Sberle, ricorsi, denunce: il caos dei congressi pd

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ROMA — Ci sono i circoli in cui è finita a sberle, quelli in cui sono arrivate frotte di «militanti» coi pullman, altri nei quali i parenti di esponenti politici non vengono fatti iscrivere. Cronache dai congressi locali del Pd, che rimbalzano un po’ da tutta Italia.
Il primo, a denunciare possibili problemi, era stato Pippo Civati — uno dei quattro in corsa per la segreteria — che si riferiva al caso Sicilia. Poi, mano a mano, sono arrivate diverse segnalazioni: tessere gonfiate, irregolarità, veri e propri litigi, ricorsi e denunce. Una «bufera» che investe anche la Capitale, dove si affrontano Lionello Cosentino, Tommaso Giuntella, Tobia Zevi e Lucia Zabatta. In un circolo di Roma nord due esponenti locali sono stati portati in ospedale, dopo una discussione molto accesa. A Monte Mario, alla suocera dell’eurodeputato Roberto Gualtieri è stato impedito di votare: «Ci dispiace, il tesseramento è chiuso», la risposta. Nelle aziende pubbliche ci sono «movimenti» sospetti: al Cotral (società regionale dei trasporti) è arrivato un pullman con 60 persone sopra, tutte di fuori Roma, e la segretaria che doveva registrare il voto se n’è andata. Mentre all’Acea (la multiutility, quotata in Borsa, di acqua e luce) la garante ha interrotto le operazioni di voto. A Cosenza, i Giovani democratici scrivono a Renzi, denunciando «la compravendita delle tessere».
Ma episodi più o meno analoghi si registrano su e giù per la Penisola: in Puglia, a Milano, a Napoli e dintorni, nel Nord. Con i soliti «avvistamenti» di file di stranieri, o di anziani, reclutati dai Democratici.
Civati, un po’ sconsolato, assiste: «Adesso, a posteriori, se ne accorgono tutti. Purtroppo questa è una forma mentis, difficile da scalfire». Lui, l’outsider tra Matteo Renzi e Gianni Cuperlo, lo dice chiaramente: «Con i miei sono stato chiaro: se becco uno che fa queste cose, lo prendo a calci nel sedere… E poi, a che serve?». Le tessere, in realtà, portano a un risultato: la vittoria nei congressi provinciali. E qualcuno, nelle segreterie dei principali sfidanti, fa già i conti: per Cuperlo sono 49 (tra questi c’è anche Crisafulli, «disconosciuto» dal candidato segretario), per Renzi 25. Sempre Civati: «Mi sembra poco elegante questo calcolo. Ma come, non avevamo detto apposta di separare i congressi locali da quello nazionale?». Il clima è questo, un po’ ovunque: a Catania e Taranto le votazioni sono sospese, in Puglia e Campania ci sono verifiche in corso, anche a Torino ci sono state denunce. Paolo Gentiloni, renziano, vecchio lupo di mare, ne ha viste molte: «Non assolvo, anzi. Per me tolleranza zero. Ma questa deriva non è di oggi, anche se tenere il tesseramento aperto fino all’ultimo è stato un errore. Così si generano mostriciattoli : specie nel Sud, infatti, prevalgono i notabilati locali». Non è la prima volta, non sarà l’ultima: capitò anche con le primarie per il sindaco di Roma, quando vinse Marino, con le foto dei rom in fila ai gazebo. E i due principali sfidanti? Secondo Cuperlo «la metà dei votanti è con me». Per Renzi «deciderà il voto nei gazebo l’8 dicembre: sceglieranno i cittadini». Nicola Zingaretti si chiama fuori da future corse a premier: «Da anni mi candidano a tutto, ma io faccio le mie scelte da solo, spesso contro i capicorrente del Pd. Faccio il presidente della Regione Lazio, la mia attività politica e tutto il mio tempo sono concentrati su questo impegno. Quando lo avrò portato a termine valuterò. In autonomia e senza padrini politici». Massimo D’Alema ripete di «non sostenere alcun candidato premier del centrosinistra, anche perché le elezioni politiche non ci sono. Ed è probabile e auspicabile che non vi siano per un periodo prolungato, dato che siamo tutti interessati alla stabilità del governo guidato da Enrico Letta, che deve completare la sua missione realizzando gli obiettivi di riforme che si è dato. Quando verrà il momento chi vorrà candidarsi lo farà e ognuno valuterà le candidature in campo. In questo momento l’unica candidatura che sostengo è quella di Cuperlo alla segreteria del Pd». Renzi intanto pensa alla sua «rivoluzioncina»: «Terminata l’era berlusconiana — dice il sindaco di Firenze — è l’ora di una radicale riforma della giustizia che disciplini la responsabilità civile dei magistrati». Altra carne sul fuoco, nella corsa alla segreteria.
Ernesto Menicucci


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