ci si era impegnati ad agire in un certo modo… hai fatto un trucco e mi puoi anche far passare per scemo… mi crei un problema gigantesco quattro minuti prima della chiusura».
Fin qui, il filone «appalti». Ma l’indagine che promette scintille è quella dei fondi neri all’estero e dei «sassi» del Mose (il Consorzio Venezia Nuova dice di essere estraneo a tutte le contestazioni). Su questa vicenda indagano separatamente due magistrati, Paola Tonini e Stefano Ancilotto, i quali battendo piste diverse stanno arrivando allo stesso risultato, che potrebbe toccare altri centri di potere e altre grandi opere, delle quali il Mose ha comunque il primato: 5,5 miliardi di euro versati dallo Stato a contratto chiuso. Per il momento, l’inchiesta di Tonini ha solo lambito il Mose, con i fondi neri scovati in Austria e creati dalla società che ha acquistato le pietre della laguna: la San Martino di Chioggia. Grazie al contenuto di una chiavetta Usb tenuta da una segretaria si è scoperto infatti che il prezzo contabilizzato (circa 22 milioni) non è quello reale (circa 17), con una sovrafatturazione di circa il 25%. La differenza, circa 5 milioni, sarebbe stata versata ad una società cartiera austriaca, la Istra Impex di Villach, a un passo dal confine, creata dagli stessi titolari della San Martino. «Fondi neri», hanno concluso gli inquirenti. Domanda: destinati a chi? «Non lo sappiamo ancora».
Parallelamente, la stessa forma di pagamento ma con soggetti diversi è stata scovata dal pm Ancilotto che sta indagando sulla Mantovani, il gruppo veneto delle costruzioni capace di aggiudicarsi opere del calibro del Passante di Mestre, del Terminal di Porto Levante, fino alla piattaforma dell’Expo di Milano 2015, oltre naturalmente al Mose. Per questa vicenda a febbraio sono finiti in carcere, fra gli altri, Claudia Minutillo, ex segretaria dell’ex ministro Giancarlo Galan, e Piergiorgio Baita, sessantaduenne presidente e socio della Mantovani, uno dei manager più influenti del Veneto. Baita è indagato anche da Tonini, la quale aveva chiesto per lui il carcere che il gip ha però rigettato. «Si è già dimesso da tutti gli incarichi e ha iniziato un rapporto collaborativo con l’autorità giudiziaria», precisa il giudice. Entrambi hanno infatti parlato, sono stati scarcerati e gli interrogatori secretati. Ancilotto ha avviato varie rogatorie: in Svizzera, in Canada, a Panama, dove si sospettano altri fondi neri. Dei quali si conosce l’entità elevata, milioni, ma non i destinatari.
E così, appalto dopo appalto, trucco dopo trucco, sta venendo a galla il grande sistema del malaffare veneto. E Venezia e i suoi dogi avanzano lenti e crepuscolari, come una gondola a fine corsa.
Andrea Pasqualetto


Related Articles

L’Antitrust Ue stoppa (per il momento) la fusione Bayer-Monsanto

Loading

Agrochimica Ogm. Il gigante tedesco offre 56 miliardi per la multinazionale americana: avrebbero il 70 per cento delle sementi e dell’agricoltura in vitro

Nasce Green Italia, per un’Europa verde

Loading

Green Ita­lia tiene oggi a Roma la sua assem­blea di fon­da­zione, riunisce eco­lo­gi­sti con sto­rie poli­ti­che diverse

Incendi: in cenere ogni anno un’area verde pari al lago di Garda

Loading

Dati Ispra e uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports che evidenzia un aumento senza precedenti del rischio di incendi in tutta Europa causato dal cambiamento climatico

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment