«Profughi ormai allo stremo» nelle Isole dell’Egeo diventate prigioni

«Profughi ormai allo stremo» nelle Isole dell’Egeo diventate prigioni

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Campi profughi sovraffollati all’inverosimile, tende senza pavimenti né riscaldamento, donne e bambini accampati lungo le strade o nei boschi. E centinaia di minori, spesso senza un adulto che li accompagni, privi delle attenzioni e delle cure, anche sanitarie, di cui avrebbero bisogno.

Per i rifugiati siriani, iracheni e afghani le isole greche dell’Egeo sono ormai una prigione a cielo aperto. Le condizioni di vita nei campi di Chios, Samos, Kos, Lesbo e Leros – denunciano le organizzazioni umanitarie – sono oltre il limite della sopportazione e le persone, spesso intere famiglie, sono costrette a cercare da sole un rifugio dove ripararsi. Una situazione a cui l’Europa finora ha assistito senza intervenire e alla quale il governo greco sembra incapace di far fronte, ma che rischia di aggravarsi ulteriormente con l’avvicinarsi dell’inverno. «Ora le persone stanno dormendo per le strade o in piazza Sappho, nel centro della città. Con le prime piogge subiremo inondazioni e avremo problemi nel gestire questa situazione», denunciava pochi giorni fa al giornale Kathimerini il sindaco dell’isola di Lesbo, Spyridon Galinos, ricordando come tra i disperati abbandonati a se stessi ci siano anche donne incinta, disabili e bambini.

Si calcola che sulle isole dell’Egeo si trovi circa un quarto dei 60 mila rifugiati presenti in Grecia da quando, a marzo dell’anno scorso, è stata chiusa la rotta balcanica. Persone arrivate dopo l’accordo stretto dall’Unione europea con la Turchia e alle quali è proibito il trasferimento sulla terra ferma. Nel frattempo gli arrivi sulle isole non si sono fermati e i numeri, anche se non sono certo paragonabili a quelli del 2015, hanno ricominciato a crescere: più di 5.700 sbarchi a settembre (l’anno scorso furono 3.080), un quarto degli arrivi di quest’anno,1.394 solo nelle prime tre settimane di ottobre, in maggioranza famiglie irachene e siriane. Cifre che hanno ulteriormente esasperato le condizioni di vita già critiche all’interno dei campi. Negli hotspot di Moria – a Lesbo – e sull’isola di Samo, progettati per ospitare in tutto 3.000 migranti, ce ne sono oggi più di 8.300. In quello di Chios si contano invece 1.964 persone a fronte di una capacità di 800 posti letto. «Moria come gli altri hotspot sono ormai macchine che creano sofferenza» denuncia Stefano Argenziano, responsabile di Medici senza frontiere per la migrazione. «Moria è una specie di giungla e per di più ovunque si è creato un ingorgo burocratico per cui anche chi avrebbe diritto a essere trasferito sulla terra ferma resta imprigionato sulle isole».

Particolarmente a rischio sono donne e bambini, che rappresentano rispettivamente il 20 e il 40 per cento degli arrivi. Dei circa 3.000 minori non accompagnati che si trovano in Grecia, ha denunciato Laurent Chapuis, coordinatore dell’Unicef in Grecia, «attualmente circa 1.800 sono in attesa di un posto in un rifugio e vivono all’aperto, nei centri di accoglienza o sono bloccati nelle isole in condizioni di disagio». Sempre secondo l’Unicerf, inoltre, solo un terzo dei bambini «riceve riparo e assistenza adeguati».

Condizioni terribili che inevitabilmente hanno ripercussioni sullo stato fisico e soprattutto mentale dei rifugiati che si trovano sulle isole. Sempre Msf ha denunciato un’emergenza per quanto riguarda le condizioni psicologiche dei richiedenti asilo, emergenza «creata dalle condizioni di vita povere, da negligenza e violenza. Durante l’estate – ha reso noto l’associazione – sono arrivati nelle nostre cliniche in media da sei a sette pazienti a settimana in seguito a tentativi di suicidio, atti di autolesionismo o episodi psicotici, il 50% in più rispetto al trimestre precedente. Persone che ci dicono che preferirebbero essere morte piuttosto che trovarsi qui». «Non dimentichiamo – aggiunge Argenziano – che abbiamo a che fare con persone che sono sopravvissute a violenze estreme, a torture e a bombardamenti e che in Grecia hanno ricevuto un ulteriore colpo, anche alla loro dignità».
L’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha chiesto al governo di Alexis Tsipras di adeguare rapidamente i campi per i rifugiati che si trovano sulle isole in vista dell’inverno, mentre Oxfam, Human Right Watch, Action Aid, Amnesty international e altre 15 Ong si sono appellate al premier chiedendogli di mettere fine alla «politica di contenimento» dei migranti sulle isole permettendo di tasferirli sulla terra ferma. Il fatto è, come hanno rilevato i media greci, che il governo sembra non avere alcun piano per gestire la nuova emergenza. Come sa bene anche il sindaco di Lesbo, Galinos, che nei giorni scorsi ha scritto anche lui a Tsipras denunciando come le strutture abbiamo ormai superato ogni limite. «Stiamo aspettando solo che la bomba scoppi», si è poi sfogato il sindaco con i giornalisti.

FONTE: Carlo Lania, IL MANIFESTO



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