L’ideologo padano: discutibile allearsi con Le Pen

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MILANO — Tutto si può dire di Matteo Salvini, tranne che non abbia impresso alla Lega Nord un’accelerazione: critica serrata all’Europa in compagnia di molti dei partiti più a destra dell’Europarlamento (in testa, Marine Le Pen); spregiudicata copertura di iniziative discutibili come la pubblicazione sulla Padania degli appuntamenti pubblici della ministra all’Integrazione Cécile Kyenge o la faccia dipinta di nero in Parlamento perché «così aiutate anche noi»; impulso rinnovato alla secessione in tutti i consigli comunali con mozioni che invitano la Regione Lombardia (il Veneto era già partito) a lanciare il referendum consultivo sull’indipendenza; comprensione che sconfina nel sostegno aperto al movimento dei forconi. E, per finire, invito esplicito alla disobbedienza civile soprattutto di carattere fiscale: «Io non pago» ha proclamato Salvini sabato scorso di fronte ai caselli autostradali.
Il dubbio è che il Carroccio stia arroccandosi in un estremismo utile sì a far sognare i duri e puri, ma capace anche di allontanare gli elettori moderati che al Nord restano determinanti. Significativo per il «visti da fuori» è l’editoriale apparso ieri su La Vanguardia in occasione della visita di Roberto Maroni in Catalogna. Titolo, «Una visita scomoda». Il quotidiano sottolinea come la Lega abbia «un grandissimo interesse a identificarsi con la Catalogna e le autorità locali hanno pochissima voglia di apparire accanto a un movimento politico che chiama orango» una ministra. Sottolineando come il catalanismo sia «europeista, democratizzatore e tollerante». L’editoriale conclude ricordando che Jordi Pujol, storico leader catalano, negli anni 90 rifiutò di ricevere Bossi, «cosa di cui è andato sempre orgoglioso».
Stefano Bruno Galli, oggi in consiglio regionale lombardo, è l’ideologo della Lega, oltre che un curatore dell’opera di Gianfranco Miglio. Ecco: Miglio oggi si iscriverebbe? Galli scinde. «La Lega che cerca di radicalizzare il conflitto non tra Nord e Sud ma tra Nord e Stato centrale, a Miglio piacerebbe. Così come il ricorso alla disobbedienza civile e allo sciopero fiscale. Miglio diceva che oltre a una certa soglia, sono legittime anche le azioni piu radicali». Il problema nasce, semmai, con Le Pen: «Gli autonomisti apprezzano l’Europa in quanto sottrae sovranità agli Stati nazionali. A Le Pen non piace l’Europa… per lo stesso motivo». Del resto, sui nuovi compagni di strada, Bossi al congresso leghista di dicembre ha detto: «Attenti che alcuni obiettivi comuni non significa avere un destino comune».
Gianluca Marchi, dopo essere stato direttore della Padania , è uscito dalla Lega per fondare l’indipendenza.com : «L’ultra movimentismo di Salvini è una scelta obbligata, altrimenti il declino era segnato. Certo, l’alleanza con Le Pen è contro natura. Ed esiste anche il rischio che la Lega diventi, semplicemente, un partitino di destra». In effetti, un po’ curioso, viste le ormai antiche simpatie a sinistra del segretario. Il punto, secondo Marchi, è che Salvini non ha ancora approfondito quelli che dovranno essere i temi veri del movimento: «Mi pare che punti all’effetto flipper: la pallina che rimbalza su tanti temi per vedere se qualcosa resta attaccato in vista delle elezioni, obiettivo 4 per cento».
Chi è arciconvinto che «Miglio mai e poi mai starebbe in questa Lega» è Giancarlo Pagliarini. Già ministro al Bilancio, autenticamente federalista, «il Paglia» lasciò la Lega quando fu costretto a constatare che le parole d’ordine federaliste erano ormai tramontate. «Vogliamo dire no all’Europa? Bene. Dovremmo dire anche come si fa e soprattutto dove si va». Perché «quando partimmo, l’euro non c’era ed eravamo nella palta. Oggi la proposta quale è? Tornare nella palta?». Per questo Pagliarini è convinto che il no euro senza prospettiva possa far presa solo su un elettorato poco smaliziato.
Chi invece di dubbi non ne ha è il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro. «I cittadini sono infuriati, il governo non risponde e tassa. Alzare la voce è un dovere». Quanto ai distinguo sui compagni di destra europei, roba per palati fini: «Le Pen è una conservatrice che lotta per l’identità. E contro un’Europa che ormai non si può più far accettare».
Marco Cremonesi


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