Gilet gialli, il Grande Dibattito non ferma il decimo sabato di manifestazioni

Gilet gialli, il Grande Dibattito non ferma il decimo sabato di manifestazioni

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La giornata è stata dedicata alla denuncia della repressione della polizia. La France Insoumise chiede la proibizione delle pallottole di difesa LBD e dei lacrimogeni di tipo F4 (ormai fuori legge in molti paesi). Molti gilet gialli contestano e diffidano del Grande Dibattito, mentre sui social l’estrema destra prende il sopravvento sui sostenitori di Mélenchon

PARIGI. Gilet gialli, Atto X. La nuova giornata di protesta, la prima dopo l’avvio del Grande Dibattito nazionale, è stata dedicata alla rivolta contro le violenze della polizia: in particolare, nel corteo di Parigi, tra gli Invalides e Place d’Italie (e ritorno), qualche migliaio di persone ha reso omaggio ai feriti, circa 2mila tra i manifestanti nei due mesi di proteste, 94 gravi, tra questi 12 hanno perso un occhio, alcuni una mano, una sessantina colpiti alla testa, un uomo è rimasto in coma per giorni. Un migliaio sono invece i poliziotti rimasti feriti, nessuno gravemente, mentre in due mesi ci sono stati 10 morti, tutti, tranne uno, dovuti a incidenti attorno ai carrefour stradali occupati dai gilet.

In questione è la repressione della polizia, accusata dai gilet gialli di attizzare le reazioni dei manifestanti. La France Insoumise chiederà in parlamento la messa al bando delle pallottole di difesa (Lbd) e dei lacrimogeni di tipo F4, che molti paesi europei hanno già proibito. Ma il ministro degli Interni, Christophe Castaner, continua a difendere l’uso di questi sistemi di dispersione della folla, sostenendo che senza di essi «i feriti sarebbero stati molti di più».

Ieri ci sono stati ancora scontri, a Caen, Rennes (con feriti), Angers, Orléans, Lione e Marsiglia, Parigi a fine giornata, manifestazioni hanno avuto luogo in molte città di provincia, da Bordeaux a Tolosa, da Béziers a Saint-Jean-de-Luz. Il meccanismo è sempre lo stesso: i manifestanti cercano di entrare in zone “proibite” dalle Prefetture e la polizia che cerca di bloccarli ad ogni costo.

Nel corteo parigino, détournement del quadro di Shepard Fairey appeso nell’ufficio di Emmanuel Macron all’Eliseo, con una Marianna con un occhio pesto e la scritta «Liberté, égalité, Flashball» e una scritta: «Poliziotti, non sparate». Gli slogan non cambiano, malgrado l’avvio del Grande Dibattito: «Macron dimissioni» è sempre il più gettonato, il facile minimo comun denominatore che non indica nessuna soluzione per l’avvenire.

A due mesi dall’inizio della protesta, la partecipazione continua ma non cresce, il sostegno della popolazione resta intorno al 50%, anche se aumentano le perplessità e gli interrogativi sulla direzione che sta prendendo il movimento. Meno partecipanti e più radicalizzati, l’Atto X ha confermato questa tendenza, mentre sulle reti sociali si constata una forte presenza dell’estrema destra. La France Insoumise, anche se Jean-Luc Mélenchon venerdì a Marsiglia ha reso un grande omaggio ai gilet, non riesce a prendere il sopravvento contro il Ressemblement national, che cresce nei consensi anche se Marine Le Pen usa le parole con estrema prudenza.

Dopo le aggressioni di cui sono stati vittime i giornalisti, sia da parte dei gilet che della polizia, c’è una petizione per mettere fine agli attacchi alla stampa.

Nel movimento dei gilet c’è molta diffidenza nei confronti del Grande Dibattito iniziato martedì scorso e destinato a durare fino a metà marzo. Macron ha dato il via ascoltando le rimostranze dei sindaci, prima a Bourgtheroulde in Normandia poi a Souillac nel Lot. Qualche centinaio di dibattiti tra cittadini sono già annunciati, altri seguiranno. Macron ha scritto una lettera ai francesi, il governo ha preparato un kit per dare una base di dati alle discussioni, ma viene contestato il fatto che il presidente abbia proposto di limitare il dibattito ad alcuni argomenti (4 grandi campi: la transizione ecologica; la fiscalità; la riforma dello stato; la democrazia e la cittadinanza; declinati in 35 questioni), anche se questo non impedisce di parlare di tutto, e che il kit proponga una visione specifica, considerata non oggettiva.

* Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO



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