Il Gran Canale divide il Nicaragua

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Pro­te­ste e scon­tri, in Nica­ra­gua, per la costru­zione del Gran Canale Inte­ro­cea­nico. Mer­co­ledì la poli­zia ha disperso una mani­fe­sta­zione di con­ta­dini, che bloc­ca­vano la strada di El Tule, a circa 260 km a sudest della capi­tale Mana­gua. Secondo gli atti­vi­sti, 25 per­sone sono state arre­state. Dopo anni di ten­sioni e pole­mi­che, lo scorso 22 dicem­bre il governo san­di­ni­sta ha annun­ciato uffi­cial­mente l’inizio dei lavori di costru­zione della grande opera, per un costo totale di 50 miliardi di dol­lari. Un canale più grande di quello di Panama, che per­met­terà il pas­sag­gio annuale di oltre 1.500 grosse imbar­ca­zioni e un enorme rispar­mio di tempo per coprire la distanza tra un porto nel Paci­fico e uno nel Mar dei Caraibi. Il governo di Daniel Ortega lo con­si­dera una fon­da­men­tale leva per lo svi­luppo del paese, che in que­sto modo dovrebbe riu­scire a rad­dop­piare la pro­pria cre­scita eco­no­mica e a pas­sare dall’attuale 4–5% annuo a quasi l’11% nel 2015 e al 15% l’anno successivo.

«Il Canale inte­ro­cea­nico è un pro­getto ideato dalle orga­niz­za­zioni del com­mer­cio inter­na­zio­nale e avviato con i governi pre­ce­denti. Noi cer­chiamo di gestirlo per lo svi­luppo e il benes­sere del nostro popolo», dice al mani­fe­sto Jacinto Sua­rez, diri­gente sto­rico del Fronte san­di­ni­sta di libe­ra­zione nazio­nale e oggi mem­bro della Segre­te­ria per le rela­zioni inter­na­zio­nali. Per il mega-progetto, oltre a quella del canale «è pre­vi­sta la costru­zione di due porti, un aero­porto, lo svi­luppo del turi­smo con l’apertura di altre vie di comu­ni­ca­zione e com­plessi alber­ghieri e una zona di libero com­mer­cio — dice ancora Sua­rez — 200.000 posti di lavoro, 50.000 dei quali nel set­tore can­tie­ri­stico. La guerra con i con­tras e la gestione del neo­li­be­ri­smo sel­vag­gio hanno lasciato il nostro paese in ginoc­chio. Da quando siamo tor­nati al governo, il Nica­ra­gua sta risa­lendo la china gra­zie ai pro­getti sociali e alle nuove rela­zioni di soli­da­rietà inter­na­zio­nale, ma la prio­rità è quella di sal­dare il debito di svi­luppo con la nostra popo­la­zione, scon­fig­gendo povertà e disoc­cu­pa­zione. Un pro­getto a cui con­cor­rono anche set­tori impren­di­to­riali che pen­sano al loro inte­resse e non sono certo diven­tati san­di­ni­sti, ma la ric­chezza che arriva potrà essere ulte­rior­mente ridi­stri­buita».
Sua­rez — che abbiamo inter­vi­stato a Roma, durante l’incontro inter­na­zio­nale orga­niz­zato dall’Associazione Italia-Nicaragua — non nega l’esistenza di un impatto ambien­tale, ma con­te­sta la «stru­men­ta­lità» di certe ong. «Non dob­biamo — dice — far finta di non vedere che, attac­cando il Nica­ra­gua si vuole attac­care il ruolo della Cina, o quello del Vene­zuela nel caso della costru­zione comune Managua-Caracas della raf­fi­ne­ria, o ancora quello dell’Alba, l’Alleanza boli­va­riana per i popoli della nostra Ame­rica, che ha instau­rato nuove rela­zioni sud-sud».

A vin­cere la con­ces­sione del Gran Canale è stata l’impresa cinese Hknd Group, che ha illu­strato il suo pro­getto nel luglio scorso. Allora, ha assi­cu­rato che le acque del lago Nica­ra­gua non subi­ranno danni signi­fi­ca­tivi: per­ché il canale attin­gerà all’acqua pro­ve­niente dal fiume Punta Gorda e per­ché si prov­ve­derà a creare un lago arti­fi­ciale con un’estensione di 400kmq. I lavori dell’impresa cinese pre­ve­dono di tagliare il Nica­ra­gua per circa 278 km, e per 105 km il lago. Il pre­si­dente della Hknd, Wang Jing, ha ora ras­si­cu­rato i con­ta­dini sulle cui terre pas­se­ranno i lavori: ver­ranno risar­citi — ha affer­mato– «secondo valu­ta­zioni di mer­cato, in maniera giu­sta, aperta e tra­spa­rente». E anche il pre­si­dente Daniel Ortega ha mol­ti­pli­cato le dichia­ra­zioni ras­si­cu­ranti: «Dove passa una strada, la terra che prima valeva 100, poi varrà 10 volte di più. Que­sta opera avrà anche un impatto mon­diale sul costo del com­mer­cio dei pro­dotti da una parte all’altra», ha detto Ortega.

L’impresa cinese ha la con­ces­sione per costruire e ammi­ni­strare il canale per 100 anni. Wang Jing ha pro­messo anche 50 borse di stu­dio in Cina, la costru­zione di tre ospe­dali nelle zone in cui verrà rea­liz­zata la grande opera e la dona­zione di diverse ambu­lanze. Tut­ta­via, le orga­niz­za­zioni ambien­ta­li­ste denun­ciano che gli studi d’impatto ambien­tale non sono stati con­clusi e che ver­ranno pre­sen­tati solo a marzo del 2015. I pro­getti eco­no­mici legati al canale dovreb­bero con­clu­dersi entro il 2020.

«Per la rico­stru­zione del nostro paese — dice ancora Sua­rez — abbiamo biso­gno di man­te­nere le con­qui­ste sociali, con­ti­nuare a distri­buire la terra e favo­rire la pic­cola pro­du­zione agri­cola, dare le fab­bri­che in gestione ai lavo­ra­tori, ma dob­biamo anche otte­nere la pace, in Nica­ra­gua e nel con­ti­nente: svi­lup­pare rela­zioni sud-sud, ma senza chiu­dersi a quelle con altri bloc­chi o con i paesi che agi­scono nell’ambito dell’Alleanza del Paci­fico. Dieci anni fa, l’Alba ha scon­fitto il pro­getto neo­li­be­ri­sta dell’Alca, l’Accordo di libero com­mer­cio per le Ame­ri­che. Un esem­pio che ha fatto scuola, e che ha evi­den­ziano il ruolo pre­zioso del Vene­zuela. L’importante ora è inver­tire piano piano la ten­denza, il pre­do­mi­nio di rap­porti asim­me­trici a favore del Nord e delle grandi eco­no­mie neoliberiste».



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