Patto con i sindaci e «rivoluzioncina» La tre giorni di Renzi

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ROMA — Matteo Renzi e la nuova Leopolda, Gianni Cuperlo e l’incontro con Enrico Letta, Pippo Civati che si «lancia». La corsa alle primarie del Pd entra nel vivo. Il sindaco di Firenze invita a cena da «Latini» (uno dei più noti ristoranti, in città) Piero Fassino, Michele Emiliano, Debora Serracchiani e Claudio Burlando, per una sorta di «patto» tra amministratori locali come ci fu ad inizio anni 90 e oggi apre la sua kermesse di tre giorni: si parte con 100 tavoli su giustizia, Europa, Expo, cultura, previdenza, con un parlamentare che si confronterà con un «antagonista». Domani interventi da quattro minuti, per dire «come immagini il domani». È il titolo dell’appuntamento: «Diamo un nome al futuro». Domenica la chiusura di Renzi, sotto lo slogan «L’Italia cambia verso» che accompagna la sua corsa: in platea anche il segretario Pd Guglielmo Epifani, il ministro Graziano Delrio, lo scrittore Alessandro Baricco, diversi manager. Il sindaco ha le idee chiare: «Cosa si fa di solito nei convegni politici? Un lungo elenco di problemi, una lamentazione da tragedia greca sulle difficoltà. Noi non ce le nascondiamo, sia chiaro. Ma non facciamo piagnistei, semmai proposte». Tra i casi citati, quello di Silvio Scaglia, ex patron di Fastweb: «È stato assolto dall’accusa di maxifrode, peccato che nel frattempo abbia fatto un anno di carcerazione preventiva». Guarda avanti, il candidato alla segreteria: «La prima cosa se vinco? Un piano per il lavoro». E poi: «In Italia serve una “rivoluzioncina”: nella burocrazia, nella giustizia, nella pubblica amministrazione, nell’establishment finanziario». Una legge elettorale che vada verso il maggioritario «è la prima cosa da fare: ora non si sa mai chi vince. Basta inciuci e larghe intese». E i rapporti coi rappresentanti istituzionali? «Letta è più tranquillo, calmo e serio. Io più radicale». L’incontro con Napolitano? «Non mi ha cazziato».
Se Renzi si muove, i suoi «sfidanti» non stanno a guardare. Gianni Cuperlo, ieri mattina, ha visto il premier. Chiacchierata più in chiave parlamentare che congressuale, tema dal quale il presidente del consiglio si tiene fuori. Equidistanza assoluta: giovedì all’Anci aveva visto Renzi, ieri Cuperlo. L’area dei «lettiani» è sparpagliata: qualcuno su Renzi, qualcuno su Cuperlo. Qualche frecciata, tra i due non manca: «Renzi? Vuole fare il sindaco, il segretario e il candidato premier. Ma tutte e tre le cose insieme non si possono fare. Poi basta domande su di lui. Se volete vi do il suo numero…». Il congresso? «Senza la sinistra non esiste il Pd». Terzo «incomodo», Pippo Civati, che apre la sua campagna: «Vincerò io. Sono più libero e più spensierato di Renzi e anche di Cuperlo, perché non sono condizionato dalle persone politiche che li circondano». E ancora, su Renzi: «Dice di voler cambiare verso, ma non spiega con quale parte politica vorrebbe farlo». Secondo Civati, invece, «serve un’ampia alleanza, da Prodi che sarà piuttosto inc…to e dovrebbe avere la tessera numero uno del Pd, a Rodotà». Ma senza larghe intese: «Non possiamo abbracciare Gasparri, o aspettare l’ultima dichiarazione di Brunetta». Ma, secondo Civati, è prioritario «recuperare il rapporto con Sel: Nichi (Vendola, ndr ), fratello mio, dove ti abbiamo lasciato?», perché «c’è un Pd fuori dal Pd, un partito intero che non ci ha votato».
Ernesto Menicucci


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