Più di quattro milioni e mezzo di persone in Italia hanno abbandonato la carne e il pesce, in nome di norme etiche e regole salutiste. Questa rinuncia piace soprattutto ai giovani e alle donne.
La pasta si scola in bianco e poi si condisce in tre modi diversi (olio, burro e parmigiano e ragù), senza che più nessuno si scandalizzi. I nighiri del sushi diventano vegetariani grazie alla marmellata e all’avocado, gli arancini vengono preparati anche ai funghi o ai pistacchi. E il Vegorino Romano sarà presentato il 10 ottobre: «Il primo alimento stagionato vegetale, crudo, fermetato con probiotici di calcio e magnesio ». A Torino ha aperto il primo Fine Vegan Fast Restaurant (si chiama Coox) che propone lasagne al sugo di seitan e torte Sacher senza burro. «C’è qualcuno vegetariano o vegano?» chiedono le padrone di casa quando invitano, proprio come una volta avrebbero domandato se i funghi o l’aglio erano graditi. Al tempo stesso, un vegano che si è dimenticato di annunciarsi per tempo potrebbe anche chiudere un occhio quando, alla tavola degli ospiti, scopre che sulla torta di verdure è stato spalmato anche un uovo.
Essere vegetariani è facilissimo, essere vegani è facile, e anche felice, come dice l’ultima campagna pubblicitaria realizzata col campione di rugby Mirco Bergamasco come testimonial. Lo dicono le cifre, 4.600.000 persone in tutto che in Italia non mangiano più né carne né pesce (il 6 per cento) o rifiutano tutti i prodotti animali (3 per cento). Ma lo dimostrano anche i prodotti, e la tendenza di un costume alimentare che ora non assomiglia più a una religione, ma a un semplice stile. Anzi, a uno “stile liquido”, come ritiene la Coop, che nel suo ultimo rapporto sui consumi del maggio 2015 ha definito così le nuove abitudini degli italiani. «Un tempo — dice Albino Russo, responsabile dell’ufficio studi economici della Coop — le persone iniziavano da piccole a mangiare i cibi del proprio territorio, e perlopiù continuavano così per tutta la vita. Ora invece ogni persona sceglie da sé il proprio menù». Le ragioni che stanno dietro il “cibo della rinuncia” sono in parte etiche e in parte salutistiche: «Non siamo certi che l’aumento dei vegani continuerà all’infinito, magari molte persone cambieranno idea — spiega Russo — Ma altre tendenze, come la rinuncia alla carne pensata anche in favore di una vita più lunga, sono molto forti e potrebbero durare a lungo ». Nei focus organizzati dalla Coop, gruppi di consumatori invitati a dire la loro sul tema, la frase più frequente è “non voglio mangiare nulla che sia stato vivo”.
E l’ultima indagine Eurisko racconta anche chi sono i vegani: vivono soprattutto a Nord-Ovest (36%), abita in grandi città (13%), occupa posizioni dirigenziali (25%) ed è una donna (58%) tra i 45 e i 54 anni (28%), spesso in possesso di una laurea (17%).
Per i giovani, scegliere la strada vegetariana o vegana è anche un modo di affermare la propria autonomia. «Una forma di consapevolezza — dice Paola Segurini, responsabile vegana della Lav, la Lega antivivisezione — che è prima di tutto culturale. Per questo anche la nostra comunicazione è diventata meno indottrinante, più accogliente. Ci interessa il risultato, cioè la facilità di trovare prodotti vegani in ogni supermercato, il fatto che escano continuamente nuove riviste e che le ricette siano ormai migliaia e alla portata di tutti ».
Anche i ristoranti si sono ormai impadroniti della tendenza, che all’inizio spopolava soprattutto tra gli etnici orientali, abituati a contrassegnate i piatti vegetariani o vegani già dal menù, proprio come si usa per quelli piccanti. «Il trend vegano, ideale per una cena leggera, impatta molto anche sul nostro business — dice Daniele Contini, country manager di Just Eta, con 3.000 ristoranti affiliati — Ogni giorno constatiamo che i nostri locali inseriscono piatti vegetariani e vegani, andando incontro alle aspettative». Le manifestazioni si moltiplicano: il 4 ottobre la Notte Veg sarà in molti Comuni, il 10 e l’11 la Mi-Veg si offirà ai milanesi, dal 31 ottobre al 1° novembre il Vegan Day è a Padova.
E se il veganesimo non è più una religione, è comunque importante per chi decide di sceglierlo avere la certezza di quel che si compra. VeganOk è stata la prima società di certificazione nel campo, dal 2009, e ha già certificato 400 aziende: «Abbiamo cominciato perché era molto difficile per i consumatori acquistare prodotti sicuramente vegan. Adesso il numero delle domande è sempre in crescita, e certifichiamo anche corsi di cucina. Cerchiamo di rispondere il più in fretta possibile, ci è capitato di farlo anche in quindici giorni, ma il disciplinare è molto rigoroso ». Gli italiani che consumano alimenti a base di soia sono il 40 per cento: si inizia con la panna vegetale (15%), si prosegue con le bevande sostituive del latte (conosciute da tutto il campione dell’Eurisko, e scelte regolarmente dal 14%), per poi passare ai piatti pronti (12%). Ma il 54 per cento dei consumatori di soia ha iniziato solo nell’ultimo anno, aggiungendosi ai compratori storici, chehanno aumentato gli acquisti. E le scelte alimentari non progrediscono più un gradino dopo l’altro, con gli onnivori che diventano prima vegetariani e poi vegani. Si passa direttamente dalla bistecca al seitan, un cibo che, per altro, i vegani di vecchia data considerano ormai adatto «solo a chi sente il bisogno di vedere nel piatto una semplice bistecca». Maria Di Noia, alias Vegachef, ha 120.000 fan su Facebook, e ha scritto un best seller che rappresenta bene l’ironica ribellione degli italiani a prosciutti e cotolette: “Tutto il resto è noia” (Anima Edizioni). E le ricette delle orechiette alle cime di rapa o della ribollita sono tra le più gettonate sul suo profilo, perché il veganesimo può (anche) essere tradizionale. Olio extravergine, sale integrale e frutta secca dovrebbero rendere sicura la dieta di chi non vuole mangiare animali, uniti a ortaggi, cereali, legumi e frutta fresca. La zucca, più antica che mai e tipicamente autunnale, è il cibo-cult di chi passa al veganesimo. Ebbene sì, essere vegani è un costume, una moda, che si affonda sull’etica, sul bene degli animali e del pianeta, sulla voglia di depurare il corpo, ma anche sui famosi che già lo fanno, da Umberto Veronesi a Dorina Vaccaroni, da Lorenzo Cherubini a Paola Maugeri. Vegan Go Glam, titola anche il New York Times . E non è obbligatorio esserlo per sempre.