Libia, 170 migranti dispersi I corpi riaffiorano in mare

Libia, 170 migranti dispersi I corpi riaffiorano in mare

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PORTO EMPEDOCLE (Agrigento) — Quando ieri a mezzogiorno è sbarcato pure un neonato di 20 giorni fra i 355 migranti raccolti sulla banchina di Pozzallo i volontari del Centro accoglienza hanno pensato che fosse un giorno meno sfortunato di altri. E invece era un’altra data nera nella storia di un Mediterraneo dove continuano a naufragare speranza ed esistenze di disperati e innocenti. Come un bimbo di 18 mesi avvolto in un giubbetto salvagente e tuttavia annegato a meno di 30 miglia da Tripoli con altri 20 dei 200 passeggeri di una carretta sovraccarica.
Si gioisce sulla terraferma per un neonato salvato e si piange per un altro disastro in mare aperto, per l’ennesimo orrore il cui bilancio è destinato a lievitare. Le prime notizie rimbalzate nei porti siciliani parlano infatti di 170 «dispersi», i cui corpi cominciano ad affiorare in mare.
Abdellatif Mohammed Ibrahim, l’ufficiale della Guardia costiera di Tripoli, ha confermato il ritrovamento di cadaveri e naufraghi in corrispondenza del litorale di al-Qarbouli, circa 50 chilometri a Est di Tripoli: «Nelle vicinanze della spiaggia abbiamo recuperato i resti di un’imbarcazione di legno… ma siamo riusciti a salvare 16 migranti, mentre altri 20 erano deceduti e ne mancano all’appello almeno 170». Cifra incerta con fonti che indicano in 250 i migranti in gran parte somali ed eritrei, tra cui molti bambini, salpati dalla Libia nella mattinata di giovedì.
Non bastano gli sforzi della Marina militare che, fra le polemiche montanti sull’operazione «Mare nostrum», aveva salvato in un solo giorno 1.373 disperati, compresi i 355 di Pozzallo e altri accompagnati a Porto Empedocle e Siculiana dove frattanto era scattata un’operazione di polizia condotta da carabinieri e Guardia costiera conclusasi con l’arresto di due presunti scafisti che si stavano allontanando a bordo di un’imbarcazione dopo uno sbarco nei pressi di Siculiana. Toccata e fuga bloccata con un blitz sotto gli occhi compiaciuti del sindaco di Porto Empedocle Lillo Firetto: «Passano spesso sotto silenzio le azioni impegnative delle forze dell’ordine, della Marina, della Guardia costiera…».
Successi anche a Ragusa dove la Mobile guidata da Nino Ciavola ha arrestato tre egiziani confusi fra altri 200 migranti salvati giovedì, tre scafisti, compreso un omone fermato per lo stesso reato nel 2013 a Capo Passero, poi sfuggito e ricomparso sulla scena dei trafficanti. Una macchia sul bilancio dei 100 scafisti arrestati solo quest’anno a Ragusa.
Si impone comunque sui successi umanitari e investigativi lo scempio di queste traversate divenute sempre più pericolose anche a causa dei conflitti interni a un territorio ingovernabile come la Libia dove i 200 (o forse 250) naufragati di fronte alla costa di al-Qarbouli si erano consegnati ad uno dei più malvagi gruppi di criminali, coscienti di farli partire su un barcone destinato a bloccarsi dopo poche miglia. A favorire queste incerte partenze è anche il caos che regna nel Paese, lacerato da una guerra civile tra le milizie islamiste che fanno capo, da una parte, al «califfato» islamico di Bengasi e all’Operazione Alba a Tripoli, e dall’altra quelle che combattono insieme all’ex generale Khalifa Haftar.
In un’area percorsa da bande e gruppi in continua evoluzione i trafficanti di uomini hanno gioco facile nel portare avanti lucrosi affari, imbarcando ogni volta centinaia di disperati provenienti dalla Siria, ovvero dal sub-Sahara e dal Corno d’Africa, raccogliendo quanti arrivano da guerre, fame e deserto, ignari del destino che li aspetta. Poi i viaggi in mare, la speranza di essere intercettati e salvati dalle forze navali italiane. E il rischio di una sorte orribile, culminata spesso in naufragi mai raccontati.
Come rischiava di accadere per gli ultimi 200 di un’altra drammatica traversata se quei resti, quei legni non fossero schizzati sulle onde di al-Qarbouli, quasi sotto costa e qualcuno non li avesse intravisti. Le ricerche continuano, come si dice in questi casi, ma le speranze calano ogni ora di più mentre le navi della Marina continuano a pattugliare lontane dalle polemiche politiche. O dagli strali lanciati anche via Facebook da Matteo Salvini che chiede di fermare quelle navi alzando il tiro: «Altro sangue sulle mani sporche di Renzi e Alfano». Un modo per parlare di «una pazzesca invasione». Termini che sfumano sulla banchina dove i volontari coccolano quel neonato di 20 giorni.
Felice Cavallaro


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