Su Google Tax è già braccio di ferro arriva l’imposta su smartphone e pc

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Ma il giorno dopo l’approvazione del testo in Commissione, s’incendia il dibattito sul rischio di essere i primi in Europa a varare tali norme. E la polemica divampa anche attorno ad un altro emendamento presentato sulla legge di Stabilità che rischia di aumentare la tassa Siae sulla riproduzione di opere e filmati via smartphone o tablet.
Partiamo dalla cosiddetta Web-tax, introdotta per far sì che anche le grandi multinazionali del digitale, da Google ad Amazon, versino il dovuto al fisco italiano. Oggi questo non avviene, perché grazie al vuoto normativo in materia la stragrande maggioranza delle entrate legate ai vari servizi – dall’ecommerce alla pubblicità, fino ai giochi online – viene fatturata in Paesi a regime fiscale super agevolato, Irlanda in primis. Il grimaldello per scalfire tale forma d’elusione, proposto da un emendamento di Edoardo Fanucci (Pd) votato a larga maggioranza, passa attraverso l’obbligo, per chi vende servizi online (ma anche per centri media, operatori terzi ed inserzionisti), di avere una partita Iva italiana. Non solo: il pagamento di tali servizi potrà avvenire solo tramite bonifico bancario, postale o attraverso altri strumenti «idonei a consentire la piena tracciabilità. Nel mirino ci sono le grandi multinazionali del digitale, Google in testa che, secondo stime non ufficiali, produrrebbe in Italia 700 milioni di euro (la società è anche al centro di una indagine dell’Antitrust canadese per posizione dominante). Ma la strada approvata ieri in Commissione non piace a Scelta Civica: «La Web-tax è una sciocchezza – commenta Enrico Zanetti – è incompatibile con la normativa europea». Non solo, precisa il
collega di partito Gianfranco Librandi, «Ostacola gli investimenti stranieri nel settore digitale, penalizzando imprese e consumatori». Favorevole invece l’Anica, l’associazione delle imprese cinematografiche.
Altra questione è quella dell’emendamento in discussione alla Camera che prevede la possibilità di aumentare fino al 70 per cento la tassa sull’«equo compenso» dovuta alla Siae per la riproduzione di un’opera attraverso un dispositivo digitale (smartphone, tablet, computer, hard disk). Se la norma venisse approvata (l’obiettivo è portare tale tassazione ai livelli europei) da gennaio tablet e smartphone potrebbero costare un po’ di più, ma il dibattito è accesso e del tutto aperto. A stoppare la norma anche i “renziani”, convinti che questo non sia «né il modo, né il momento».


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