Spaccatura sui conti del partito Nel Pd si apre il caso bilancio

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ROMA — Conti in rosso, casse vuote, dipendenti assunti come quadri e subito eletti in Parlamento, spese alle stelle per consulenze, investimenti pubblicitari e affissioni. Non dev’essere stato piacevole per Francesco Bonifazi, neo tesoriere renziano, spulciare il bilancio del Partito democratico. Anche per questo, come ha raccontato ieri il Corriere della Sera , avrebbe intenzione di affidare a un gruppo di professionisti una due diligence per verificare contratti e rapporti bancari . Ma nel frattempo il partito si divide, tra chi difende la gestione passata e chi chiede una svolta.
Michele Anzaldi è un deputato e dipendente del Pd (era spin doctor di Francesco Rutelli), di scuola renziana: «Bisogna stare attenti a non fare di tutta un’erba un fascio, anche perché al Nazareno molti lavorano e sodo. Ma se è vero quello che emerge dall’articolo, è gravissimo. Ma come, si va verso tempi difficili con il taglio al finanziamento, stai per dichiarare fallimento e chi se ne va fa trovare a chi arriva le casse vuote? Assume persone come dirigenti e le fa diventare deputati un mese dopo? Ma se è così, è un’azione di guerra, hanno messo le mine sulla pelle dei dipendenti che lavorano davvero e fanno sacrifici. Abbiamo fatto un lavoro immenso per unificare Ds e Margherita e poi arriva questa mazzata».
Pippo Civati, terzo sfidante tra Matteo Renzi e Gianni Cuperlo, chiede chiarezza: «Sono temi delicati e bisogna avere tutti gli elementi prima di giudicare. Per questo mi piacerebbe, senza drammi, che ci fosse una direzione nazionale per parlarne. E per proporre, per esempio, un bilancio consolidato di tutto il gruppo, che comprenda federazioni e unioni regionali». Una cosa però si può dire sin da ora: «Il primo provvedimento utile sarebbe ridurre le spese. E collegare i soldi raccolti a progetti specifici. Noi lo abbiamo fatto in campagna elettorale». Ma Civati avanza un altro argomento: «Mi piacerebbe che si parlasse anche delle Fondazioni. Vorrei capire se tutti i soggetti collegati al partito, che hanno creato Fondazioni, sono disponibili a uniformarsi alle stesse regole rigorose che ora si chiedono per i partiti».
Il tesoriere veltroniano, Mauro Agostini, che ha abbandonato la politica ed è dirigente d’azienda, non vorrebbe parlare ma una cosa la dice: «Quando abbiamo creato il Pd abbiamo fatto un lavoro splendido e abbiamo lasciato in eredità un gioiellino. Dopo? Non è mai bello criticare chi è venuto dopo di te».
Sono in molti a non avere voglia di parlare, e non per timidezza. A difesa della gestione precedente si schiera Stefano Di Traglia, già portavoce dell’ex segretario pd: «In questi anni abbiamo solo tagliato risorse. E Bersani aveva dato ordine al tesoriere Misiani che nessuno del suo staff fosse assunto. La campagna elettorale del 2013 è stata tagliata di oltre il 30 per cento rispetto al 2008. Con risultati migliori, peraltro».
Nico Stumpo, responsabile dell’organizzazione nell’era bersaniana, non ha dubbi: «Una cosa di cui sono convinto è la limpidezza dei conti». Non solo: «I nostri bilanci sono certificati da società esterne e pubblicati online. Tutte le nostre spese sono visibili». Ma non è solo la procedura a stargli a cuore: «Sono stati anni intensi, abbiamo fatto investimenti sulle infrastrutture, dalle iscrizioni on line, al circoli in rete. Investimenti che ora si trova chi è arrivato». Quanto ai dipendenti: «Non mi risulta che siano state fatte nuove assunzioni, sicuramente non a tempo indeterminato. E ricordiamoci che il Pd è nato dalla fusione di Ds e Margherita. Due soggetti politici che avevano un personale con il quale fare i conti. Difficile essere snelli con una struttura simile ereditata. In un momento di crisi, avremmo dato un buon contributo al Paese aumentando di 200 unità i disoccupati?».
Stumpo non è d’accordo nell’abolizione del finanziamento ai partiti: «Se c’era una cosa sbagliata è che venivano dati fondi in eccesso. Ma i conti di adesso del Pd dimostrano che abbiamo speso per la nostra attività politica i soldi che ci sono arrivati dal finanziamento pubblico. Se ci sono avanzi, è un problema: in quei casi sì che succedono cose strane. Invece al Pd non è successo: qui nessuno ha comprato diamanti o appartamenti per uso personale».
Alessandro Trocino


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