Crollo di Genova, il giallo del carroponte

Crollo di Genova, il giallo del carroponte

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GENOVA. Un ponte è costruito per stare in piedi. Se questo non succede, qualcosa non è stato eseguito per il meglio. L’imprevedibilità è derubricata. La procura di Genova all’arduo compito di mettere insieme i tasselli della tragedia del ponte Morandi, che ha causato 43 morti, per identificare le cause e i responsabili. Quel che si sa è che non sarà un’inchiesta veloce, «la giustizia troppo rapida non sarebbe rigorosa e non è compito della giustizia italiana fornire una vittima sacrificale» precisa il procuratore capo Francesco Cozzi.

NON C’È, PER ORA, nessun iscritto nel registro degli indagati. Gli inquirenti parlano di «concause», resta sotto i riflettori il cedimento di uno strallo, ma emergono nuovi elementi, come quello finora ignorato del carroponte che sarebbe stato posizionato sul viadotto per lavori di manutenzione. Avrebbe aumentato il peso della struttura e potrebbe aver contribuito al cedimento. Ma è giallo: secondo l’azienda Weico non era ancora installato.

Tra i reati ipotizzati finora – omicidio colposo plurimo aggravato, attentato alla sicurezza dei trasporti e disastro colposo – i pm stanno vagliando l’ipotesi di inserire anche l’omicidio stradale colposo aggravato.

Ieri, è stato diffuso dalla Guardia di Finanza un video in cui viene ritratto, da alcune telecamere di sicurezza, il momento del crollo nell’area situata vicino all’isola ecologica sottostante il viadotto, dove sono morti due operai. I magistrati stanno valutando tutti i filmati. La procura di Genova è, inoltre, pronta, in caso di concreto pericolo, ad autorizzare l’abbattimento del moncone di ponte Morandi, sequestrato il 17 agosto dopo il crollo della campata, che si trova sopra gli edifici evacuati di via Porro. Domenica sera sono infatti stati segnalati preoccupanti scricchiolii.

I PROBLEMI DEL PONTE Morandi erano noti. Lo fa ulteriormente emergere un’inchiesta del giornalista Fabrizio Gatti, pubblicata su l’Espresso, in cui viene svelato un verbale del febbraio 2018 che smentisce quanto dichiarato da Autostrade per l’Italia sull’imprevedibilità del disastro. La gravità del degrado del viadotto sarebbe stata conosciuta oltre che dal concessionario anche dal ministero delle Infrastrutture, dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali a Roma e dal provveditorato per le opere pubbliche di Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria. Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell’azienda di gestione, sapevano che «la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade erano stati rilevati «alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo».

Il progetto di ristrutturazione, presentato da Autostrade, fu comunque giudicato congruo dal comitato tecnico amministrativo. Tra i firmatari del verbale c’erano Roberto Ferrazza, provveditore, e il professore associato della facoltà di Ingegneria dell’università di Genova Antonio Brencich, che da anni denuncia le condizioni del ponte. Entrambi sono stati nominati dall’attuale ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, rispettivamente presidente e membro esperto dell’attuale commissione di inchiesta istituita dal governo. Il presidente Ferrazza è finito nell’occhio del ciclone: Forza Italia ne ha chiesto le dimissioni. Lui replica: «Non vedo conflitto di interessi. Non c’è una comunanza tra noi e Autostrade per l’Italia». Per Ferrazza: «C’è forse più la ricerca del clamore che la sostanza giuridica. Lo stesso articolista dice che il giudizio era obbligato».

Per Toninelli le nuove rivelazioni sono una gatta da pelare anche perché si aggiunge un nuovo capitolo dell’Espresso su Bruno Santoro, uno degli ispettori scelti dal ministro pentastellato che avrebbe lavorato per la società Autostrade.

E MENTRE LA GIUSTIZIA fa il suo corso, il sindaco di Genova Marco Bucci invita a fare «il ponte nuovo più in fretta possibile». E, poi, con forza rilancia il tormentone «grandi opere», panacea di ogni male. Le vuole tutte. «Il Terzo Valico, la Gronda, la Tav, la metropolitana di superficie». Ha ringraziato il governo per l’impegno. Ieri, è stata siglata l’ordinanza di protezione civile da Regione Liguria, Comune di Genova e capo Dipartimento Nazionale, Angelo Borrelli. La cifra per far fronte alla prima emergenza è di oltre 33 milioni. «Credo – ha detto Borrelli – che entro una decina di giorni potremo liberare il torrente Polcevera dagli ultimi blocchi del ponte Morandi sequestrati dalla magistratura».

* Fonte: Mauro Ravarino, IL MANIFESTO



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