Ue, prove di accordo con Erdogan

Ue, prove di accordo con Erdogan

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BRUXELLES . Schiacciata da centinaia di migliaia di profughi siriani che premono alle sue frontiere, scioccata dalla notizia di altri bambini trovati morti sulla spiaggia dell’isola greca di Kos, adesso la Ue sorride a Erdogan. E mette la sordina alle molte critiche, sui diritti umani e sulla repressione anti-curda, che avevano raffreddato i rapporti tra Bruxelles e Ankara.
Il presidente turco è arrivato ieri a Bruxelles dove ha incontrato i dirigenti delle istituzioni comunitarie. E ha raggiunto con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, «un accordo su un piano di azione comune» che dovrà essere messo a punto per il vertice dei capi di governo europei a metà ottobre.
In realtà le cose non sono così semplici. Al momento le proposte della Ue e le richieste di Erdogan non coincidono. Bruxelles propone di versare ad Ankara un pacchetto di aiuti finanziari per circa un miliardo (che però comprenderebbe anche stanziamenti già programmati ad altro titolo), in cambio di un impegno turco ad aprire nuovi campi di rifugiati, frenare il flusso dei profughi e rafforzare i controlli sulle proprie frontiere attraverso pattugliamenti congiunti con i greci. Ma il presidente turco, in visita a Bruxelles, ha enumerato altre priorità.
«Se vogliamo davvero risolvere la questione dei rifugiati dobbiamo fare tre cose: equipaggiare e addestrare l’opposizione siriana, proclamare una zona sicura, protetta dal terrorismo, in territorio siriano e creare una no-fly zone », ha spiegato ieri Erdogan ai giornalisti. È chiaro che queste proposte, più che a combattere l’Is, puntano a coinvolgere l’Europa in una manovra che colpisce direttamente il regime di Assad, rafforza l’opposizione siriana e cerca di bloccare le operazioni aeree di Mosca e di Damasco.
In qualche modo, Erdogan cerca di accreditare la Turchia agli occhi degli occidentali come lo strumento capace di contrastare l’intervento russo in favore del regime di Damasco. Ma, ammesso che la creazione di una zona-cuscinetto lungo il confine turco-siriano sia fattibile, richiederebbe, come ha fatto osservare ieri il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, «un mandato delle Nazioni Unite».
Le altre cose che stanno a cuore al presidente turco, e sulle quali sta cercando un accordo con Bruxelles in cambio di una frenata al flusso dei rifugiati, riguardano l’abolizione dei visti per i cittadini turchi diretti nell’area Schengen e la definizione della Turchia come Paese «sicuro », dal quale non si possono dunque accettare rifugiati politici.
Su entrambe questi obiettivi Erdogan ha l’appoggio della Commissione. Ma in seno al Consiglio la posizione degli Stati membri è molto più prudente. L’abolizione dei visti, prevista dagli accordi per il 2017, era stata frenata da molti governi adducendo come giustificazione anche i pessimi rapporti preparati dalla Commissione sull’evoluzione democratica di Ankara. Quanto alla definizione della Turchia come Paese «sicuro» trova contrarie diverse capitali perché impedirebbe di concedere lo status di rifugiati politici agli attivisti curdi perseguitati.
Per cercare di definire un piano di azione prima del vertice di metà ottobre, una delegazione della Commissione si recherà già oggi ad Ankara. Intanto Bruxelles ha accettato di rinviare di una settimana, spostandola dopo la data del vertice, la pubblicazione del rapporto annuale sui «progressi» della Turchia nel percorso di adesione all’Unione europea. Rapporto che, secondo le indiscrezioni trapelate, quest’anno sarebbe stato particolarmente duro sia sulla questione del rispetto delle libertà fondamentali sia per quanto riguarda i rapporti con la minoranza curda.
Intanto, mentre i politici discutono, i rifugiati continuano a morire. Ieri sono stati trovati sulla spiaggia greca di Kos i corpi sfigurati di due bambini, uno tra i sei e i dodici mesi, e l’altro tra i tre e i cinque anni. Testimonianza atroce di un ennesimo naufragio dei cui non si aveva avuto notizia.


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