Mobilitazione per la pace in 50 città: «Spegniamo la guerra»

Mobilitazione per la pace in 50 città: «Spegniamo la guerra»

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La mobilitazione «Spegniamo la guerra, accendiamo la pace» di ieri ha avuto una grandissima risposta nel territorio, in termini di numero di adesioni e manifestazioni: si sono prodotte oltre 50 iniziative locali, uniformemente distribuite su tutto il territorio nazionale, frutto dell’adesione all’appello di circa 110 organizzazioni nazionali e quasi 250 locali, difficile stimare quante cittadine e cittadini vi abbiano preso parte.
Presidi, sit-in, fiaccolate, flash-mob, la lettura della lettera che ci è stata inviata da Piazza Tahrir (Baghdad), hanno rianimato le piazze da nord a sud con una partecipazione popolare in nome della pace che non si vedeva da molto tempo. Ma l’elemento davvero significativo è stato quello di sincronizzare globalmente questa mobilitazione – così come lo sono i processi bellici che le stesse manifestazioni stigmatizzavano – per far emergere quello che qualche anno fa avremmo descritto come un altro mondo possibile: 200 città, nei 5 continenti, hanno colto il buon vento e issato le bandiere arcobaleno.
In particolare, nel nostro Paese, siamo riusciti a esorcizzare il timore della mobilitazione popolare, gettare il cuore oltre l’ostacolo, e, in qualche misura, rispondere a quanti, in questi ultimi anni, hanno provato a misurare lo stato di salute del movimento per la pace col termometro delle discese in piazza. È stato possibile grazie a un gran lavoro di tanti attivisti e strutture organizzative, senza primedonne, che si sono messi a disposizione per coordinare il diffuso reticolato di cittadinanza attiva che, di volta in volta, si riaccende quando la scintilla è quella giusta.

Il nostro tesoretto è oggi costituito da una miriade di contatti, collettivi e individuali, che in queste ultime settimane ci hanno scritto per manifestare la loro volontà di esserci e collaborare per la migliore riuscita della mobilitazione, una rete di un’altra Italia – quella che non semina paure per raccogliere odio – a cui non basta metter il like giusto o postare graffianti tweet, che crede nella partecipazione democratica dal basso, a cui bisogna innanzitutto dire che non finisce qui: il 25 gennaio non è un punto d’arrivo ma una bella giornata di azione collettiva, prodromo di iniziative future.
Il movimento per la pace e la nonviolenza proseguirà nel lavoro, che non si è mai fermato, di costruzione di una cultura alternativa alla guerra e al riarmo, di accrescimento di competenze e expertise, di azione di advocacy nella interlocuzione con le istituzioni, con la promozione di campagne, nel dispiegamento di iniziative di solidarietà e cooperazione internazionale.
Inoltre il prossimo fine settimana, a Milano, si terrà una due giorni pubblica di riflessione e approfondimento delle prossime strategie, che sancirà il percorso di convergenza politica e organizzativa tra la Rete della Pace e la Rete Italiana Disarmo.

Ora abbiamo però bisogno di mettere in campo tutta la nostra buona volontà, generosità e spirito di servizio per superare una segmentazione mobilitativa che in questi ultimi anni ha saputo comunque produrre quella necessaria indignazione contro le pulsioni razziste, per l’azione umanitaria a favore dei migranti, contro il risveglio della cultura neofascista, per la tutela dell’ambiente, contro il dissesto del nostro territorio, per la dignità del lavoro. Dobbiamo provare a cogliere virtuosamente l’intreccio profondo che mette in relazione ambiti solo apparentemente scollegati attraverso un pensiero nuovo e forte – in una certa misura olistico e circolare – che superi la logica lineare di causa-effetto e sappia descrivere i processi globali aggredendoli da angoli diversi di visuale. La Pace – come non si stancava mai di rammentarci Tom Benetollo – è «un progetto politico», un processo complesso per il quale necessitano risposte complesse: è in questo solco che proseguiremo il nostro cammino, con Giulio Regeni – uomo di pace – nel cuore.
* responsabile nazionale pace, diritti umani e solidarietà internazionale dell’Arci

* Fonte: Franco Uda,  il manifesto



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