Amnistia e indulto, una proposta di clemenza al Parlamento
Era il 1949 quando Gaetano Salvemini sulle pagine de Il Ponte definiva l’Italia «il paese delle amnistie». È solo di due anni fa la risposta del vicequestore Rocco Schiavone al direttore del carcere che si lamenta per i troppi detenuti: «Ci sarà un bel indulto e cacceranno fuori un po’ di gente. Come sempre».
Ora come allora. A dimostrazione, si citano dati statistici che farebbero felice Trilussa: solo in età repubblicana, la clemenza di Stato si è tradotta in 24 leggi di amnistia e indulto, una ogni quattro anni. È una doxa falsa ma credibile, per questo diffusa e insidiosa.
La realtà, oggi, non è solo diversa ma opposta.
Del disegno costituzionale del diritto punitivo, infatti, gli istituti di clemenza rappresentano la parte più negletta, prossima a un’abrogazione di fatto.
Dopo l’ampia amnistia di pacificazione concessa nel 1946, è vero che amnistia e indulto sono stati approvati con regolarità quasi ciclica: nel 1948, 1949, 1953, 1959, 1963, 1966, 1970, 1973, 1978, 1980, 1981, 1982, 1983, 1986, 1990, 1992.
Da allora però, con l’unica eccezione dell’indulto nel 2006, sono trascorsi tre lustri senza una legge di clemenza: bulimico in passato, è da tempo che il Parlamento mostra una persistente anoressia. È un’eclissi quantitativa senza precedenti nella storia d’Italia, monarchica e repubblicana.
È uno dei segni di quell’eccesso di penalizzazione che traccia l’orizzonte del nostro tempo. Non c’è spazio per amnistia e indulto, quando impera il primato della pena esclusivamente retributiva, revival della legge del taglione.
Non esiste margine per atti di clemenza, quando la certezza della pena è declinata nel senso (distorto) che la collettività deve essere certa che la pena sarà irrogata ed espiata in tutto il suo rigore.
C’è poi un mastice politico che salda tutto e tutti: essere contrari a leggi di clemenza è molto popolare, assicura facile consenso e garantisce dividendi elettorali. Approvarle è perciò un tabù, anche quando sarebbe necessario per interrompere tempestivamente violazioni in atto della Convenzione europea dei diritti: laddove, ad esempio, vieta un sovraffollamento carcerario inumano e degradante o impone una durata ragionevole per i processi.
Eppure amnistia e indulto sono istituti «espressamente contemplati dall’articolo 79 della Costituzione, che ne contiene la disciplina. È inconcepibile considerarli, in sé e per sé, incompatibili con la Costituzione» (sentenza n. 171/1963).
Piaccia o meno, rientrano tra gli strumenti di politica criminale che la Carta prevede come fusibili di un sistema inceppato, incapace di rispettare la sua stessa legalità. È interesse di tutti rianimarli, restituendoli a nuova vita.
Come?
Non si tratta di reiterare – inutilmente – la richiesta di una legge di amnistia e indulto. Serve, invece, proporne una rinnovata narrazione che restituisca ad entrambi agibilità, politica e costituzionale.
A tal fine, promosso da La Società della Ragione, venerdì 12 gennaio si svolgerà a Roma (Senato, Sala di Santa Maria in Aquiro, ore 9.30) il Seminario «Costituzione e clemenza collettiva. Per un rinnovato statuto dei provvedimenti di amnistia e indulto».
Scopo dell’incontro pubblico è di elaborare una proposta di revisione dell’articolo 79 della Costituzione che, nella sua attuale formulazione, concorre all’oblio degli strumenti di clemenza.
Il testo di riforma sarà poi messo nella disponibilità di tutti i parlamentari della prossima Legislatura, facendone mezzo e fine per una battaglia di politica del diritto.
Il programma è consultabile su www.societadellaragione.it, iscrizione gratuita ma obbligatoria entro il 10 gennaio a info@societadellaragione.it.
Fate girare.
FONTE: Andrea Pugiotto, IL MANIFESTO
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Per fare delle leggi efficaci bisogna per forza risanare , quindi le decisioni purtroppo le devono prendere questa specie di governo;solo che pensano solo ai voti di scambio,e noi andiamo in galera noi._._._._._
Vogliamo l indulto sta passando anche il 2018 e qui non si vede niente di concreto! Si pensa solo a farsi la guerra e dirette Facebook l indulto spetta come diritto!
Giusto vogliamo l’indulto e un diritto
Avete ragione io sono appena uscito dal carcere dopo un lunghissimo anno la dentro e la situazione è pessima serve veramente un indulto
Giusto vogliamo l’indulto e un diritto
Da come si sa dovtebbe essere un paese democratico ma la dimocrazia dove sarebbe il primo emandamento dove dice che la sovranita e il popolo ma penso che non e cosi e solo uno scritto per abbindolare il popolo ma che in realta i sovrani sono loro e che il popolo e solo una facciata come diceva toto titti anno uno sceletro nell armadio soltanto che a noi tocca pagare mentre loro lo scheletro lo conservono e non lo pagano mai se si amdrebbe in fondo altro che sovraffolameto non basterebbero le case penale e circondariale percio guardiamo in faccia alla realta che laministia e indulto non serve solo ai detenuti ma sopratutto a chi a la coscienza sporca e fa finta di niente percio la popolazione vede cio che gli vogliono far vedere ma la vera verita solo il dio lo sa come si cita in una canzone e un fil in questo mondo di ladri e su di tutto cio non si sbagliano pultroppo ci sono deboli e prepotenti e penso che noi siamo i deboli per scelta del destino ma a chi nulla manca che bisogno ce e lingordizia elavarizia e la lussuria che li fa diventare prepotenti ma alla fine tuttui dovranno tirare i conti percio serve prima a loro e poi a noi perche per il popolo noi siamo il loro paravento popolo italiano sveglia che la favola e finita