Svimez, più morti che nati a Sud, è uno tsunami demografico

Svimez, più morti che nati a Sud, è uno tsunami demografico

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Siamo in guerra. Le poli­ti­che dell’austerità bloc­cano le nascite, aumen­tano la depri­va­zione ali­men­tare, distrug­gono i posti di lavoro. Al set­timo anno di reces­sione, il sud Ita­lia è un deserto umano, sociale e indu­striale. Que­sto lo sce­na­rio trat­teg­giato nel rap­porto Svimez sull’economia del Mez­zo­giorno 2014 pre­sen­tato ieri a Roma al Tem­pio di Adriano. Viviamo come nel libro di Comarc McCar­thy La strada.

Una cata­strofe si è abbat­tuta sugli umani. Soprav­vi­vono solo un padre e un figlio insieme a qual­che spa­ruto gruppo di umani. In Ita­lia però non è esplosa nes­suna bomba tra il 2008 e il 2013. E non fac­ciamo i conti con un feno­meno sopran­na­tu­rale. Sono state prese deci­sioni eco­no­mi­che che hanno peg­gio­rato una situa­zione dram­ma­tica tra­sfor­man­dola in un incubo. Oggi si regi­strano gli effetti, come in un referto. Nel 2013 al Sud i decessi hanno supe­rato le nascite. Un feno­meno così grave si era veri­fi­cato solo nel 1867 e nel 1918 cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima guerra mon­diale. Il numero dei nati al Sud ha toc­cato il minimo sto­rico: 177mila, il più basso dal 1861.

«Il Sud – scrive lo Svimez — sarà inte­res­sato nei pros­simi anni da un stra­vol­gi­mento demo­gra­fico, uno tsu­nami dalle con­se­guenze impre­ve­di­bili, desti­nato a per­dere 4,2 milioni di abi­tanti nei pros­simi 50 anni, arri­vando così a pesare per il 27% sul totale nazio­nale a fronte dell’attuale 34,3%». Nei primi cin­que anni di reces­sione, delle 985mila per­sone che in Ita­lia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila erano resi­denti nel Mez­zo­giorno. Nel Sud si è con­cen­trato il 60% delle per­dite. Se in Ita­lia nel 2013 sono scom­parsi 478mila posti di lavoro, 282mila sono stati al Sud. È stata supe­rata una «soglia psi­co­lo­gica» per­ché una simile fles­sione ha ripor­tato il numero degli occu­pati del Sud per la prima volta nella sto­ria a 5,8 milioni, sotto i sei milioni. È il livello più basso dal 1977, da quando l’Istat com­pone le serie storiche.

Per dare una dimen­sione della cata­strofe basta dire che nel primo tri­me­stre 2014 il Sud ha perso 170mila posti di lavoro rispetto al 2013, men­tre il Centro-Nord «solo» 41 mila. L’80% delle per­dite di posti di lavoro in Ita­lia si con­cen­tra dun­que al Sud. L’industria è il set­tore più in sof­fe­renza: ha perso il 53% degli inve­sti­menti in cin­que anni e il 20% degli addetti. La Cala­bria è la regione più povera. Nel 2013 il Pil pro capite era di 15.989 euro, meno della metà di Valle d’Aosta, Tren­tino Alto Adige o Lom­bar­dia. Solo una gio­vane donna su cin­que ha un lavoro ed in gene­rale l’occupazione fem­mi­nile si ferma al 33%. Il 21,6% delle donne sotto i 34 anni sia occu­pata con­tro il 43% del cen­tro Nord ed una media nazio­nale del 34,7%. Il con­fronto con la media dell’Unione euro­pea è impie­toso. Nell’Europa a 27 le donne sotto il 34 anni che lavo­rano sono il 50,9%. La disoc­cu­pa­zione porta con sé povertà e depri­va­zione ali­men­tare. I con­sumi sono crol­lati di quasi il 13% in cin­que anni. A sud le fami­glie asso­lu­ta­mente povere sono aumen­tate due volte e mezzo: da 443 mila a 1 milione 14mila.

Nell’ultimo anno, tra il governo Letta e quello Renzi, sono aumen­tati del 40%. Un’evidenza che non è ser­vita a stan­ziare nella legge di sta­bi­lità risorse per il con­tra­sto della povertà o per il soste­gno al red­dito. Anche su quest’ultimo aspetto i dati sono deva­stanti: tra il 9 e il 10% delle fami­glie cala­bresi, lucane moli­sane o sici­liane gua­da­gnano meno di mille euro al mese. Il 16,4% ha un disoc­cu­pato in casa, il dop­pio del Centro-Nord. Il 14,7% dei nuclei ha tre o più fami­liari a carico. «Per la prima volta – ha sot­to­li­neato la Col­di­retti — le fami­glie del Sud hanno speso meno per man­giare rispetto a quelle del Nord. La spesa media è stata di 455 euro al mese per il cibo, con un calo del 3 per cento rispetto all’anno pre­ce­dente, con­tro i 458 euro del Nord». Dram­ma­tica è la situa­zione in Puglia (-11,3 per cento), la regione che ha tagliato di più la spesa alimentare.

Il gover­na­tore della regione Nichi Ven­dola parla di dif­fa­ma­zione del Sud. «La mia Regione – ha detto — è la migliore per per­for­mance di spesa comu­ni­ta­ria, tra le tre peg­giori c’è il Pie­monte. La verità è che i tra­sfe­ri­menti dello Stato verso il Sud sono andati a dimi­nuire e i fondi strut­tu­rali che dove­vano essere aggiun­tivi hanno finito per sur­ro­gare i man­cati tra­sfe­ri­menti dello Stato». Nella legge di sta­bi­lità è stato annun­ciato il taglio di 500 milioni al cofi­nan­zia­mento sta­tale per i fondi euro­pei del 2015. Rispetto ai dati sul Pil 2014 for­niti dal governo nell’aggiornamento del Def, lo Svi­mez è pes­si­mi­sta: a fine anno sarà a meno 0,4%, invece di meno 0,3%. Calma piatta al Centro-Nord (0%), in netta fles­sione al Sud (-1,5%). For­bice ancora diva­ri­cata nel 2015: il Pil è pre­vi­sto a +0,8%, +1,3% del Centro-Nord ma nega­tivo –0,7% a Sud. Ma la realtà della reces­sione sarà senz’altro peg­giore delle pre­vi­sioni. La guerra continua.

L’esodo dei lau­reati, gio­vani e non solo
Porte d’accesso al lavoro sbar­rate per i gio­vani meri­dio­nali. Il rap­porto Svi­mez regi­stra l’allungamento della durata della disoc­cu­pa­zione, così come della tran­si­zione scuola-lavoro. «Si è inne­scata una spira le di depau­pe­ra­mento del capi­tale umano che uni­sce emi­gra­zione, lunga per­ma­nenza in uno stato di inoc­cu­pa­zione allo sco­rag­gia­mento a inve­stire nella for­ma­zione più avan­zata». Al tra­di­zio­nale dua­li­smo ter­ri­to­riale Nord/Sud, dall’inizio della crisi si è unito quello gene­ra­zio­nale: dal 2008 al 2013 sono andati persi in Ita­lia 1 milione e 800mila posti di lavoro fra gli under 34, men­tre per gli over 35 l’aumento è stato di oltre 800mila unità. Il tasso di disoc­cu­pa­zione degli under 35 è salito nel Mez­zo­gorno nel 2013 al 35,7%. Dei 3 milioni 593mila Neet, «Not in edu­ca­tion, employ­ment or trai­ning», regi­strati nel 2013, 2 milioni sono donne e quasi 2 milioni si tro­vano al Sud.

La quota dei Neet sul totale della popo­la­zione è arri­vata nel 2013 al 27%. Nel Centro-Nord si parla di «meri­dio­na­liz­za­zione» dell’(in)occupazione: nel 2012 il 55% dei Neet ita­liani era al Sud, nel Centro-Nord i Neet sono cre­sciuti del 47% dal 2007, quat­tro volte più del Sud (12%). In dieci anni, dal 2001 al 2011 sono migrate dal Mez­zo­giorno verso il Centro-Nord oltre 1 milione e mezzo di per­sone, di cui 188 mila lau­reati. Non sono solo gio­vani: tra i 30 e i 49 anni, nel 2012 la quota è arri­vata al 42%. Tra i lau­reati l’aumento è stato del 50% in 5 anni: da 17mila del 2007 a 26mila del 2012. Al Sud il 28% degli espa­triati è laureato.



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