Fuga di massa attraverso l’Euro­tun­nel

Fuga di massa attraverso l’Euro­tun­nel

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L’esasperazione delle circa tre­mila — una stima pru­dente — per­sone ammas­sate in con­di­zioni d’inimmaginabile degrado nell’accampamento presso Calais ribat­tez­zato «la jun­gla» perio­di­ca­mente tra­bocca. Allo stil­li­ci­dio di vit­time schiac­ciate sotto le ruote fer­rate o fol­go­rate dall’alta ten­sione nel ten­ta­tivo di abbor­dare i treni che tra­spor­tano vei­coli e merci attra­verso il tun­nel sotto la Manica (la tre­di­ce­sima e ultima vit­tima un ven­tenne eri­treo, morto lo scorso mer­co­ledì), ha fatto seguito un ten­ta­tivo d’irruzione in massa nel ter­mi­nal fran­cese che ha bloc­cato entrambe le gal­le­rie dalla mez­za­notte alle otto del mat­tino di sabato.
Circa due­cento migranti, ori­gi­nari soprat­tutto da Sudan ed Eri­trea, sono riu­sciti a sfon­dare la matassa di recin­zioni che avvolge i ter­mi­nal Euro­tun­nel e Euro­star e a inol­trarsi di corsa per una quin­di­cina di chi­lo­me­tri den­tro l’Eurotunnel diretti a Dover, prima di essere respinti dai gen­darmi fran­cesi in pre­si­dio per­ma­nente nella zona. Ci sono stati scon­tri con gli agenti e lanci di sassi; i treni fra Fol­ke­stone e Calais sono stati can­cel­lati, tra i feriti ci sareb­bero un dipen­dente dell’Eurotunnel e due agenti di polizia.

Il mat­tino di sabato il ser­vi­zio fer­ro­via­rio è ripreso, il ritardo accu­mu­lato di un paio d’ore è durato tutta la gior­nata, con Euro­tun­nel ed Euro­star che implo­ra­vano i loro pas­seg­geri di per­do­nare il disa­gio arre­cato in un edi­fi­cante esem­pio di custo­mer care. Con­tem­po­ra­nea­mente all’assalto al tun­nel, altre cen­ti­naia di migranti cer­ca­vano di salire sui rimor­chi dei camion in fila al ter­mi­nal, cam­mi­nando a fianco degli autoar­ti­co­lati in quella lenta e sur­reale pro­ces­sione di uomini e vei­coli diven­tata ormai familiare.

La poli­zia avrebbe com­piuto fino a un cen­ti­naio di arre­sti, e un por­ta­voce dell’azienda ha par­lato senza mezzi ter­mini di «enorme inva­sione» e di «attacco orga­niz­zato», tanto che alcuni tabloid stril­lano la pre­senza nei pressi dell’accampamento di mili­tanti anar­chici, alcuni dei quali bri­tan­nici, che da ago­sto si sareb­bero a loro volta accam­pati nella zona per isti­gare i migranti ad adot­tare misure più dra­sti­che per pas­sare in Gran Bre­ta­gna: il coro­na­mento di un sogno per molti, durato migliaia di chi­lo­me­tri per­corsi ai limiti della soprav­vi­venza e in fuga da un inferno quo­ti­diano fatto di guerra e povertà permanenti.

Que­sta ten­tata brec­cia arriva dopo le tre­dici vit­time che si sono sus­se­guite qui dallo scorso giu­gno. Il gio­vane eri­treo ritro­vato mer­co­ledì presso i binari del tun­nel è la terza vit­tima in una set­ti­mana, dopo un ven­tenne ira­cheno schiac­ciato men­tre cer­cava di aggrap­parsi al semiasse di un camion mar­tedì mat­tina e quella di un ado­le­scente, forse pro­ve­niente dall’Africa cen­trale, finito sotto il treno all’ingresso del tunnel.

L’episodio riporta la tra­gica situa­zione dei pro­fu­ghi a Calais al cen­tro dell’attenzione dei media bri­tan­nici, dopo che era scom­parsa dai gior­nali e dai noti­ziari nazio­nali. Il governo con­ser­va­tore, recen­te­mente invi­schiato in una pole­mica con il sin­daco di Calais sulle rispet­tive respon­sa­bi­lità dei due paesi nella gestione della crisi, ha rea­gito all’emergenza da par suo, vale a dire aumen­tando la pre­senza poli­zie­sca nella zona e facendo dono al comune di Calais di altri chi­lo­me­tri di filo spi­nato. Sem­pre in ago­sto, Euro­tun­nel aveva annun­ciato un calo sen­si­bile dei ten­ta­tivi di pas­sag­gio not­turno dei migranti, sceso da due­mila a notte del mese di luglio a 150. Ma i con­ti­nui arrivi al campo di Calais, spesso dopo aver attra­ver­sato le vicis­si­tu­dini della più grave crisi uma­ni­ta­ria euro­pea dalla seconda guerra mon­diale, stanno por­tando una già scioc­cante situa­zione di degrado sull’orlo della deflagrazione.

Un recente rap­porto dell’università di Bir­min­gham, pub­bli­cato dal Guar­dian, parla di un luogo in cui le con­di­zioni di vita sono let­te­ral­mente dia­bo­li­che, «molto al di sotto di qual­siasi stan­dard minimo per un campo pro­fu­ghi». Circa tre­mila per­sone affa­mate e dispe­rate sono ammas­sate in tende improv­vi­sate e in con­di­zioni igienico-sanitarie inim­ma­gi­na­bili e infe­state di ratti, dove l’acqua è con­ta­mi­nata dagli escre­menti e con sva­riati malati di tuber­co­losi, scab­bia e stress post-traumatico. La più grande barac­co­poli d’Europa in uno dei paesi più ric­chi d’Europa.



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