La scissione pidiellina che fa paura ai democratici

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Ieri su Europa il direttore Stefano Menichini ha posto la questione con molta chiarezza. A suo giudizio sbaglia chi pensa che i gruppi parlamentari dei fuoriusciti guidati da Alfano renderebbero più solido il governo. Anzi: «Dalla scissione del Pdl gli verrebbe un beneficio avvelenato». Perché in questo modo Berlusconi salverebbe «capra e cavoli». Ossia, potrebbe fare la sua campagna contro il governo delle tasse, senza però andare alle elezioni, perché i transfughi terrebbero su Letta il tempo necessario per logorare il Pd.
È una preoccupazione, questa, che nutrono in molti. Paolo Gentiloni non fa mistero di pensarla così. E lo dice da giorni: «Se Berlusconi e Grillo si mettono a fare campagna contro il governo, per il Pd saranno problemi». Il segretario del Partito democratico Guglielmo Epifani ha già avuto modo di spiegare come la pensa: «Noi non accetteremo un bis del governo Monti». Già, perché questo è il rischio: che il Pd porti la croce dell’esecutivo e al momento del voto ne paghi le conseguenze.
Più ottimista il renziano Yoram Gutgeld: «Questo governo — osserva — non sta facendo niente. Nemmeno la legge di Stabilità che, diciamoci la verità, al momento non esiste, però Letta è bravissimo a galleggiare. Se ci fosse la scissione potrebbe tirarla per le lunghe meglio, è vero, ma non possiamo dimenticarci che l’otto dicembre verrà eletto il nuovo segretario del Pd: arriverà Renzi e il Partito democratico si farà sentire. Figuriamoci se Matteo gli fa fare la fine che ha fatto con il governo Monti».
Le opinioni nel Pd sono molteplici. Passeggiando lungo il Transatlantico di Montecitorio un altro esponente renziano, Angelo Rughetti, chiacchiera con un collega di partito in questi termini: «Tutto dipenderà dai numeri. Se Alfano avrà tanti parlamentari disposti ad andare con lui il governo procederà con maggiore facilità e la scissione diventerà molto più probabile. In caso contrario, non se ne andrà nessuno dal Pdl e allora per il governo vi saranno maggiori problemi». Ufficialmente il sindaco di Firenze continua a ripetere sempre le stesse frasi: «La durata del governo non dipenderà dalla scissione o meno del Pdl ma da quello che farà». E a Letta lui ha fatto sapere per l’ennesima volta che «con me segretario il governo sarà più forte, non più debole, di questo non ti devi preoccupare».
Ma in realtà è Matteo Renzi che, forse, dovrebbe preoccuparsi. Almeno stando a sentire quello che ormai Beppe Fioroni dice apertamente in Transatlantico, senza usare troppi giri di parole: «Ma non avete visto che twittando il sindaco di Firenze ha fatto una sparata sulla legge elettorale. Ci credo, ha paura. Perché sa che potrebbe esserci un sistema che renderebbe più facile ad Alfano la scissione, perché lo garantirebbe evitando il bipolarismo secco. E allora il governo andrebbe avanti almeno fino al 2015 e per il povero Renzi sarebbero guai grossi. Del resto, a Letta per primo conviene puntare su questa scissione e sulla nascita di un nuovo soggetto politico».
Ma è veramente così come dice Fioroni? Ufficialmente no, però i renziani sanno bene che una legge elettorale che consegni il Pd a percentuali intorno al 20 per cento sarebbe la fine per il loro leader. E la notizia che Enrico Letta, oggi, dovrebbe partecipare con Bersani alla presentazione del libro «Giorni Bugiardi», dei due pasdaran dell’ex segretario, Stefano Di Traglia e Chiara Geloni, non è vista come un buon segnale. Infatti lì la parte del cattivo la fa Renzi: come mai il premier avrebbe deciso di presenziare alla presentazione di quel pamphlet ?
Maria Teresa Meli


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