Bal­cani. «Viaggiano in condizioni disperate»

Bal­cani. «Viaggiano in condizioni disperate»

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È la Western Bal­kan Route, la rotta dei Bal­cani occi­den­tali, quella hanno per­corso le migliaia di uomini e donne bloc­cati da gio­vedì alla fron­tiera mace­done. Par­tendo dalla Gre­cia attra­versa Mace­do­nia e Ser­bia fino ad arri­vare in Unghe­ria, ultimo chec­k­point per chi sogna l’Europa. Da molti mesi ormai sem­pre più migranti e rifu­giati – prin­ci­pal­mente siriani, afghani, ira­cheni, eri­trei e somali — scel­gono di intra­pren­dere que­sto per­corso in alter­na­tiva alla tra­ver­sata del canale di Sici­lia. Entrambe le rotte, quella di terra e quella di mare, hanno in comune una cosa: sono estre­ma­mente peri­co­lose per chi è costretto a seguirle. Nono­stante i rischi, però, sono sem­pre di più i pro­fu­ghi che scel­gono di fug­gire attra­verso i Bal­cani. «Abbiamo regi­strato un picco enorme nella prima parte dell’anno, quando abbiamo avuto pra­ti­ca­mente gli stessi numeri di flussi sia via Medi­ter­ra­neo che lungo la rotta bal­ca­nica», spiega Ric­cardo Nuri, por­ta­voce di Amne­sty Inter­na­tio­nal Ita­lia. «Nel periodo luglio 2014-marzo 2015 sul con­fine tra Ser­bia e Unghe­ria sono arri­vati 60.602 migranti con un aumento di oltre il 2.500% rispetto al 2010».

In che con­di­zioni sono costretti a viag­giare i pro­fu­ghi lungo la rotta bal­ca­nica?
In con­di­zioni dispe­rate. Non basta avere i piedi in terra anzi­ché essere a bordo di un gom­mone per essere più sicuri per­ché sia lungo strade che lungo la linea fer­ro­via­ria e soprat­tutto quando si attra­ver­sano con­fini l’illegalità è diffusa.

Amne­sty ha denun­ciato la pre­senza di cor­ru­zione nella poli­zia mace­done.
Sì, ma in gene­rale anche in Ser­bia abbiano riscon­trato epi­sodi di cor­ru­zione. Sicu­ra­mente in que­sto mec­ca­ni­smo di gioco dell’oca in cui i migranti ven­gono rispe­dito indie­tro, un pas­sag­gio fon­da­men­tale è quello di Sko­pje dove i migranti ven­gono dete­nuti per mesi e mesi nel cen­tro di Gazi Baba dove ven­gono riu­niti tutti quelli rispe­diti indie­tro dalla Ser­bia e quelli bloc­cati all’interno della Mece­do­nia. Ma come abbiamo veri­fi­cato nelle nostre mis­sioni la cor­ru­zione, con poli­ziotti che chie­dono soldi per far pas­sare i migranti e poi magari nean­che man­ten­gono la pro­messa, è dif­fusa. Così come abbiamo accer­tato la pre­senza di bande cri­mi­nali che lungo il per­corso, spe­cie nel tratto serbo, assal­tano i migranti rapinandoli.

C’è un pro­blema di legi­sla­zione sul diritto di asilo per quanto riguarda i Paesi bal­ca­nici?
Certo, ed è l’aspetto che come Amne­sty abbiamo messo più in evi­denza. Nel 2014 solo dieci per­sone hanno otte­nuto lo sta­tus di rifu­giato in Mace­do­nia, in Ser­bia una, in Unghe­ria 240, per­cen­tuali irri­so­rie per­ché som­mate sono in tutto 251 per­sone a fronte di decine di migliaia di richie­ste di asilo. Quindi c’è un pro­blema intanto di non obbligo, per quanto riguarda Ser­bia e Mace­do­nia, di rispet­tare la nor­ma­tiva dell’Unione euro­pea. Qua­lun­que cosa si decida a Bru­xel­les o a Stra­sburgo non inte­ressa a Bel­grado o a Sko­pje. L’Ungheria, che dovrebbe essere quella vin­co­lata alla Ue, abbiamo visto che ha eretto un muro e intro­dotto una legi­sla­zione che elenca una serie di oltre venti Paesi cosid­detti sicuri, tra cui la Ser­bia, nei quali riman­dare chi chiede asilo se prima è tran­si­tato in uno dei Paesi della lista. Essendo la Ser­bia al con­fine, ven­gono tutti riman­dati lì.

Cosa chiede Amne­sty?
Intanto abbiamo chie­sto alla corte costi­tu­zio­nale unghe­rese di pro­nun­ciarsi sulla inco­sti­tu­zio­na­lità di tutte que­ste misure e in par­ti­co­lare sulla nor­ma­tiva rela­tiva ai Paesi terzi sicuri. E ai Paesi che non sono vin­co­lati dalle norme euro­pee ricor­diamo che esi­ste un diritto inter­na­zio­nale dei rifu­giati che sta­bi­li­sce garan­zie, come la pos­si­bi­lità per ogni per­sona che abbia titolo di vedere la sua domanda di asilo esa­mi­nata con una pro­ce­dura equa e tra­spa­rente, che la deten­zione sia con­si­de­rata solo come ultima risorsa, che ci sia par­ti­co­lare tutela per i minori non accom­pa­gnati. Que­sto per quanto i Paesi inte­res­sati dalla rotta. L’Ue ha il suo tor­na­conto nel vedere che c’è una rotta paral­lela a quella del canale di Sici­lia in cui vanno a finire come den­tro un imbuto per­sone che così l’Europa non la rag­giun­ge­ranno mai.

La deci­sione della Mace­do­nia di chiu­dere la fron­tiera aumen­terà gli affari dei traf­fi­canti di uomini?
Ogni prov­ve­di­mento di chiu­sura, in Mace­do­nia come a Calais o in qua­lun­que altra parte del mondo pro­voca un mec­ca­ni­smo di ricerca di nuove strade. Fino a quando le per­sone non avranno che l’illegalità come modo per poter entrare in Europa e cer­care riparo il risul­tato è che si met­te­ranno nelle mani dei cri­mi­nali. E pur­troppo que­sto aumen­terà il numero delle vittime.



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