Di Leaks in leaks, il segreto vacilla

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Mai come negli ultimi mesi la que­stione dell’evasione e dell’elusione fiscale è venuta alla ribalta dell’agenda poli­tica ita­liana ed euro­pea. È indub­bio che gli scan­dali emersi con grande peri­zia e in maniera coor­di­nata sulla stampa nazio­nale ed estera hanno con­tri­buto a que­sto cam­bia­mento della per­ce­zione poli­tica del pro­blema: Lux­Leaks prima – che ha con­dan­nato il lus­sem­bur­ghese Jean-Claude Junc­ker ad essere un Pre­si­dente dimez­zato della nuova Com­mis­sione euro­pea – e poi Swis­sLeaks, cen­trato sulla ormai fami­ge­rata lista Fal­ciani, che include ben 7.500 pre­sunti eva­sori ita­liani. Ma hanno aiu­tato anche le inda­gini senza pre­ce­denti della Com­mis­sione euro­pea sull’operato ai limiti della lega­lità in mate­ria fiscale delle mul­ti­na­zio­nali inco­rag­giato dai governi di Irlanda, Olanda e Lus­sem­burgo – nell’ultimo caso riguar­dante il gruppo Fiat – con l’accusa di aiuti di Stato masche­rati dai cosid­detti tax ruling, ossia la con­ces­sione di sgravi fiscali agli inve­sti­tori esteri. Una mossa, quest’ultima, che poten­zial­mente rap­pre­senta una rivo­lu­zione nel per­se­guire l’elusione fiscale dei grandi gruppi mul­ti­na­zio­nali den­tro l’Unione europea.

Insomma, si direbbe che il vento stia cam­biando anche a livello poli­tico, e nono­stante qual­che bat­tuta d’arresto giu­ri­dica – quale la con­tro­versa sen­tenza della Corte di Cas­sa­zione dello scorso otto­bre che ha cla­mo­ro­sa­mente assolto Dolce &Gab­bana dall’accusa di frode fiscale tra­mite società estero vestite in Lus­sem­burgo, dopo due sec­che con­danne in primo e secondo grado – que­sto vento sem­bra non pla­carsi. È lecito chie­dersi però quanto l’azione della magi­stra­tura e dei super­vi­sori, non­ché di corag­giosi gior­na­li­sti che ini­ziano a fare i nomi di potenti eva­sori, si stia tra­du­cendo in un cam­bia­mento della legi­sla­zione nella lotta all’evasione ed elusione.

A livello inter­na­zio­nale il G20 e a cascata l’Ocse hanno pro­dotto impor­tanti avan­za­menti in mate­ria di scam­bio delle infor­ma­zioni tra auto­rità dei vari paesi, incluse quelle dei para­disi fiscali. Dal 2017 lo scam­bio di infor­ma­zioni sarà addi­rit­tura auto­ma­tico. Con que­sto accordo inter­na­zio­nale l’Italia è final­mente riu­scita a strap­pare la scorsa set­ti­mana un accordo alla Sviz­zera in mate­ria, facendo di fatto cadere il segreto ban­ca­rio del paese, e quindi con il Lich­ten­stein. Ma que­sto aspetto della tra­spa­renza tra isti­tu­zioni non basta, e serve la pub­bli­ciz­za­zione dei dati anche come deter­rente soprat­tutto per le grandi imprese per elu­dere le tasse da pagare, tra­mite lo spo­sta­mento dei pro­fitti da una giu­ri­sdi­zione ad un’altra. Un ulte­riore passo in avanti in tal senso è stato com­piuto con l’accordo sulla revi­sione della diret­tiva euro­pea anti-riciclaggio, che entro due anni por­terà tutti i paesi dell’Ue a dotarsi di un regi­stro cen­tra­liz­zato sulla bene­fi­cial owner­ship delle imprese e dei trust. Per le prime non solo le auto­rità com­pe­tenti o obbli­gate, ma anche tutti i sog­getti della società civile che dimo­stre­ranno un inte­resse legit­timo, potranno avere accesso alle infor­ma­zioni e quindi sapere chi si cela dav­vero die­tro i pre­sta­nome a cui sono inte­stati molti vei­coli finan­ziari in Lus­sem­burgo o altri paesi – si pensi a Bria­tore che ha inte­stato conti ban­cari in Sviz­zera per 39 milioni di euro alla sua cuoca senza diglierlo!

Ma è neces­sa­rio anche cono­scere i dati nume­rici sui fat­tu­rati e le tasse pagate in cia­scun paese da parte di ogni mul­ti­na­zio­nale, in maniera disag­gre­gata. Si chiama coun­try by coun­try repor­ting. La nuova diret­tiva sull’adeguamento del capi­tale delle ban­che (Basi­lea 3) lo pre­vede e a ini­zio 2016 per la prima volta le ban­che ren­de­ranno pub­blici que­sti dati per l’anno in corso e capi­remo cosa suc­cede nei para­disi fiscali.

Un’analisi d’impatto della Com­mis­sione euro­pea ha san­cito che la pub­bli­ciz­za­zione dei dati non avrà alcun impatto eco­no­mico nega­tivo. Anche la nuova diret­tiva sulla Con­ta­bi­lità e la Tra­spa­renza finan­zia­ria, che l’Italia sta tra­spo­nendo nel suo ordi­na­mento, pre­vede qual­cosa di simile per le imprese del set­tore estrat­tivo e fore­stale, in pri­mis la nostra Eni. Ci augu­riamo che tali dati saranno resi pub­blici ed inse­riti nel regi­stro delle imprese gestito da Union­Ca­mere, un’esperienza su cui l’Italia è più avanti di altri paesi.

Per quel che con­cerne le mul­ti­na­zio­nali di altri set­tori, l’attuale revi­sione della diret­tiva sugli azio­ni­sti attual­mente in corso a Bru­xel­les, sta con­si­de­rando la pos­si­bi­lità di inse­rire una tale clau­sola. Sarebbe un passo avanti molto impor­tante, ma la Com­mis­sione euro­pea sem­bra fre­nare così come alcune forze poli­ti­che. Il rela­tore del testo è Ser­gio Cof­fe­rati che ad oggi si è detto dispo­sto a soste­nere una tale misura. Così come in un puzzle, pezzo a pezzo, le pres­sioni esterne della società civile e dei cit­ta­dini stan­chi che le mul­ti­na­zio­nali paghino in media solo il 5% di tasse, stanno intro­du­cendo pian piano dei cam­bia­menti nella legi­sla­zione europea.

Ma è indub­bio che ser­vi­rebbe un approc­cio qua­dro alla tas­sa­zione uni­ta­ria dei grandi gruppi almeno su scala euro­pea. Nel mezzo della que­relle Lux­leaks e le cri­ti­che a Junc­ker, i governi di Ger­ma­nia, Fran­cia ed Ita­lia hanno scritto alla Com­mis­sione – a cui sola spetta l’iniziativa legi­sla­tiva in Europa — chie­dendo un passo in avanti in tale senso. La Com­mis­sione ha annun­ciato che a marzo e poi a luglio met­terà sul tavolo una serie di pro­po­ste legi­sla­tive. In par­ti­co­lare si potrebbe final­mente avere una pro­po­sta per una base impo­ni­bile con­so­li­data e comune per le imprese euro­pee. Dav­vero la madre di tutte le bat­ta­glie, insieme ad una auspi­cata revi­sione dei tax ruling.

Il governo Renzi a parole sostiene la Com­mis­sione, ma poi indu­gia su un dop­pio stan­dard: è pronto a con­ce­dere migliori con­di­zioni fiscali agli inve­sti­tori esteri in Ita­lia tra­mite l’international tax ruling – ma non sono aiuti di Stato? — e difende la par­ziale depe­na­liz­za­zione del falso in bilan­cio con l’imposizione di soglie per­cen­tuali a van­tag­gio dei grandi gruppi mul­ti­na­zio­nali. Se tanti a parole sono sem­pre più con­tro l’evasione e l’elusione fiscale, aspet­tiamo che i fatti siano coe­renti, a Roma come a Bru­xel­les, prima che il pros­simo Leaks infiammi ancora di più gli one­sti contribuenti.

Re:Common



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