Kurkçu: I miei colleghi deputati presi in ostaggio dal regime di Erdogan

Kurkçu: I miei colleghi deputati presi in ostaggio dal regime di Erdogan

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Ertugrul Kurkçu è uno dei 59 deputati dell’HDP (Partito Democratico del Popolo) al parlamento turco. E’ anche uno dei pochi a non essere stato arrestato il 4 novembre scorso nella retata di massa che ha portato in carcere decine di militanti, politici e attivisti kurdi, tra loro 11 parlamentari. Kurkçu si trovava a Sofia per una serie di incontri politici. Lo raggiungiamo al telefono appena arrivato a Brussels, da dove si stanno cercando di coordinare azioni di protesta, politica e di strada, per spingere la comunità internazionale a non rimanere in silenzio di fronte a questo nuovo colpo alla democrazia da parte del presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdo?an.

Come definiresti quanto accaduto il 4 novembre?

I co-presidenti del partito e numerosi nostri deputati sono stati presi in ostaggio dal regime di Erdo?an. La giustificazione del governo secondo il quale la polizia si è vista costretta a condurre i deputati al tribunale è semplicemente falsa, una distorsione. E’ vero che i nostri parlamentari hanno rifiutato gli inviti a comparire in tribunale – arrivati dopo che è stata tolta loro l’immunità dal parlamento a maggioranza AKP (Partito della Giustiza e Sviluppo) – ma è vero anche che nessun tribunale aveva emesso ordini di comparizione obbligatoria. I PM di cinque province diverse – arrogandosi i poteri del tribunale – hanno emesso simultaneamente ordini di cattura per i deputati dell’HDP: un’azione che indica che dietro questa operazione ci sono i ministeri di giustizia e degli interni.

Stai dicendo dunque che ancora una volta l’apparato di controllo di Erdo?an agisce senza nessuna legalità. Qual è il fine di questa operazione? al di là della volontà di disarticolare il movimento kurdo?

Effettivamente: quello che è accaduto il 4 novembre è stato un golpe perpetrato dal regime di Erdo?an per schiacciare, per vie illegali, l’HDP. Tu l’hai detto bene: da un lato si vogliono screditare le figure politiche centrali dell’HDP, soprattutto agli occhi dei kurdi, si vuole piegare la loro volontà, disarticolare la struttura del partito e provocare frizioni all’interno dello stesso partito. C’è poi un altro obiettivo, collegato, che segnalerei: questa operazione intende minare la popolarità dell’HDP tra le masse kurde per poter garantire il 51% in un possibile referendum sul sistema presidenziale che Erdo?an sta costruendo per il suo sultanato. Tutti i sondaggi confermano che l’HDP, nonostante la demonizzazione, stigmatizzazione e criminalizzazione di cui è vittima, continua a mantenere l’11% dei consensi, lo stesso che ha ottenuto nelle elezioni politiche del 1 novembre 2015. L’HDP continua a essere la spina nel fianco di Erdo?an e per questo il presidente continua ad attaccarlo.

Che reazioni hanno provocato gli arresti in Turchia e in Europa?

In Europa i kurdi della diaspora, insieme alla comunità alevita, alla sinistra turca in esilio e ad un numero di deputati e gruppi europei hanno manifestato per le strade delle principali città: Parigi, Londra, Cologna, Stoccolma. In Turchia le proteste sono state meno evidenti per la violenta repressione della polizia. Nonostante questo, migliaia di cittadini sono scesi in piazza. Bisogna sottolineare che il governo sta anche attaccando l’opposizione liberale in queste settimane [il CHP, Partito della Repubblica del Popolo]. Il popolare quotidiano della sinistra liberale, Cumhueriyet, è stato perquisito e 9 dei suoi giornalisti e opinionisti sono stati arrestati, il 4 novembre con l’accusa di complicità con il gruppo di Fetullah Gülen [il religioso che Erdo?an accusa di essere il mandante del singolare tentativo di colpo di stato militare, lo scorso luglio]. La “prova” di questa complicità, secondo il magistrato, è la somiglianza di alcuni titoli di Cumhuriyet con quelli del quotidiano pro-Gülen, Zaman. Questi attacchi hanno oltraggiato l’intellettualità urbana e gli elettori del CHP che hanno organizzato manifestazioni a Istanbul, Ankara, Izmir. Le proteste in Turchia non sono ancora sufficientemente forti per scuotere il regime di polizia di Erdo?an, però stanno aumentando.

Qual è dunque l’obiettivo finale di Erdo?an?

Il presidente vuole arrivare al vertice dello stato turco e imporsi come leader spirituale dei musulmani, proclamare il suo auto-denominato Califfato e dominare il mondo islamico, in particolare nel Medio Oriente, controllare le sue risorse naturali, l’acqua, le rotte commerciali e approfittare dei vantaggi strategici della sua posizione. Queste sono le promesse che Erdo?an ha fatto alla classe capitalista corrotta ed arrogante che deve la sua incredibile ascesa negli ultimi dieci anni proprio al presidente turco. Erdo?an ha personalmente regolamentato il passaggio della ricchezza pubblica nelle mani di questi corrotti che hanno beneficiato di guadagni spropositati soprattutto nei settori edili, energetico, minerario, e nel commercio internazionale. Questi gruppi sono implicati in operazioni clandestine che hanno l’obiettivo di bypassare le sanzioni delle Nazioni Unite e gli Stati Uniti all’Iran attraverso uno scambio oro per petrolio, per inviare il petrolio dell’ISIS ai mercati internazionali, per riciclare denaro sporco, tra le altre attività. Hanno beneficiato delle politiche estere avventuriere di Erdo?an e si lasciano facilmente conquistare dalle fantasie espansioniste presenti tra i settori islamico-nazionalisti. Nonostante tutto questo, le ambizioni di Erdo?an sono sfidate dal fatto, regionale e globale, che le classi dominanti in ciascuno degli stati islamici hanno le loro proprie rivendicazioni di supremazia nazionale e che gli Stati Uniti e la NATO stanno progressivamente allontanandosi da queste politiche avventuriere.

Per tornare alla comunità internazionale, che valutazione dai del suo atteggiamento rispetto alla Turchia?

La comunità internazionale e in particolare i paesi europei e gli Usa sembrano più preoccupati a mantenere la Turchia – anche se con qualche disaccordo tra loro – dentro l’Alleanza Atlantica e come “blocco stradale” per fermare l’esodo massiccio di profughi che si ammassano alle frontiere dell’est, che non a proteggere la democrazia e i diritti umani. Le sue preoccupazioni su queste due questioni sono così grandi che accettano di tenere gli occhi chiusi di fronte alle atrocità commesse da Ankara contro l’opposizione kurda. Questa è la ragione dell’arroganza e del non rispetto di Erdo?an nei confronti dei diritti democratici dei kurdi e di tutti i cittadini.

Che appello faresti dunque alla comunità internazionale?

Il nostro appello è che la comunità internazionale rispetti le sue obbligazioni e i suoi impegni. Ci aspettiamo che le forze della sinistra e democratiche d’Europa e del mondo esercitino pressione sui loro rispettivi governi affinché questi interrompano il sostegno che stanno dando al governo di Erdo?an fintanto che continuerà a violare i diritti democratici dei kurdi e i diritti umani di tutti i cittadini della Turchia. In questo senso la recente decisione presa da importanti sindacati inglesi di appoggiare il popolo kurdo e le forze democratiche in Turchia mi sembra un buon esempio di solidarietà e azione concreta. Facciamo appello anche ai partners della Turchia nel Consiglio d’Europa, l’Unione Europea e nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU affinché urgano Erdo?an a cessare gli arresti dei deputati dell’HDP e le operazioni militari contro il popolo kurdo. Vale la pena sottolineare che questi paesi sono firmatari della Convenzione dell’ONU per il diritto a vivere in pace, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e della Convenzione Europea per i Diritti Umani.



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